Governo Conte paralizzato dalle continue liti M5S-Pd: dal Mes ai 30 commissari, è tutto in stallo

Giovedì 26 Novembre 2020 di Mario Ajello
Dal Mes ai 30 commissari, governo Conte paralizzato dalle continue liti M5S-Pd

Va in tivvù e alla Candide descrive il migliore dei mondi possibili come se invece non fossimo nella palude: «Il governo sta lavorando anche su questo...». E' il mantra di Conte. La sua coperta di Linus. Il suo doping perché nulla si muova e nulla si muove. Anche fare, per poi non fare ancora, un commissario alla sanità calabrese diventa un'impresa titanica quando dovrebbe essere ordinaria amministrazione. E come se non bastasse il balletto dei 3 commissari, arrivati al quarto che doveva essere il filo-Pd Mostarda il filo s'ingarbuglia, come accade su tutto il resto, perché M5S mette bronci e veti. Come se ogni questione fosse simile, e purtroppo lo è, al Mes che è il tormentone che divide e che paralizza il governo e l'Italia nell'indecisione in cui Palazzo Chigi si trova a suo agio in quanto è la garanzia della stabilità impotente.

E del tirare a campare che è sempre meglio - secondo celebre proverbio - che tirare le cuoia.


La nuova dicotomia


Il Pd sempre più nervoso preme per il rimpasto. Neppure un'emergenza epocale però smuove le acque del pantano. E dunque le scuole vanno riaperte anzi no: sì di M5S e Conte, e dubbi e tormenti di Pd o di parte di esso. L'aperturismo o il chiusurismo di tutto e su tutto - dal commercio al Natale - è la nuova dicotomia dell'improduttività del governo. Che sul Covid si confonde e si ferma tra rinvii e nottate infinite di discussioni vane e riesce soltanto a espletare gli adempimenti formali come per lo scostamento di bilancio, ma solo grazie ai mezzi assist dell'opposizione dialogante.

Per il resto, agli Stati Generali di Villa Pamphili si era annunciata la ripartenza: «Saremo rapidi e fattivi su tutto». Ma le parole di fattività non sembrano tradursi praticamente, e basti pensare - esempio tra tanti - a ciò che sta accadendo intorno alla Rai: Zingaretti e Gualtieri hanno annunciato che l'ad Salini è fuori e Conte con M5S non fanno che blindarlo e così la maggiore azienda culturale italiana non sa se ha una guida oppure no, se dev'essere carne o dev'essere pesce.

Ma la lista dei dossier inevasi è lunga e si allarga ogni giorno di più. Diventando foriera di liti nella maggioranza e di guai per il Paese: dalla vicenda Ilva a quella di Alitalia, da quella di Autostrade (in capo a una ministra dem che come se non bastassero i grillini ha contro anche un pezzo di dem) ai cantieri sbloccati per decreto e invece per lo più rimasti fermi. Perché scegliendo si può andare a picco, galleggiando invece si galleggia. Il rosario di riforme che veniva sgranato prima del Covid è lo stesso che viene ripetuto adesso con l'aggiunta della retorica della Ricostruzione - ma allora perché il Recovery Plan già pronto in altre nazioni qui si fa attendere? Perché ognuno ne vuole un pezzo e il mio non combacia con il tuo - che dovrebbe fungere da spinta e rischia di diventare niente.


L'ingorgo


E l'ingorgo dei commissari mancanti somiglia al traffico impazzito di «Roma» di Federico Fellini, dove tanto baccano di clacson serviva a riscaldare l'ambiente ma non certo a smuoverlo. Non ci sono soltanto i manager sanitari caduti e non rimpiazzati sul fronte calabrese, ma anche la trentina di commissari alle opere pubbliche che non riescono a diventare tali. Il Mit ha fornito l'elenco, il Tesoro ha segnato i costi, Palazzo Chigi deve mettere i nomi. Ma non ce la fa. Chi destinare alla Metro C? Se ne metto uno che alla Raggi non piace è un bel problema e allora: ripensiamoci poi! E chi va nominato commissario all'alta velocità, chi alle dighe, chi in altri snodi fondamentali della vita e della produttività nazionale? Palazzo Chigi annaspa, temporeggia, teme. L'ira degli uni o la rabbia degli altri. Per non scontentare (se faccio quello esplode il Pd! Se faccio quest'altro, s'arrabbiano i grillini!), meglio la bonaccia.

E' al palo, per fare un altro esempio, la riforma del Csm. La «visione strategica» - «Dobbiamo avere visione strategica» - è la formula contiana, se non fosse però che la legislatura sembra avvitata su se stessa e fatica a portare a casa la gestione ordinaria. E se Zingaretti aveva detto, all'indomani della vittoria nel referendum sul taglio del numero dei parlamentari, ora si apre la stagione delle riforme», l'orologio dev'essersi inceppato subito dopo. A dispetto del fatto che la pandemia impone accelerazioni e dovrebbe costringere a togliere la mano dai freni e la lingua dal chiacchiericcio autoreferenziale e dagli interessi delle rispettive botteghe. Utili per blindare una premiership ma non per sbloccare un Paese.

Ultimo aggiornamento: 10:37 © RIPRODUZIONE RISERVATA