Elezioni Quirinale, la mossa del Pd per il bis di Mattarella

Ddl sulla non rieleggibilità per spingere il capo dello Stato a un mandato a tempo

Giovedì 2 Dicembre 2021 di Alberto Gentili
Elezioni Quirinale, la mossa del Pd per il bis di Mattarella

Enrico Letta martedì scorso si era limitato a lanciare un appello-allarme: «Sono convinto che l’elezione del presidente della Repubblica sarà a larga maggioranza. Se così non fosse, cadrebbe il governo immediatamente». Ebbene ieri, per mano di Luigi Zanda, Gianclaudio Bressa e Dario Parrini, il segretario del Pd è passato ai fatti. Con un disegno di legge di riforma costituzionale firmato dai tre senatori dem, Letta ha compiuto la prima mossa concreta rivolta a scongiurare a metà gennaio - in occasione del voto per il nuovo capo dello Stato - il Big Bang della “maggioranza di unità nazionale” che sostiene il governo di Mario Draghi.
Lo scopo di Letta, al di là delle smentite di rito: cercare di aprire uno spiraglio alla rielezione di Sergio Mattarella, l’unica strada e l’unica personalità a detta praticamente di tutti (esclusi Matteo Salvini e Giorgia Meloni), che potrebbe portare a centrare due obiettivi: garantire la sopravvivenza della maggioranza, lasciando Draghi a palazzo Chigi a gestire il Recovery Plan, e portare la legislatura al suo termine naturale (il 2023).

Per poi, magari, prendere il testimone del Colle da Mattarella per quella “staffetta” che ormai sembrava impraticabile. E che potrebbe essere solo ipotizzata, non certo stabilita ab origine. Anche se in molti ritengono che le dimissioni del Presidente sarebbero «costituzionalmente motivate», dopo la riforma costituzionale e l’elezione nel 2023 di un Parlamento modificato nella sua composizione a causa del “taglio” del numero di deputati e senatori.

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Di certo, c’è che a temere lo sbriciolamento dell’attuale maggioranza non è solo Letta. Anche Draghi paventa un epilogo drammatico - in piena pandemia e con il Recovery Plan da oltre 200 miliardi ancora (quasi) tutto da realizzare - visto che l’implosione della maggioranza nella partita decisiva del Quirinale vorrebbe dire precipitare il Paese verso la crisi e le elezioni. «Perché è scontato e innegabile», dice chi ha parlato con il premier nelle ultime ore, «che se la maggioranza di unità nazionale si compattasse su un nome, la faccenda del Quirinale si svolgerebbe in modo ordinato e non si manderebbe in rovina il Paese. Se invece un pezzo di maggioranza eleggesse il nuovo Presidente contro l’altro pezzo della maggioranza, sarebbe il caos. Vorrebbe dire la fine del “governo di tutti”».

Insomma l’imperativo è arrivare a metà gennaio, quando si apriranno le votazioni per il Quirinale, con un nome bipartisan individuato e gradito dalle forze che sostengono il governo. «E ci sono solo due personalità che hanno queste caratteristiche: Draghi e Mattarella», dice chi è a stretto contatto con entrambi, «ma il primo tutti vogliono lasciarlo a palazzo Chigi per il Recovery e per scongiurare il voto anticipato, mentre il Presidente ha più volte detto e ripetuto che non intende essere rieletto, in quanto considera una sua eventuale rielezione una forzatura costituzionale e ritiene utile abolire il semestre bianco».

GARANZIE PER IL PRESIDENTE
Ebbene, il ddl firmato da Zanda, Parrini e Bressa punta proprio a rimuovere questa obiezione, garantendo a Mattarella che il suo bis non consoliderebbe una prassi da lui giudicata incostituzionale: sarebbe l’ultimo, dopo quello concesso da Giorgio Napolitano nel 2013. Il ddl infatti propone la modifica gli articoli 85 e 88 della Costituzione, stabilendo che il capo dello Stato «non è rieleggibile» e abrogando il divieto per il Presidente di sciogliere le Camere negli ultimi sei mesi del mandato.

Basterà a convincere Mattarella, descritto irritato dai tatticismi e dalla litigiosità dei partiti di maggioranza, ad accettare il bis? Nel Pd sperano di sì: «Naturalmente questa riforma non può essere approvata entro gennaio, ma se riusciremo ad assicurare al Presidente un patto tra le forze di maggioranza volto a modificare la Costituzione abolendo rieleggibilità e semestre bianco da qui al 2023, è possibile che Mattarella possa accettare di restare al Quirinale. E questo perché il Presidente avrebbe la garanzia che il suo sì non contribuirebbe a consolidare una prassi di dubbia incostituzionalità». Però non sembra che questa proposta di riforma, secondo i bene informati, possa far cambiare idea al Presidente. 

Ci sono infatti altri due tasselli che dovrebbero andare al loro posto per rendere ipotizzabile un bis. Il primo sarebbe un precipitare della situazione. Il secondo, un appello bipartisan. «Premesso che il Presidente proprio non ci pensa», spiega chi lo conosce bene, «se dovesse scoppiare il caos dopo diversi candidati bruciati, con la pandemia in crescita, l’innesco di una tempesta valutaria, e se tutti i leader della maggioranza dovessero salire al Quirinale chiedendogli di restare, Mattarella potrebbe dire di sì per mettere in sicurezza il Paese. Ma è difficile, estremamente difficile».
Si vedrà, la partita non è neppure cominciata.
 

Ultimo aggiornamento: 3 Dicembre, 09:43 © RIPRODUZIONE RISERVATA