Il premier chiede una tregua. Il Pd: cambiare i dl sicurezza

Sabato 2 Novembre 2019 di Marco Conti
Il premier chiede una tregua. Il Pd: cambiare i dl sicurezza

Se Giuseppe Conte prova a fare il capo e difende l'operato del governo, i leader dei partiti di maggioranza si agitano, ma quando si tratta di difendere la manovra di bilancio spariscono, se non propongono modifiche con toni da ultimatum. Al presidente del Consiglio l'atteggiamento piace poco e ieri mattina ha trovato il modo per fare arrivare un messaggio forte e chiaro. Per Conte non difendendo le misure e promettendo di stravolgere l'impianto della manovra in Parlamento, dopo tre vertici di maggioranza e limature, si sfiora l'autolesionismo. Ma poiché il premier è l'unico a non avere un partito da spingere in alto nei sondaggi, non può che prenderne atto, sempre nell'attesa che prima o poi i partiti della maggioranza rinsaviscano di fronte al rischio che possono essere costretti a cedere le armi a Salvini anche prima del 2023.

IL CONTO
La stesura della legge di Bilancio non è stata una passeggiata di salute per nessun governo, ma il fatto che la sua approvazione cada nel mezzo di due consultazioni elettorali (Umbria ed Emilia Romagna) dovrebbe spingere i partiti ad un maggiore senso di responsabilità. Ed invece da palazzo Chigi si vede uno scenario terremotato con a destra il M5S che si agita nella tonnara della terza via di Luigi Di Maio, mentre a sinistra continua il consueto regolamento di conti tra scissionisti e riformisti iniziato a Livorno nel 1921. Come è accaduto anche più recentemente nel ventennio berlusconiano, alla fine il conto arriva, anche perché, come ricorda ognitanto Salvini, «possono scappare per un po' ma alla fine le elezioni prima o poi arrivano». Il problema del quando non assilla l'inquilino di palazzo Chigi, deciso a lasciare ora ai partiti anche forme di autolesionismo per poi tirare le somme dopo le elezioni regionali in Emilia Romagna, sapendo che - come ha fatto sapere qualche giorno fa il Quirinale - difficilmente potrà esserci un nuovo esecutivo dopo l'attuale.

Conte inntende lasciare a tal punto spazio a M5S, Pd, Iv e Leu da aver deciso che stavolta non ci sarà nessuna foto sul modello Narni e che la campagna elettorale in Emilia Romagna non sarà cosa che coinvolgerà palazzo Chigi. Recuperare autonomia dai partiti, tornare nel ruolo di garante della governabilità del Paese, serve a Conte per sfilarsi anche dalla contesa interna al M5S e nella sinistra. Nel Movimento lo scontro è divenuto ormai generazionale. Ovvero tra gli eletti del 2013 e l'ondata - professionalmente più strutturata - del 2018. Anche se Conte non è stato mai organico, nel M5S sono in molti a considerarlo una seria alternativa a Di Maio. Le percentuali del Movimento sono in caduta libera e non basterà recuperare qualche tema identitario (conflitto d'interessi, acqua pubblica) per invertire il trend. Passare da Tambroni a Moro in poche settimane - e con lo stesso leader che pensa di interpretare stagioni diverse - non è risultato facile ed infatti non lo fece mai neppure la Dc che ad ogni cambio di baricentro mutò leader.

L'ultima chance di Di Maio: blindiamo questo esecutivo

Scenario simile a sinistra anche se i soggetti sono plurali. Il Pd di Nicola Zingaretti risulta nervoso anche perchè è il partito che più ha investito sull'attuale esecutivo. «Toc toc... c'è qualche altro leader che sostiene e che ha voluto questo governo, che lo difende dalle bugie e dagli attacchi della destra?», si chiedeva ieri il segretario del Pd in un post sui social. Ma a bussare sono anche i renziani che promettono modifiche «radicali» in Parlamento alla manovra, e al Senato sono già al lavoro cercando sponde con l'opposizione.

L'APPELLO
E così, il pur faticoso lavoro delle settimane scorse sulla manovra di bilancio, rischia di volatilizzarsi quando il testo arriverà nelle aule parlamentari dove i numeri - specie nelle commissioni - sono già complicati. «Tutti criticano, ma nessuno dice dove prendere le risorse», sottolinea il ministro Francesco Boccia alimentando lo scontro con Italia Viva.

Anche se Di Maio sembra aver cambiato idea, per Conte il nemico sta a destra e ha un nome solo: Matteo Salvini. L'ennesimo appello alla compattezza rischia però di rimanere lettera morta, visto che i partiti continuano a parlare esclusivamente al proprio elettorato. Lo ha fatto ieri anche il Pd rilanciando la modifica dei decreti sicurezza di Salvini che ben si lega al tema dell'immigrazione che Di Maio non intende affrontare in maniera radicalmente diversa dal Conte1.

Martedì Conte riferirà anche alla Camera sul caso Fiber.

Un caso sul quale il premier ha già detto che non c'è nessun conflitto di interessi. L'occasione sarà interessante per vedere sino a che punto la maggioranza intende difendere il proprio presidente del Consiglio ingaggiando per lui una battaglia contro Lega e FdI.

Ultimo aggiornamento: 08:01 © RIPRODUZIONE RISERVATA