Giorgia Meloni, la conferenza stampa: «Covid, utili i controlli non la privazione di libertà. Crescita demografica priorità assoluta»

Al via l’iter per la Riforma: «Sarà la mia eredità». E annuncia il viaggio a Kiev entro fine febbraio

Giovedì 29 Dicembre 2022 di Francesco Malfetano
Giorgia Meloni: «Covid, utili i controlli non la privazione di libertà. Crescita demografica priorità assoluta»

«Farò il presidenzialismo. La mia eredità sarà velocizzare le istituzioni». Per la sua prima conferenza stampa di fine anno, Giorgia Meloni non ci pensa nemmeno a guardarsi indietro.

Anzi. «È una conferenza di inizio mandato» premette, chiarendo come non sia tempo di fare bilanci e come il «valore aggiunto» della prima donna a capo di un esecutivo sia proprio la «concretezza». Tant’è che tre mesi dopo il successo elettorale e a due dall’ingresso a palazzo Chigi, il presidente del Consiglio - in ben quarantatré risposte - cesella priorità e prospettive dell’esecutivo. Un lungo “filo rosso” che va dal presidenzialismo alle riforme di fisco e giustizia, dall’Expo del 2030 a Roma alla ridiscussione in Europa di Pnrr e pattò di stabilità, fino appunto alla necessità di scardinare la burocrazia lumaca e alla difesa di quanto programmato all’interno di una Manovra «politica» fatta da un governo di destra, coerente con la propria storia. La Legge di bilancio del resto ieri è stata approvata anche in Senato, appena prima dell’inizio dell’interminabile batti e ribatti con i giornalisti, testimoniando l’unità del centrodestra e nonostante alcune critiche da parte di Confindustria.

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«Non era facile ed è normale che ci siano sfumature diverse, ma mi fido dei miei alleati» rimarcherà a più riprese Meloni nei centottanta minuti interrotti solo da qualche battuta. «Sembra Telethon...» dice ad esempio passando dal “buongiorno” al “buon pomeriggio” quando iniziano ad allungarsi i tempi della conferenza tenuta nell’aula dei Gruppi parlamentari a Montecitorio e organizzata dall’Ordine dei giornalisti e dall’associazione stampa parlamentare. Il primo intervento del premier è però sul Covid e sui timori che questo torni a trasformarsi in un’emergenza. Un fronte su cui Meloni rassicura i cittadini («I primi sequenziamenti ci dicono che non è una nuova variante»), difende l’operato dell’esecutivo («Ci siamo mossi immediatamente: abbiamo disposto il tampone per tutti quelli che vengono dalla Cina»), chiede i necessari interventi comuni in tutta l’Unione Europea, conferma l’opposizione a qualunque «privazione delle libertà personali» e rivendica il prosieguo della campagna vaccinale per anziani e fragili («Gli altri chiamino il loro medico»). 

 

Idem per quanto riguarda l’Ucraina. Posto che il sostegno militare a Kiev non è in discussione (e neppure l’obiettivo di aumentare la spesa militare al 2% come chiesto dalla Nato o quello di raggiungere una difesa comune Ue), il premier si dice pronto a «farsi garante di un eventuale accordo di pace» e recarsi da Volodymyr Zelensky «prima della fine di febbraio». Infine - per archiviare il capitolo emergenze - il gas. «Continueremo a lavorare sulla base di quello che accade, ma siamo in una situazione di grande emergenza: i provvedimenti energetici costano mediamente 5 miliardi di euro al mese - spiega - Il tetto del gas può cambiare il quadro, e se dovesse confermarsi cambiato una parte di risorse potrebbe liberarsi per altri provvedimenti». Interventi che, prova a garantire il premier, caratterizzeranno l’operato del prossimo anno in maniera più massiccia.

PRIORITÀ E RIFORME

E quindi, ecco appunto, le priorità. «Una è il presidenzialismo» sentenzia. Perché una riforma delle istituzioni «che dia stabilità e governi» come specchio delle indicazioni popolari «può solo fare bene all’Italia», ribadendo di voler fare una «legge ampiamente condivisa e per questo siamo partiti dal semipresidenzialismo alla francese ma di modelli ce ne sono diversi e si possono anche inventare. Ma bisogna capire la volontà». 
Poi anche giustizia, fisco e burocrazia. Sul primo punto Meloni, ricordando che «il mio provvedimento è stato sulla mafia, salvando il carcere ostativo», sottolinea l’assenza di condoni nel pacchetto fisco («Abbiamo fatto una norma che chiede a tutti di pagare il dovuto, con una maggiorazione, consentendo una rateizzazione») e l’appoggio al ministro Carlo Nordio per concretizzare la riforma. L’obiettivo, accanto alla separazione delle carriere dei magistrati, «non è privare la magistratura dello strumento delle intercettazioni» ma «evitare gli abusi». Anche sul fisco le idee sono chiare: «L’obiettivo della legislatura è di tagliare di 5 punti il cuneo fiscale», «L’estensione della tassa piatta per le partite Iva fino a 85 mila euro non discrimina i lavoratori dipendenti» e mai verrà aumentata «la tassazione sulla casa, la prima è un bene sacro». 

Al pari dello snellimento della burocrazia per cui il ministro della Difesa Guido Crosetto aveva parlato al Messaggero della necessità di un «machete»: «Crosetto è noto per i suoi racconti un po’ figurati, ma al di là delle sue parole non ho apprezzato che nel passaggio delle consegne tra un governo e l’altro qualcuno si aprisse spazi. L’ho segnalato e rimanga agli atti. Non so perché mentre il governo è andato a casa ci si sia premurati di assumere collaboratori. Spero che non si sia fatto per volere creare problemi. In passato la politica era debole: il politico era un passante e alla fine la macchina ha preso il sopravvento. La soluzione è avere una politica forte e duratura: serve una forte riforma della legge Bassanini». E poi, ancora la prospettiva di uno ipotetico scostamento di bilancio («È una soluzione che non perseguirò mai a cuor leggero»), il Mes («Nessuno ricorrerà al fondo, condizioni troppo stringenti; la Ue dovrebbe sbloccare i fondi del Meccanismo europeo di stabilità per altre iniziative»), la partita in Europa per la revisione del Patto di stabilità («Deve essere più concentrato sul tema della crescita, a cominciare dallo scomputo della spesa per gli investimenti dal deficit»), Tim («Puntiamo a controllo rete e a mantenere livelli occupazione»), Mps («Siamo al lavoro su dossier per uscita ordinata Stato e più poli bancari») il reddito di cittadinanza («Mettersi in gioco è fatto culturale, governo creerà condizioni»), il Pnrr («Occorre semplificare, ora il difficile è trasformare gli obiettivi in cantieri. La riforma del codice degli appalti è fondamentale») e, infine, la volontà di portare davvero a Roma Expo 2030. Per la competizione con l’Arabia Saudita (l’ultima parola ci sarà a novembre 2023), il premier garantisce «impegno in prima persona, non ci darei per vinti».I temi però sono tanti. E quindi le elezioni regionali di febbraio in Lazio e Lombardia («Sono anche un test per il governo»), fino al “Salva calcio” («Non è un regalo, le società pagano il dovuto con la rateizzazione, le società di serie A pagano come gli altri») e al Movimento sociale italiano (il «Msi ha avuto un ruolo importante nella storia dell’Italia» conclude, spegnendo le polemiche e annunciando che parteciperà alle commemorazioni per il 25 aprile).

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LE VICENDE INTERNAZIONALI

Dopo un lungo confronto sulla centralità del Parlamento e sul peso dell’eredità di Mario Draghi («Misurarmi con persone capaci e autorevoli è stata la sfida di tutta la vita»), è stato anche riservato ampio spazio anche alle vicende internazionali. Oltre che accanto al popolo di Kiev, Meloni si è schierata accanto a quello iraniano. «È inevitabile - chiosa - che se queste repressioni nei confronti dei manifestanti non dovessero cessare, l’atteggiamento dell’Italia dovrà cambiare». Un atteggiamento che, invece, resta duro nei confronti della Francia. A chi chiede dell’applicazione del Trattato del Quirinale, e quindi del confronto costante con il presidente francese Emmanuel Macron, Meloni risponde: «I contorni del trattato non mi sono ancora chiarissimi, perché non ho avuto la possibilità di approfondirlo come avrei voluto. Mi pare che non sia ancora pienamente operativo». E dura, infine, anche la riflessione sul Qatargate: «Una cosa mi ha molto innervosito: molti colleghi internazionali definiscono questi fatti con la locuzione “italian job”, come se fosse una macchia sulla nostra nazione. La vicenda non riguarda solo italiani. Semmai è un tema di partito, un “socialist job”». 
 

Ultimo aggiornamento: 30 Dicembre, 09:59 © RIPRODUZIONE RISERVATA