Senato, fiducia al Governo Meloni con 115 sì. «Il tetto al contante salirà»

Giovedì 27 Ottobre 2022 di Francesco Malfetano
Senato, fiducia al Governo Meloni con 115 sì. «Il tetto al contante salirà»

«Lo dirò con chiarezza: non c’è correlazione fra l’intensità del limite al contante e la diffusione dell’economia sommersa». Dopo il passaggio a Montecitorio di martedì - nonostante sia il giorno dell’intervento di Silvio Berlusconi - Giorgia Meloni si prende scena e fiducia anche a palazzo Madama. Ieri infatti, accolta e più volte interrotta dagli applausi dell’emiciclo, la premier ha ascoltato le osservazioni dei senatori sul discorso tenuto davanti ai deputati, replicando una ad una a tutte le critiche che le sono state mosse, a cominciare dai temi più economici. 
E quindi ecco la chiosa sul salario minimo che non risolve il problema dei «bassi salari» e sul Pnrr - fiore all’occhiello della gestione Draghi - di cui si è speso finora solo la metà dei fondi. Ma anche il rinnovato annuncio per una Commissione che indagherà sulla gestione Covid e, appunto, per un nuovo tetto al contante.
Nel suo intervento da 49 minuti Meloni infila una serie di critiche e proposte che chiariscono ad un’Italia finora «senza visione», che non trova soluzioni «efficaci» a tanti problemi, come cambierà tutto.

A partire proprio dalla «flat tax incrementale» e dal progetto di legge leghista per l’aumento del tetto al contante a 10mila euro depositato ieri. «Ci sono paesi in cui il limite non c’è e l’evasione è bassissima - ha attaccato Meloni, annunciando di fatto il provvedimento che stopperà il limite a 1.000 euro che entrerebbe in vigore dal gennaio 2023 in base al Milleproroghe - sono parole di Piercarlo Padoan, ministro dei governi Renzi e Gentiloni, governi del Pd».


GLI INTERVENTI
Il primo intervento rilevante di ieri è quello del senatore a vita Mario Monti che annuncia la sua astensione, seguito poi da Maria Stella Gelmini, l’ex ministra ora nel Terzo Polo che assicura un’opposizione di merito «ma senza sconti». Discorsi al termine dei quali peraltro, Matteo Salvini, seduto accanto alla premier, si alza e se ne va per chiudersi nel suo studio, delineando i tratti una giornata che si è annunciata campale fin da subito. Sono ben 34 infatti i senatori che si iscrivono a parlare. Tant’è che l’esito della votazione arriverà solo a sera con 115 sì, 79 no e 5 astenuti. Significativo l’intervento di Ilaria Cucchi, che punta il dito contro le forze di polizia intervenute ieri all’Università La Sapienza. Un punto su cui Meloni ribatte, difendendo con forza le scelte compiute dal Viminale: «Dobbiamo chiarirci su questo: democrazia è rispetto delle idee altrui. In nome di una presunta democrazia consentiamo che ci impediscano di dire la nostra? Se qualcuno della mia parte politica andasse a impedire ad altri di dire la loro, bé, io sarei la prima a condannare, io non l’ho mai fatto».


LA COMMISSIONE
Nel dibattito che si apre a palazzo Madama raccoglie particolare assenso la proposta lanciata da Fratelli d’Italia di dar vita ad una Commissione d’inchiesta sul Covid. Il fronte è caldo, e Meloni stessa rincara la dose parlando di scelte compiute «senza basi», sposando la scienza quasi fosse «una religione». Una linea interpretativa avallata anche dal Terzo polo e da Carlo Calenda (mentre Matteo Renzi, alla buvette, spiega che pur ambendo alla presidenza, «per onestà intellettuale la guida della Commissione dovrebbe andare ad FdI, che era all’opposizione durante la scorsa legislatura»). Non solo. A rilanciare l’inchiesta è anche il Pd con Francesco Boccia, secondo il quale un’inchiesta potrebbe servire a «capire una volta per tutte le responsabilità delle Regioni, soprattutto quelle del Nord». 


Tornando alla premier, nel corso del suo intervento respinge le accuse dell’ex magistrato Roberto Scarpinato sottolineando di non essere stupita da un approccio «smaccatamente ideologico», quando il senatore del M5S sostiene (Meloni che si mette visibilmente le mani nei capelli) che «non bastano le prese di distanze dal fascismo per dichiarare chiusi i ponti con il passato». Un biasimo che, per la leader di FdI, è lo stesso di «parte della magistratura» che negli anni hanno costruito sulla base di «teoremi» processi «fallimentari» a cominciare da via D’Amelio.


SCHERMAGLIE
Al netto degli scambi di accuse con l’opposizione e delle inevitabili schermaglie, tra gli eventi più attesi della giornata c’è senza dubbio il discorso di Silvio Berlusconi, il primo in Aula dopo 9 anni, da quando dovette lasciare l’incarico di parlamentare. E quindi, nell’ormai iconico doppiopetto blu e prima di affondare sul cavallo di battaglia che è la necessità di una riforma della Giustizia, Berlusconi mette subito in piedi il suo show: «Oggi io non farò sfoggio della mia eloquenza, perché ho tante, tante, cose da dire, e quindi mi sono scritto diligentemente tutto quanto... Quindi, signor presidente del Senato, onorevoli senatori, signor presidente del Consiglio, sono felice di essere qui e devo dirvi che sono felice anche perchè 3 ore fa ho avuto il mio 17esimo nipotino...Evviva!». 
Una mossa da nonno d’Italia, utile a rasserenare gli animi anche nel centrodestra dopo i dissapori dei giorni scorsi durante la formazione dell’esecutivo (e che rischiano di riproporsi per il completamento della squadra). A completare la pacificazione del resto, ci aveva pensato anche Licia Ronzulli che ha teso la sua mano a Meloni dicendo che «ci descrivono divise», ma invece «combatteremo insieme» in tutte le battaglie che il nuovo esecutivo dovrà fare. 
 

Ultimo aggiornamento: 09:46 © RIPRODUZIONE RISERVATA