La Fase 2 di Conte non decolla: tensioni nel governo, tra minacce di Iv e M5S divisi

Giovedì 7 Maggio 2020 di Marco Conti
La Fase 2 di Conte non decolla: tensioni nel governo, tra minacce di Iv e M5S divisi

Passare dal camice alla calcolatrice, dagli incontri con medici e virologi a quelli con sindacati, imprese e banche è un salto che Giuseppe Conte fatica a compiere.

IL TESTO
Le dimissioni minacciate della ministra Teresa Bellanova rientrano, ma al premier è toccato dichiarare che «non esiste nessuna ostilità nei confronti di un partito di maggioranza», che fatica persino a nominare, ma che si chiama Italia Viva. Constatazione che dovrebbe essere ovvia, ma che tale non è visto il clima di sospetti che agitano la maggioranza in una Fase2 che non riesce a decollare, assediata anche da vicende un po' più esterne. Come lo scontro Bonafede-Di Matteo, la ripresa del campionato di calcio, i mafiosi usciti di galera. Uno sfilacciamento che arriva a rimettere in discussione persino ciò che si è fatto. Come il decreto liquidità per le imprese che, presentato in Parlamento come blindato, è stato inondato di più di mille emendamenti della maggioranza, di cui 476 del Pd, 304 M5S, 154 Iv e 91 di Leu.

Sulla regolarizzazione dei migranti, invocati dalle imprese agricole del Nord-Est, la maggioranza ha ballato per tutta la giornata di ieri. Alla fine la ministra Bellanova sembra averla spuntata e il testo dovrebbe finire nel decreto-maggio. Il prezzo è stata un'altra giornata di tensione e minacce con l'ennesima spaccatura dentro un M5S ormai balcanizzato con il reggente Vito Crimi sconfessato dai suoi e costretto all'ennesima retromarcia, mentre Gennaro Migliore (Iv) gli ricordava che «non è più alleato con Salvini».

Ma se la scommessa del presidente del Consiglio è durare arrivando a fine legislatura (come ha detto ieri nell'intervista al Fatto) magari per poi traghettare il Movimento nella nuova, i renziani sembrano aver messo il turbo grazie alla spinta della Confindustria di Carlo Bonomi. Al tavolo con gli industriali Conte non è andato e ha lasciato ai ministri Gualtieri e Patuanelli il compito di illustrare ciò che il governo intende inserire nel decreto-aprile, divenuto ormai un decreto fine-maggio. L'assenza segnale un gelo tra governo e imprese che non aiuterà certamente quella ripartenza basata sulla coesione nazionale invocata anche dal Quirinale.

Nel governo si procede ormai tra strappi, minacce di dimissioni e tentativi di mediazione da parte del premier, che alla fine si risolvono in una sommatoria di misure che non lasciano vedere la prospettiva e la direzione. Procedendo nel metodo della sommatoria delle richieste si sono messi insieme una serie di misure assistenzialiste - come il Rem - che hanno scatenato i renziani e fatto storcere il naso anche al Pd. «Il governo è debole, ma va aiutato, non picconato», continuano a sostenere al Nazareno dove però non si nasconde la fatica che i ministri Franceschini e Gualtieri fanno per convincere gli alleati, mentre Conte raccoglie sulla scrivania le posizioni di ogni partito e poi chiude «riservandosi di portare una soluzione».
Italia Viva si lamenta e sostiene che a palazzo Chigi «il metodo non è cambiato ed è quello che ha sfornato due geniali riforme economiche: Quota100 e reddito di cittadinanza». Armati di grafici e tabelle, Boschi, Rosato e Faraone si presenteranno oggi a palazzo Chigi dove, convocati da Conte, tenteranno di allargare ancor più l'ordine del giorno. «Porremo tre questioni: Bonafede, il piano shock e la ripartenza economica».

Il fatto che il ministro della Giustizia sia anche il capodelegazione grillino non sembra preoccupare i renziani, i quali chiederanno anche conto della scelta del ministro Federico D'Incà di rinviare ancora di qualche settimana lo sblocca cantieri. «Sembra che abbiano capito che senza di noi non c'è maggioranza, specie al Senato. Meglio tardi che mai», osservano i renziani. Ed in effetti, dopo settimane di annunci della pattuglia di responsabili non c'è neppure l'ombra. Ciò spinge Iv ad alzare il prezzo contando che la legislatura andrà avanti, e che se invece si andrà al voto senza il taglio dei parlamentari potranno spuntare il doppio dei seggi previsti.

I RITARDI
E così, nel giorno in cui l'Europa stima una caduta del Pil al -9,5%, un imprenditore si suicida a Napoli e lo stesso Giuseppe Conte prevede una «crisi dolorosa» e un «periodo di grandi sofferenze», si continua a discutere senza aver di fatto messo in campo nessuna vera misura per ripartire, oltre ai sussidi che peraltro non tutti hanno ancora ricevuto. Resta ora da vedere se la convocazione a palazzo Chigi dei renziani fatta da Conte è un modo per trovare un'intesa o scaricare l'uno sull'altro le responsabilità non solo del ritardo del decreto da 55 miliardi, ma anche delle possibili incongruenze o errori che rischiano di tramutare il percorso di approvazione in Parlamento nell'ennesimo calvario tra rinvii e stravolgimenti di norme.

Ultimo aggiornamento: 14 Febbraio, 17:46 © RIPRODUZIONE RISERVATA