Elezioni in Sardegna, il veto di Todde: «No al palco con i leader, il voto è una sfida sarda»

La candidata rosso-gialla declina l'offerta di Conte e Schlein. Il centrodestra sceglie la strada opposta: domani Meloni, Salvini e Tajani a Cagliari

Martedì 20 Febbraio 2024 di Francesco Malfetano
Elezioni in Sardegna, il veto di Todde: «No al palco con i leader, il voto è una sfida sarda»

Oggi chi scrive Sardegna legge "equilibrio".

Quello ancora ricercato all'interno del centrodestra dopo la prova di forza di via della Scrofa. Quello imposto in extremis a Elly Schlein e Giuseppe Conte tenuti lontani dal palco che chiude la campagna elettorale giallorosa. Quello, infine, dei sondaggi che a una settimana dal voto prefigurano quasi un testa a testa tra il sindaco di Cagliari Paolo Truzzu e l'ex sottosegretaria pentastellata Alessandra Todde, assegnando un rilievo forse insperato al terzo incomodo Renato Soru.

Ed è quindi proprio la vicepresidente del partito che fu di Beppe Grillo che, ad una manciata di giorni dall'apertura delle urne di domenica alle 6.30, infiamma la corsa elettorale per provare a rosicchiare ai meloniani quei 2-3 punti percentuali che virtualmente garantirebbero a Truzzu la vittoria sfondando la soglia del 40%.

 

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Il palco

Todde insomma, ci prova. E lo fa ispirandosi a chi, nel 2023, è riuscito a frenare l'ascesa del centrodestra: Giacomo Possamai. La candidata sarda sposa infatti la ricetta del sindaco dem che lo scorso anno conquistò Vicenza in una tornata dominata da FdI, Lega e Forza Italia. Come? Provando a lasciare fuori dall'isola - almeno in questi ultimi giorni di campagna elettorale - l'idea che il centrosinistra sardo sia un laboratorio delle ambizioni di Schlein e Conte a livello nazionale. «La partita è dei sardi» spiega seguendo l'esempio vicentino e rispedendo al mittente le disponibilità dei due leader ad un comizio in comune.
Anche perché a sfogliare l'album delle foto, non è che le passerelle congiunte abbiano portato granché fortuna al "campo largo". Se lo scatto di Vasto del 2011 con Antonio Di Pietro, Nichi Vendola e Pier Luigi Bersani fu quasi una pietra tombale sui sogni di arginare Silvio Berlusconi, quello di Narni del 2019 con Nicola Zingaretti, Luigi Di Maio, Conte e Roberto Speranza regalò per la prima volta l'Umbria al centrodestra. Senza scordare il tavolino di lamiera del bar Otter a Campobasso, scenografico centro di gravità del trio Schlein-Conte-Fratoianni, oltre che simbolo della sconfitta dello scorso anno del candidato alle Regionali in Molise Roberto Gravina.
Spettri che evidentemente non attanagliano Truzzu, ben felice di ospitare domani Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Antonio Tajani tra i padiglioni della fiera di Cagliari per una chiusura di campagna elettorale che, questa sì, ha valenza nazionale. Al netto degli immancabili selfie infatti, il backstage difficilmente non sarà dominato dalle ombre che si allungano tra gli alleati sul terzo mandato. Per di più con la cornice del malumore leghista che cresce per lo scarso impegno in campagna elettorale da parte di Fratelli d'Italia. Una visione tutt'altro che peregrina. Tant'è che anche a via della Scrofa qualcuno inizia a pensare che «Forse abbiamo dato troppe cose per scontato» dando il là ad un'ipotetica strategia leghista. Il furore salviniano nel battere palmo a palmo l'isola, nasconderebbe la volontà di strappare un risultato «degno» (l'asticella è fissata all'8%) più che in caso di vittoria, in caso di sconfitta di Truzzu. L'obiettivo? Addossare a FdI la débâcle e riaprire la partita in Basilicata, dove intanto ieri è stato annunciato il voto per il 20 e 21 aprile.

I toni

Todde intanto ci spera. Tant'è che sui temi alza invece il mirino verso il governo nazionale e i toni nei confronti dei contendenti. «Spero con tutto il cuore che la resistenza inizi dalla Sardegna e che si possa dire che il vento è cambiato» dice, alludendo al «governo nazionale» che «non si può definire diversamente» da «fascisti», «lo sono e va detto». Ma, da outsider con delle ambizioni, Todde se la prende anche con l'ex governatore Soru. «La legge elettorale sarda non perdona. Soru si assumerà la responsabilità delle sue azioni» chiosa pensando al voto utile e al turno unico. Cioè senza possibilità di restare ancora in equilibrio.
 

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