Lollobrigida: «Violenza politica, pene più alte. Nessuna aggressione sarà giustificata da qualsiasi parte provenga»

E sulle nomine: «Decideremo secondo il merito». Via della Seta: «Ci muoveremo con gli alleati»

Lunedì 27 Febbraio 2023 di Ernesto Menicucci
Firenze, Lollobrigida: «Violenza politica, pene più alte. Nessuna aggressione sarà giustificata da qualsiasi parte provenga»

La guerra, con la ricostruzione dell’Ucraina, e le riflessioni sulla Via della Seta con la Cina. Ma anche le questioni interne dal clima di violenza politica che torna ad affacciarsi nel Paese alle nomine nelle principali aziende partecipate («la discontinuità non è un dogma», dice), dalla siccità ai balneari. Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare è uno degli uomini più ascoltati (qualcuno dice più influente) del governo Meloni.

E, a 360 gradi, non si sottrae su nessuno degli argomenti più caldi del momento.

Partiamo dal clima politico. Le aggressioni da parte di ragazzi di estrema destra a Firenze, ma anche la corona di fiori per Paolo Di Nella, giovane di destra assassinato negli anni ‘80, bruciata da esponenti dell’ultrasinistra. Più i rigurgiti anarchici pro-Cospito. Preoccupato che si torni agli anni ‘70?

«Primo. Chi commette violenza, da qualunque parte provenga, non troverà mai giustificazione da parte di questo governo. E questo deve essere chiaro. La mia generazione ha ancora la memoria storica di quanto successe alla fine degli anni ‘60 quando si è sottovalutato l’emergere di certi fenomeni. Ora purtroppo questa memoria storica si sta perdendo. E poi, però, quando l’incendio scoppia, colpisce tutti».

Cosa fare?

«Credo che, se c’è la volontà, il Parlamento potrebbe affrontare la questione, magari aggravando le pene per le aggressioni ai danni di studenti o sospensioni più lunghe per chi reitera certi reati. Qui abbiamo minacce ai parlamentari, auto dei nostri diplomatici incendiate, terroristi in assemblee ai centri sociali. La violenza politica, da qualunque parte provenga, va cancellata».

Così come andrebbe cancellata la guerra. È passato un anno dall’invasione russa dell’Ucraina, mentre si cerca un negoziato di pace si comincia a pensare anche alla ricostruzione. Che ruolo avrà l’Italia?

«L’Italia e le altre nazioni occidentali hanno sempre avuto una posizione netta e fino a che c’è la guerra in corso l’obiettivo è la fine del conflitto con una pace giusta che consenta agli ucraini di autodeterminarsi come popolo, secondo le regole democratiche».

E poi?

«Poi l’Italia, grazie alla sua ritrovata credibilità sul piano internazionale, si è guadagnata la possibilità di poter partecipare, anche con le sue aziende partecipate e private, ad una ripresa efficace che riporti l’Ucraina ad un sistema funzionale».

Sul fronte dell’agricoltura, qual è la maggiore emergenza?

«Ne ho parlato col ministro ucraino, bisogna garantire l’export del grano, modernizzare il sistema agricolo ed evitare l’abbandono del territorio. L’agricoltura è un mestiere che si tramanda di padre in figlio, con molti uomini impegnati al fronte a fare i soldati oppure sfollati, il rischio che si interrompa questa tradizione è reale».

Il viaggio di Meloni a Kiev è stato preceduto dalle frasi di Berlusconi su Zelensky. La missione del premier era anche un messaggio rivolto agli alleati della maggioranza?

«Guardi, Meloni non va a Kiev per chiarire le posizioni del governo, perché da parte di Usa, Inghilterra, Germania e degli altri partner internazionali non c’è alcun dubbio in merito. Ci sono state delle dichiarazioni che potevano far percepire delle problematiche che però non ci sono, visto che non si sono concretizzate in atti. Si tratta di esternazioni, opinioni, commenti».

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Quindi caso chiuso?

«Ripeto, per il governo parlano gli atti. Sarebbe stato molto più grave se fosse stato il contrario: dichiarazioni a favore e votazioni contrarie. In ogni caso ci sono cose sulle quali FdI discute e altre su cui non discute. Tra queste c’è il fatto di essere al fianco dell’Occidente e della coesione in questa vicenda. È uno dei nostri paletti, uno dei punti principali del programma del centrodestra, che al contrario di quello delle sinistre, è unitario. Discuterlo porterebbe a conseguenze che non ci saranno, perché nessun atto fa pensare ad un ripensamento».

C’è una riflessione in corso sulla Via della Seta?

«Agiremo con molta prudenza, quella che non c’è stata in passato, dove anzi – mi riferisco al governo Conte – ci sono state delle zone d’ombra. La Cina ha dei pro, essendo un partner commerciale molto importante, ma anche dei contro: un modello di sviluppo lontano dal nostro, regole diverse sul rispetto dei diritti dei lavoratori, un approccio diverso sul conflitto russo-ucraino, sul clima, sull’Africa. Bisognerà muoversi di concerto con gli Stati europei e anche con gli Stati Uniti, con i Paesi Nato, perché un’alleanza è un’alleanza, non solo militare. Si difende il diritto internazionale, la libertà. Per noi è un dogma a salvaguardia delle nazioni democratiche».

Sembra di percepire, da parte vostra, un rinnovato impegno sulle questioni internazionali. Ora Meloni andrà in India, poi Abu Dhabi.

«Sa cosa mi ha detto un diplomatico Usa? Che se prima parlavano solo con Francia e Germania, ora sulle grandi questioni ci siamo anche noi. E questo smentisce tutti i pregiudizi che erano stati avanzati sul nostro governo. Vale anche per l’area del Mediterraneo, nei contatti con il Maghreb: Algeria, Egitto, Libia. Vogliamo riappropriarci del nostro ruolo nel Mediterraneo. Nella Prima Repubblica era un fatto consolidato, negli ultimi 15 anni di assenza si era un po’ perso».

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È di ieri purtroppo, la notizia dell’ultima tragedia in mare

«Bisogna bloccare l’immigrazione irregolare, creare le condizioni di sviluppo e di sicurezza alimentare per le nazioni africane. Chi scappa dalla propria casa, dal Sahel o altre zone, lo fa per fuggire dalla fame o dalle persecuzioni dei terroristi islamizzati. Il Piano Mattei rilanciato dal premier Meloni è soprattutto questo, oltre che energia».

A proposito, un ruolo decisivo lo avrà l’Eni. E questo ci porta alle nomine delle partecipate. La Lega chiede “discontinuità” nelle scelte dei management. FdI che dice?

«La discontinuità non è un dogma, come non lo è la continuità. Le scelte verranno fatte in base al merito e alla visione progettuale. Vogliamo aziende che facciano squadra tra di loro, per far ripartire il sistema Italia».

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«Serviva, in tutti questi anni, una strategia che non c’è stata. E poi dispersione idrica, le acque di fiumi, laghi, mari gestite da troppi enti. Il primo marzo avremo una cabina di regia con Meloni, il sottoscritto, i ministri Salvini, Fitto, Musumeci, Pichetto. Valuteremo se introdurre un commissario che gestisca questa fase di emergenza».

Superbonus e balneari?

«Non entro nel merito dei provvedimenti, ma sicuramente su entrambi i fronti vanno rispettate le regole e naturalmente le indicazioni del Quirinale, salvaguardando anche il tessuto produttivo e chi ha fatto sacrifici ed investimenti in questi due settori».

Manca un anno alle Europee. Cosa vorrebbe realizzare? Il Presidenzialismo, e magari anche da soli?

«Stiamo andando avanti, cercando di coinvolgere tutte le forze politiche. Se sono disponibili a discuterne, bene. Altrimenti andremo avanti. Non ci gireremo indietro rispetto a quello che è il nostro programma». 

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Ultimo aggiornamento: 11:22 © RIPRODUZIONE RISERVATA