Gianfranco Fini, il ritorno in scena dell'ex An: dall'addio a Berlusconi al ruolo di "allenatore" del centrodestra

Lunedì 16 Gennaio 2023 di Andrea Bulleri
Nuova apparizione in tv per il fondatore di Alleanza nazionale, assente dalle scene da quasi dieci anni

Chi gli è vicino giura che a tornare in campo non ci pensi nemmeno.

E del resto era stato lui stesso a metterlo in chiaro al primo ritorno televisivo da Lucia Annunziata, lo scorso ottobre. Eppure Gianfranco Fini torna a calcare il palco della politica, dopo lunghi anni di assenza dalle scene. Lo ha fatto domenica, per la seconda volta in pochi mesi, dal salotto tv di Mezz’ora in più, su Rai3. E come alla prima uscita lo scorso ottobre, l’ex presidente della Camera è tornato a offrire consigli a Giorgia Meloni. 

A cominciare dall’autonomia, la riforma promossa dalla Lega che - secondo Fini - «va fatta perché è nel programma. Ma la fretta - ha avvisato il fondatore di Alleanza Nazionale - è una cattiva consigliera». Come a dire: il premier stia attento a chi le chiede di accelerare su un punto del programma così delicato. Eccolo, il ruolo che Fini sembra essersi ritagliato per la sua nuova (la terza?) gioventù politica. Quello dell’allenatore a bordo campo (la stessa veste in cui si presentò nel 2014 lanciando la sua convention "Per una destra che non c’è”,  con tanto di video: «Una partita si può perdere, se la giochi a testa alta», il messaggio fuori campo). La figura, insomma, del padre nobile: l’ex leader che ha appeso il megafono al chiodo e, dopo anni di lontananza dalle contese elettorali, è pronto a indicare la strada giusta a chi è arrivato dopo. 

Il nuovo ruolo da consigliere

Anche riconoscendo i propri errori. «Fondare il Pdl (il partito unico con Berlusconi, ndr) fu un errore», sentenzia Fini in tv. Per poi passare a dispensare suggerimenti e fornire analisi, anche se l’attuale premier «non ha bisogno di essere ispirata», aveva messo in chiaro. Come sulle prime tensioni all’interno del centrodestra: «Qualche scoglio nella navigazione c'è - minimizza Fini - le fibrillazioni in un Governo di coalizione sono inevitabili, anche perché siamo alla vigilia di un turno elettorale amministrativo che coinvolge Lazio e Lombardia. È un test politico, Lega e Forza Italia hanno bisogno di alzare una bandiera, di far vedere ai rispettivi elettori ci siamo». 

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L'esordio di Meloni in An

Ma cosa lega Fini a Meloni? La storia, si potrebbe rispondere. Perché è proprio nel partito di Fini, Alleanza Nazionale (nato dopo la svolta di Fiuggi con cui l’ex presidente della Camera dà inizio alla trasformazione del Movimento sociale, nel 1995) che la premier, poco più che ventenne, ottiene uno dei primi ruoli politici di rilievo: leader di Azione Giovani, l’organizzazione giovanile di An. Ed è con An che Meloni nel 2006 approda alla Camera, di cui a 29 anni diventa la più giovane vicepresidente. Poi, nel 2008, l’avventura del Pdl, e l’ingresso della futura leader nel governo in veste di ministro della Gioventù (Fini invece ne restò fuori, eletto presidente della Camera). 

Un percorso parallelo, insomma, almeno fino al 2010. Quando tra il cofondatore del Pdl e l’allora premier Berlusconi si consuma il dissidio che porta alla scissione. Fini decide infatti di abbandonare il partito, e con alcuni fedelissimi fonda “Futuro e Libertà”. Meloni, però, non è tra loro. E pur schierandosi in prima linea per chiedere le primarie nel Pdl, resta nella formazione nata dall’unione di An e Forza Italia. Ne uscirà un anno dopo, quando il partito guidato da Berlusconi (ormai dimessosi) decide di appoggiare la nascita dell’esecutivo Monti. E'così che parte l’avventura di Fratelli d’Italia. Alla quale Fini (il cui progetto politico viene bocciato dagli elettori nel 2013, portando all’allontanamento delle scene dell’ex presidente di Montecitorio) non aderirà mai. Oggi, quasi dieci anni più tardi, il riavvicinamento. E chissà che non sia soltanto l’inizio.

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