Giorgia Meloni, esce il libro: essere mamma e fare politica, i figli non sono un limite ma danno forza

Domenica 9 Maggio 2021 di Giorgia Meloni
Giorgia Meloni, esce il libro: essere mamma e fare politica, i figli non sono un limite ma danno forza

Pubblichiamo dal libro di Giorgia Meloni “Io sono Giorgia”, in uscita l’11 maggio, uno stralcio del capitolo in cui la leader di Fratelli d’Italia racconta la sua campagna elettorale come candidata a sindaco di Roma, nel 2016, mentre era incinta.

 

Non escludo che qualcuno in questi anni possa essersi detto, in cuor suo: «Ma dove andiamo con una donna al comando?», ma se anche fosse accaduto nessuno lo ha dato a vedere. Il fatto di essere una donna non ha impedito a nessuna di noi, a destra, di raggiungere ruoli di assoluto rilievo.(...)
Detto ciò, ho avuto i miei momenti complicati. Occasioni nelle quali anche io ho dovuto combattere contro ridicoli stereotipi. Su tutti, quando ho dichiarato che ero incinta di Ginevra. Quella volta, per la prima volta, ho pensato che davvero qualcuno poteva considerarmi inadeguata a ricoprire un incarico importante, per via del pancione. Erano i giorni in cui il centrodestra cercava un candidato sindaco per la capitale, guidata in quel momento da un commissario straordinario dopo le tristi vicende di Ignazio Marino, il sindaco chirurgo che il Partito Democratico aveva prima fortemente voluto al Campidoglio e poi, con feroce cinismo, abbandonato al suo destino giudiziario. Era l'inizio del 2016, avevo scoperto da due settimane che Andrea e io aspettavamo un bambino, e il pomeriggio del 30 gennaio partecipavo al Family Day di Roma, al Circo Massimo. Una manifestazione oceanica e molto sentita.
In un miscuglio di felicità ed euforia, e anche coccolata dal calore dei manifestanti, senza pensarci troppo, d'istinto, racconto la mia novità a una giornalista che mi sta intervistando. Lei mi guarda incredula, perché è chiaro che le sto regalando un piccolo scoop, e mi dice: «Davvero?». «Sì» le rispondo, «se Dio vorrà, la prossima volta sarò qui anche in veste di madre.»
SARABANDA
Passano poche ore, il tempo che la notizia si diffonda, e subito si scatena una tremenda sarabanda di polemiche e volgari sarcasmi, tutto come al solito amplificato dal micidiale frullatore del web, dei social network, da dove arrivano anche insulti feroci. Io sono abituata a essere insultata, talmente tanto che a un certo punto sono diventata immune dalla cattiveria, ma quella volta no. Leggere che qualcuno mi augurava di abortire fece male, e parecchio. Non per me, che non ho mai avuto paura di quattro vigliacchi da tastiera, ma per quella vita indifesa che avevo in grembo e che, inconsapevolmente, avevo esposto a quella cattiveria. Era come se avessi fallito la mia prima missione di mamma. Ho un ricordo netto di attrici comiche con presenza fissa in RAI e habitué dei salotti televisivi che non si fecero sfuggire la ghiotta occasione per fare battute vecchie e banali, comunque contundenti: per quei fulgidi pensatori progressisti, per quelle donne moderne e liberal non avevo il diritto di annunciare che sarei diventata madre a una manifestazione in difesa della famiglia solo ed esclusivamente perché non ero sposata. Ho sentito dire molto spesso questa stupidaggine (...).
La polemica però non si placò. Fin quando Guido Bertolaso, già capo della Protezione civile e candidato sindaco in pectore del centrodestra, disse in televisione ciò che molti altri pensavano ma non avevano avuto l'ingenuità di dichiarare apertamente: «La Meloni deve fare la mamma». Col senno di poi sono convinta che l'intento di Guido fosse paternalistico, e l'espressione sia solo uscita molto male, ma al tempo mi fece proprio arrabbiare. (...)
BENE COMUNE
Io non ho mai pensato che una donna debba fare politica per le donne, perché fai politica per tutti, per il bene comune. Però per quella candidatura in particolare devo ammettere che la motivazione «discriminazione femminile» fu la molla fondamentale. Se dicevano a me, una privilegiata, che dovevo farmi da parte perché aspettavo un bambino, che cosa avrebbero potuto fare a una giovane donna precaria in un call center, al momento della gravidanza? La candidatura a sindaco diventò così anche una battaglia fatta in nome delle donne, della loro libertà a non essere discriminate proprio quando diventano mamme. Volevo dimostrare che i figli non sono un limite, ma aiutano a superare i propri limiti; i figli danno una forza straordinaria. E non c'era luogo migliore in cui farlo della città che ha come simbolo una lupa che allatta due gemelli. (...)
Nei mesi della campagna elettorale, per mia fortuna, fui sostenuta da una magnifica forma fisica: visitai tutti i quartieri della città tra un'ecografia e l'altra, con la mia circonferenza che aumentava di settimana in settimana. E mi piacerebbe poter dire che ad aumentare era solo il pancione, ma tra un pasticcino offerto al bar e una cena elettorale non andò così. Sette chili in un mese, fu il risultato di quell'impresa. E, come molte mamme, a recuperare ci ho messo anni. Anche questo è stato oggetto di derisione. Ricordo Asia Argento che mi fece una foto al ristorante e la pubblicò scrivendo, chissà perché in inglese: «Back fat of the rich and shameless fascist spotted grazing» (La schiena lardosa della ricca e svergognata fascista ritratta al pascolo). C'è da presumere che al ristorante non avesse solo mangiato, Asia. In ogni caso non le avrei risposto se, con me, non avesse insultato tutte le donne che combattono con la linea dopo la gravidanza. Pubblicai il suo post con la mia risposta: «Pubblico questo commento di Asia Argento a una foto che mi ha fatto di nascosto (temeraria), perché, al di là dei soliti insulti triti e ritriti che non mi interessano, mi ha molto colpito che abbia parlato della mia schiena lardosa. Lo pubblico per dire a tutte le donne che hanno partorito da pochi mesi e che per dimagrire non usano la cocaina di non prendersela se qualche poveretta fa dell'ironia sulla loro forma fisica. Valeva la pena mille volte di prendere qualche chilo».
RICORDI
Tornando alla campagna elettorale, ho scoperto in quel periodo quartieri dei quali, persino io che mi vanto della mia romanità, non avevo mai sentito il nome. Però mi restano un mucchio di ricordi straordinari: a Tor Sapienza, per dire, una giovane mamma licenziata da pochi giorni mi regalò una copertina per Ginevra, un gesto semplice e forte al tempo stesso; e poi non dimentico certo le migliaia di lettere e di messaggi che ricevetti sul cellulare da altre donne, tutte lì a incoraggiarmi, a dirmi che dovevo farcela un po' anche per loro.
Probabilmente per alcuni romani davvero non meritavo di vincere ed essere eletta sindaco a causa della mia condizione, eppure mai, mai mi sono pentita di essere scesa in campo portando Ginevra in grembo. Alla fine persi da candidata, ma vinsi da donna, da mamma. E mi piace pensare che il mio fu un segnale recepito: ricordo l'affetto sincero di Laura Boldrini, con la quale lo scontro politico è sempre stato totale, mentre mi accarezza la pancia dicendo che considera la scelta della candidatura molto importante sul piano simbolico.
Giorgia Meloni
(Per gentile concessione di Rizzoli)

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