E ora gli alleati del Movimento 5Stelle nell’ex fronte rosso-giallo, il Pd in primis, sono veramente preoccupati. E così anche l’ala “governista” pentastellata. Perché Giuseppe Conte continua a non dare rassicurazioni sulla permanenza nel governo e, anzi, ha annunciato che si terrà le mani libere.
Ed ecco il lungo “cahiers de doléances” che il giurista pugliese srotolerà sul tavolo. Sul nuovo decreto sull’invio delle armi (finora è mancato, a suo dire, il coinvolgimento del Parlamento, da qui la voglia che arrivi un segnale di discontinuità), sul superbonus (è vero che c’è stata una apertura del governo sulla cessione dei crediti ma l’esecutivo ha ribadito che non ci sarà la proroga), difesa del reddito di cittadinanza (i pentastellati chiedono di stralciare l’emendamento del centrodestra chiamato “spezzadivani” e potrebbero essere accontentati), norma sul termovalorizzatore di Roma (Conte chiederà a Draghi di non mettere la fiducia o comunque di lasciare spazi di manovra ai grillini che non intendono votare l’inceneritore nella Capitale). Ed ancora: no al Mes, sì al salario minimo e alla transizione energetica.
I PALETTI
Si tratta, dunque, di veri e propri “paletti”. Poi, dopo aver ascoltato Draghi, Conte tirerà le somme. Il fatto è che il premier ha già ribadito di vedere solo gli interessi dell’Italia come «una bussola» e di non essere disposto a subire commissariamenti. Per di più da una forza che conta ora più di sessanta parlamentari in meno. E poi a pesare non sono solo le parole del premier che non si vede a capo di un’altra maggioranza ma anche quelle di Mattarella. «Le solite scorribande della politica italiana» non rafforzano «l’immagine dell’Italia», afferma anche Di Maio che nega la “manina” di Draghi nell’operazione che ha portato alla scissione del M5s, «non scherziamo su queste cose». In realtà nei pentastellati il sospetto c’è, «assurdo che Draghi - questa la tesi - abbia pensato di rafforzare così il governo quando è chiaro che lo ha destabilizzato». Conte domani alzerà l’asticella. E chiederà al Capo dell’esecutivo rispetto per il M5S. C’è la possibilità di un vero confronto politico? C’è la possibilità di convocare una cabina di regia prima di ogni Cdm? C’è la possibilità di poter incidere nella scrittura dei decreti per evitare che sorgano casi come quello della norma dell’inceneritore inserita all’interno del dl aiuti all’ultimo? C’è la possibilità di poter avere voce in capitolo al Mef considerato che M5s non ha più nessuno al ministero? Domande alle quali l’avvocato pugliese si attende una risposta chiara. «Perché - ha spiegato ieri a diversi interlocutori - se dobbiamo rimanere al governo come belle statuine noi non ci stiamo».
Ma sul piatto della bilancia l’ex presidente del Consiglio deve considerare pure il tema delle alleanze. Letta è stato franco con il suo interlocutore, con uno strappo al governo le strade si dividono. Ma Conte potrebbe prendere la palla al balzo e in caso di smarcamento dall’esecutivo far partire un’operazione al di fuori del palazzo. Ovvero un nuovo contenitore che vada al di là del M5S. Con un brand personale, pure per sfuggire alla morsa di Grillo sulla questione del doppio mandato. In ogni caso la prima e decisiva partita che l’avvocato del popolo deve giocare è quella con il premier. I pontieri nella maggioranza sono al lavoro affinché si arrivi ad un patto di fine legislatura ma Conte ha fatto capire ai suoi che senza agibilità politica nel governo non è affatto escluso che stacchi la spina. Nella maggioranza c’è chi ha cominciato a pensare a urne a ottobre, anche perché la prossima legge di bilancio sarà di lacrime e sangue. Ma in realtà il convincimento tra i fedelissimi dell’ex premier è che Conte, nonostante le pressioni ad abbandonare la barca, alla fine si metta a remare nella direzione indicata da Draghi e Mattarella.