Elezioni, i programmi delle coalizioni in politica estera: sanzioni, Cina, Nato, la diplomazia variabile

Italia nel mondo: tutte le posizioni in vista del voto del 25 settembre

Giovedì 25 Agosto 2022 di Francesco Bechis e Andrea Bulleri
Elezioni, i programmi delle coalizioni in politica estera: sanzioni, Cina, Nato, la diplomazia variabile

Chi sventola la bandiera americana, chi vorrebbe ammainarla. Chi flirta con la Cina di Xi Jinping e chi sente nostalgia per le passeggiate al Cremlino. In questa strana campagna elettorale estiva di politica estera non si parla granché.

Tasse, lavoro, immigrazione, scuola. Sono altri i campi di battaglia che vedono i partiti duellare senza sosta, sulla tv, in piazza, sui social. Eppure la diplomazia c’entra eccome con il voto del 25 settembre. Basti pensare al Pnrr, la bussola economica per chiunque prenderà il timone di Palazzo Chigi. Cioè il piano dei fondi europei per la ripresa post Covid che, per essere erogati, hanno bisogno di un via libera. Da Roma? No, da Bruxelles. Senza contare che - prima volta dopo vent’anni, dalla polveriera dei Balcani - sarà il primo test elettorale nel bel mezzo di una guerra sul suolo europeo, quella che da sei mesi la Russia porta avanti in Ucraina. Ecco che allora il confine tra affari interni ed esteri si fa sottile, a tratti trasparente. Per dirla con il presidente del Consiglio Mario Draghi, che sul punto ha battuto dal Meeting di Rimini, «la credibilità interna deve andare di pari passo con la credibilità internazionale».

Fin qui tutto chiaro. A scorrere i programmi diplomatici dei partiti in corsa, però, viene fuori un mosaico per niente uniforme. Sui fondamentali tutti d’accordo, o quasi. E infatti i preamboli si assomigliano: sì ad atlantismo ed europeismo e condanna dell’aggressione russa a Kiev. Ma il diavolo come sempre è nei dettagli. Un esempio? Eccolo: le strategie delle forze in campo per aiutare a fermare la guerra in Est-Europa. Il programma unitario di centrodestra taglia corto: «Sostegno all’Ucraina di fronte all’invasione della Federazione Russa» e «ad ogni iniziativa diplomatica volta alla soluzione del conflitto». Quello presentato dalla Lega, in solitaria, parla invece di «un compromesso accettabile tra Ucraina e Russia». Per tutte e due? Il dubbio resta. E se l’atlantismo targato M5S sarà «proattivo e non fideistico», per il Pd «Ue, Nato e Onu rimangono le organizzazioni internazionali di riferimento» mentre il Terzo Polo di Renzi e Calenda sogna «una politica estera comune» dell’Ue.

LE DISTANZE
Geometrie variabili, anche sul fronte europeo. Così davanti alla proposta del centrodestra di rivedere il piano di ripresa Ue con la Commissione «in funzione delle mutate condizioni, necessità e priorità», centrosinistra, Cinque Stelle e Terzo Polo montano le barricate: il Pnrr non si tocca. Insomma, le distanze rimangono, perfino tra alleati. Basti pensare alle sanzioni Ue alla Russia: necessarie per Meloni, rivedibili per Salvini. «Evidentemente sono state fatte male: dovevano mettere in ginocchio la Russia, dopo sei mesi è accaduto l’esatto contrario», ha rincarato ieri il leader del Carroccio, pensando forse alle imprese italiane che soffrono per la contrazione dell’export. Scatenando reazioni furenti, da Luigi Di Maio, «fa gli interessi di Putin», al dem Enzo Amendola, «parole che strizzano l’occhiolino a Mosca». Tra i convitati di pietra più ingombranti c’è la Cina. Negli ultimi anni è finita al centro della polemica politica, con una parte del centrodestra ad accusare i Cinque Stelle di eccessiva sinofilia, tra vie della Seta e porte aperte a Pechino nella tecnologia 5G. Che rapporti vorranno tessere le forze politiche con la potenza asiatica, rivale numero uno degli Stati Uniti? Mistero: non c’è un solo accenno nei programmi. È una delle tante pagine bianche che dovranno riempire le urne.

 

Centrodestra

Il cardine su cui dev’essere incentrata la politica estera italiana per il centrodestra è la «tutela dell’interesse nazionale e la difesa della Patria». A cominciare dalla promozione di un «piano straordinario europeo» per lo sviluppo del continente africano, pensato per mettere un freno alle ondate migratorie verso il nostro Paese. In campo internazionale, si prevede il «rispetto delle alleanze» a cominciare da quella atlantica, così come il «rafforzamento del ruolo diplomatico dell’Italia». Nessun tentennamento sull’Ucraina: il programma comune di FdI, Lega e FI mette nero su bianco il «rispetto degli impegni assunti nella Nato», anche in tema futuri «adeguamenti degli stanziamenti per la difesa», ossia di eventuali nuovi invii di armi a Kiev. Una condizione richiesta da Giorgia Meloni per stoppare possibili fughe in avanti degli alleati Berlusconi e Salvini, non altrettanto netti (specie quest’ultimo) nel condannare l’invasione russa. La tutela dell’interesse nazionale, per il centrodestra, va perseguita anche a livello europeo «con particolare riferimento alla transizione ecologica» (vedi dossier auto elettrica). Sul fronte Ue si punta poi a raggiungere un’integrazione «più politica e meno burocratica». Ma sempre salvaguardando le «radici storiche e culturali classiche e giudaico-cristiane dell’Europa».

Centrosinistra

Unione europea, Nato e Onu devono rimanere le organizzazioni internazionali «di riferimento» per l’Italia, secondo il Pd, dove il nostro Paese deve svolgere «un ruolo da protagonista». Il centrosinistra concorda sul sostegno all’Ucraina, da portare avanti insieme a un’iniziativa diplomatica congiunta dei maggiori Paesi europei per l’avvio dei negoziati di pace. Posizioni discordanti sull’invio di armi a Kiev: favorevoli dem, +Europa e Impegno civico, contrari (nettamente) Verdi e Sinistra italiana. Per quanto riguarda l’Ue, il Pd propone una riforma dei trattati che permetta di superare il diritto di veto, estendendo il campo delle decisioni per cui basta la maggioranza qualificata. Il patto di Stabilità, invece, dovrebbe trasformarsi in un «patto di Sostenibilità», che metta al centro non l’austerity ma la crescita. Mentre l’Unione ha il compito di «sviluppare una strategia inclusiva», allargandosi ai Paesi vicini e in particolare ai Balcani: «Accogliere oggi per integrare domani», è la linea. Infine, i dem puntano a far sì che l’Europa investa «con decisione sulla propria vocazione mediterranea», portando allo 0,7% del Pil la spesa destinata a cooperazione e sviluppo. Così da migliorare le condizioni di vita nel Sud del mondo e alleggerire i flussi migratori nel Mediterraneo.

 

Movimento 5 Stelle

Multilateralismo ed «Europa dei popoli contro l’austerità». Eccoli, i punti cardinali del M5S in politica estera. I pentastellati, accusati da più parti di essere troppo tiepidi sull’adesione italiana alla Nato, provano a fugare ogni dubbio nel loro programma, nel quale prevedono una «solida collocazione dell’Italia nell’Alleanza atlantica e nell’Unione europea». «Ma – è la precisazione – con un atteggiamento proattivo e non fideistico, che renda l’Italia protagonista». No secco, quindi, alla «corsa al riarmo», sì al «progetto di difesa comune europea per la pace e la sicurezza». In campo europeo, i grillini puntano sull’istituzione di un «Energy recovery fund», un fondo per contrastare la crisi energetica alimentato con debito comune europeo. Una fonte di finanziamento, quella dei bond Ue, che per i 5S dovrebbe essere resa strutturale, «a sostegno degli obiettivi europei di riforma del patto di Stabilità e crescita». Tra le misure da proporre a Bruxelles spicca anche l’adozione di un «meccanismo comunitario» per gestire i flussi migratori. Dunque, gestione comune dell’accoglienza e ridistribuzione dei migranti tra i Paesi membri.

Terzo polo

Pieno sostegno alle scelte dell’Alleanza atlantica in campo internazionale, a cominciare dalla guerra in Ucraina. Al punto che, secondo Azione e Italia viva, la spesa militare italiana dovrà aumentare di 2,6 miliardi di euro all’anno, arrivando al 2% del Pil entro il 2025 (così come stabilito dagli accordi Nato). Per il Terzo polo, serve poi una politica estera e di sicurezza comune europea. Motivo per cui si prevede di avviare la costituzione di un esercito Ue, formato inizialmente da contingenti nazionali degli Stati che vogliono proseguire su questa strada. Per puntare, nel lungo periodo, a una piena integrazione dei sistemi di difesa. Altro punto del programma: l’abolizione della regola del voto all’unanimità in Consiglio europeo, che consente ai piccoli Stati di «tenere in ostaggio» Bruxelles. Mentre in prospettiva l’auspicio è quello di arrivare a una «svolta in senso federale dell’Ue», ossia alla revisione dei trattati e alla costituzione degli Stati uniti d’Europa. Tra gli obiettivi più a corto raggio, invece, si mira a raggiungere «regole comuni su istruzione e università», completando così il processo di riconoscimento dei titoli di studio in tutta l’Unione.

Ultimo aggiornamento: 18:51 © RIPRODUZIONE RISERVATA