Fase 2, proteste per il decreto di Conte. Orlando: «Regioni più colpite come motivano allentamento?»

Lunedì 27 Aprile 2020
Fase 2, proteste per il decreto di Conte. Presidente Umbria: «Imbavaglia le Regioni»

Coro di proteste per le norme dell'ultimo decreto firmato dal presidente del Consiglio, Conte, per la Fase 2 dell'emergenza coronavirus in Italia. Insorge la Cei che accusa il governo di violare la libertà di culto. La Presidenza del Consiglio in tarda serata precisa di aver «preso atto» delle osservazioni dei vescovi e che già nei prossimi giorni «si studierà un protocollo che consenta quanto prima la partecipazione dei fedeli alle celebrazioni liturgiche in condizioni di massima sicurezza».

E ancora. «Le quattro regioni (una è una provincia autonoma) che oggi hanno il livello di crescita del contagio più alto hanno assunto provvedimenti per allentare le disposizioni previste dal dpcm. Sono curioso di leggere le motivazioni e soprattutto i pareri tecnici che le accompagnano». Lo scrive il vicesegretario del Pd, Andrea Orlando

E poi. «Un Dpcm, quello presentato dal Governo, che oltre a contenere misure discutibili, ha alcune evidenti mancanze e soprattutto imbavaglia le Regioni che posso adottare solamente ordinanze restrittive ma non estensive»: è quanto afferma la presidente umbra, Donatella Tesei. «Non si possono, cioè, allargare le maglie - aggiunge - , nemmeno tenendo conto della situazione del contagio nel proprio territorio».

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«Siamo esterrefatti sul Dpcm che rimanda l'apertura dell'acconciatura estetica di altri 35 giorni in modo incomprensibile ed inaccettabile di fronte a serie proposte sulla sicurezza avanzate dalla nostra organizzazione, una mancanza di coraggio nell'autorizzare la ripartenza del manifatturiero (moda, mobili e metalmeccanica) di un'altra settimana anche di fronte ad un documento Inail che ne certifica il basso rischio. Il Dpcm ci ha profondamente delusi e preoccupati anche per le crescenti tensioni sociali». Così Agostino Bonomo presidente Confartigianato Veneto, il quale ricorda che «il comparto che in Veneto consta di 12.128 imprese artigiane e 24.214 addetti ha elaborato e presentato proposte dettagliate su come tornare a svolgere queste attività osservando scrupolosamente le indicazioni delle autorità sanitarie su distanziamento, dispositivi di protezione individuale pulizia, sanificazione. Non abbiamo ricevuto alcuna risposta». «Si può far stare fermi- chiede Bonomo -, con costi continui e ricavi azzerati per gli interi mesi di marzo, aprile, maggio? No, perdiamo solo in regione 89 mln di euro e sino a 4mila posti di lavoro. Finora siamo stati alle regole, ma la prospettiva di un altro mese e più di fermo obbligato non l'accettiamo». Per Bonomo c'è anche «mancanza di coraggio sul manifatturiero fatto di quasi 21 mila imprese che occupano 87.844 addetti solo in Veneto. Nei tre mesi le imprese di acconciatura e di estetica venete perderanno 88,7 mln. Sarà molto difficile evitare ripercussioni sull'occupazione».

I musulmani in Italia criticano il governo sull'assenza di norme riguardanti una 'fase 2' anche per la libertà di culto. «Sono d'accordo con la Cei: non è soltanto una questione di garantire il diritto di culto ma c'è anche una insensibilità nei confronti di tutti i credenti, di qualsiasi fede». Lo dice all'agenzia Ansa l'Imam Yahya Pallavicini, presidente della Coreis, la Comunità Religiosa Islamica Italiana, che denuncia anche una «disparità di trattamento: noi non siamo stati neanche interpellati, il Presidente del Consiglio ci convochi». L'Imam Yahya Pallavicini, presidente della Coreis, ricorda le difficoltà vissute e accettate dai musulmani in Italia in queste settimane a causa del coronavirus con la moschea di Milano che ha chiuso ancora prima del lockdown, e poi a seguire tutte le altre: «Non è stata tanto una questione di obbedienza perché la salute è una priorità. Ma mi sarei aspettato - dice Pallavicini all'ANSA - una maggiore sensibilità del primo ministro Conte anche in termini di interlocuzione, scambio, concertazione, consultazione». Per i musulmani questi sono i giorni del Ramadan e hanno accettato «restrizioni importanti»: non possono stare insieme al momento del pasto che interrompe il digiuno, l'iftar, né possono fare di sera la preghiera comune ma solo nelle loro case. «Il Ramadan finirà nella penultima settimana di maggio, tra circa un mese. La speranza era anche di trovare insieme delle misure che possano favorire con tutta la tutela della sicurezza e della salute» il culto anche per l'Islam. Pallavicini pensa ad «ingressi contingentati e controllati» nelle moschee per «un graduale ripristino di un certo ordine comunitario». È possibile «indossare guanti e mascherine e distanziarsi tra i fedeli come già fanno in alcune zone dell'Indonesia e della Malesia». Il Presidente della Coreis riferisce anche che in Italia è stata ignorata la possibilità di cui parla la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità che per le preghiere musulmane indica tra le disposizioni quella «di portarsi il tappetino della preghiera da casa» da poggiare sopra il tappeto che c'è in moschea. «Qui le priorità sono invece le passeggiate nei parchi, le cartolerie, i musei. Io non ho nulla contro queste cose ma non si può allo stesso tempo ignorare una sensibilità diffusa del popolo italiano. Si pensa all'economia ma non alla spiritualità». Poi fa presente un problema specifico, ovvero che le aree dei cimiteri italiani riservate ai musulmani sono quasi tutte esaurite perché in questo periodo non è possibile trasferire le salme nei Paesi di provenienza e «così i Comuni si stanno accorgendo che muoiono anche i musulmani», dice ironicamente. «Auspico che possa esserci un appuntamento del Comitato Scientifico con la Cei ma anche con noi e con la comunità ebraica per non essere completamente ignorati», conclude l'Imam Pallavicini.

 

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