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Fondi Ue, patto Conte-ministri: stop liti o sarà Salvini a gestire il tesoro

Politica
Venerdì 24 Luglio 2020 di Alberto Gentili
Fondi Ue, patto Conte-ministri: stop liti o sarà Salvini a gestire il tesoro
  • 241

L'occasione era ghiotta: la prima riunione di governo e di maggioranza dopo il via libera dei Consiglio europeo ai 209 miliardi per il rilancio dell'Italia post-pandemia. E non è stata sprecata. Giuseppe Conte, con i capidelegazione rossogialli Dario Franceschini, Alfonso Bonafede, Roberto Speranza, Teresa Bellanova e poi con Roberto Gualtieri (Economia) e gli altri ministri, l'altra notte non si sono limitati a parlare del nuovo scostamento di bilancio da 25 miliardi e della proroga dello stato di emergenza al 31 ottobre. Hanno siglato quello che più di un partecipante chiama «Patto per il 2023». Traduzione: il premier e i soci di maggioranza si sono guardati in faccia e si sono detti che è il caso di abbassare il tasso di litigiosità e di gettarsi, ventre a terra, in quella che Conte chiama «operazione rilancio per far ripartire l'Italia e cambiare volto al Paese».

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A cementare il governo - salvo scoprire il giorno dopo che in Parlamento i partiti già litigano sulla gestione della valanga di fondi europei e sulla legge elettorale - sono proprio i 209 miliardi targati Bruxelles. Un'enorme mole di denaro che costituisce a giudizio di tutti, «un'occasione storica». «Un'opportunità unica per riformare e rilanciare l'Italia», per usare le parole del ministro della Salute e capo di Leu, Speranza. E dunque «sarebbe folle», ha aggiunto Conte trovando tutti i presenti d'accordo, «che continuassero le fibrillazioni dei mesi scorsi, con il rischio di far gestire tutte queste risorse a Salvini e alla Meloni», aprendo una crisi e precipitando verso le elezioni anticipate. «Senza dimenticare che nel 2022 c'è da eleggere il nuovo capo dello Stato, ragione in più per durare fino al 2023», fino al termine della legislatura, ha chiosato Franceschini.

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Insomma, di fronte alla possibilità di fare surf su una montagna di fondi - «quando ci sono tante risorse e non si deve procedere a manovre economiche lacrime e sangue, tutto è più facile», osserva un ministro dem - e con l'opportunità di scegliere il successore di Sergio Mattarella, Conte e la sua squadra cercano di ricompattarsi. Perché la sfida «è davvero impegnativa, l'Italia non è mai riuscita a spendere i finanziamenti europei e a fare le riforme strutturali. Perciò dovremo correre ed essere uniti», ha esortato il premier. E perché, appunto, c'è il rischio che un eccesso di litigiosità inneschi una crisi e consegni il tesoro in arrivo da Bruxelles ai probabili vincitori delle elezioni anticipate: Matteo Salvini e Giorgia Meloni. «E' vero, il leghista è in calo, ma se facessimo harakiri tornerebbe vivo e vegeto...», ha osservato il grillino Bonafede.

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IL VIA LIBERA DI GUALTIERI
Di certo, visto il clima, Gualtieri è corso a smentire di essere in disaccordo con l'idea di Conte di istituire a palazzo Chigi e di guidare la task force che servirà a decidere priorità, progetti e cronoprogrammi con cui spendere i 209 miliardi. Così, dopo una «discussione breve e pacata», è stato deciso di utilizzare come task force un organismo nato nel 2015: il Comitato Interministeriale per gli Affari europei (Ciae), che opera presso la presidenza del Consiglio, è convocato e presieduto dal premier e vi partecipano Luigi Di Maio (Esteri), Gualtieri (Economia) Enzo Amendola (Europa) e i «ministri che hanno competenza nelle materie oggetto dei provvedimenti». Insomma, tutto il governo. O quasi. In più, al Ciae possono partecipare i rappresentanti di Regioni e Comuni. Il che non guasta.
A rovinare la festa ci ha pensato Speranza. Presa la decisione sulla task force, il ministro della Salute ha evocato lo spettro del Mes, il meccanismo europeo di stabilità osteggiato dai 5Stelle: «Serve un piano da almeno 20 miliardi per rafforzare e riformare il sistema sanitario nazionale. Vanno bene i soldi del Recovery Fund, ma a mio giudizio andrebbero utilizzati anche i fondi del Mes». I grillini sono sbiancati. Ma Conte ha preso tempo: «Vedremo le esigenze di cassa e valuteremo al momento opportuno a quali strumenti ricorrere». In realtà il premier è contrario: «Ho ottenuto 35 miliardi in più di prestiti, a questo punto il Mes sarebbe un errore perché indebiteremo ulteriormente il Paese», va confidando da quando è rientrato da Bruxelles.
 


 

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