Calenda conquista i voti dei grillini. E rifiuta la corte di Berlusconi: «Alle Politiche andremo soli»

Il leader di Azione: "Se i Dem vogliono l'alleanza, candidiamo Cottarelli in Lombardia"

Mercoledì 15 Giugno 2022 di Andrea Bulleri
Calenda conquista i voti dei grillini. E rifiuta la corte di Berlusconi: «Alle Politiche andremo soli»

Accarezzati dal Pd, dove da 48 ore si moltiplicano le voci di chi ritiene che si debba “allargare ai riformisti”.

Corteggiati da Silvio Berlusconi, da sempre scettico sull’idea di spostare troppo a destra il baricentro dei moderati. E di colpo diventati attrattivi pure per l’elettorato grillino, almeno secondo uno studio di Swg che certifica come nelle città buona parte dei voti pentastellati siano approdati sul terzo polo. I centristi sono la vera sorpresa uscita dalle amministrative di domenica. Decisivi a Verona e Catranzaro in vista dei ballottaggi, i fautori della “terza via” portano a casa risultati a doppia cifra anche dove non vincono. E loro, che lo sanno, si godono il momento. Lo sa Matteo Renzi, che rivendica di aver «portato a casa più eletti del M5s» e «più consiglieri comunali di Calenda».

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E lo sa pure Carlo Calenda, leader di Azione, che forte del successo all’Aquila, Parma e Palermo prova a dettare l’agenda in vista dei prossimi appuntamenti elettorali. Le politiche del 2023, certo, ma anche le regionali. «Se Letta vuole l’alleanza la facciamo in Lombardia, tanto qui il M5s non c’è più», esordisce l’ex ministro dello Sviluppo da Milano, dove inaugura la nuova sede di Azione. «C’è un nome perfetto per tenere insieme il campo riformista e progressista ed è quello di Carlo Cottarelli: è il candidato ideale per guidare la Lombardia. Se poi il Pd deve avere i Cinquestelle per forza - punzecchia l’europarlamentare - si comprassero un cane e lo chiamassero Cinquestelle». 

Non le manda a dire, Calenda. Sempre più convinto che il suo futuro e quello dei dem corrano su binari separati. «Serve un’offerta alternativa ai due poli, un’area terza che vada da sola e spacchi il bipopulismo di Salvini-Meloni e Conte», ripete. «Se prenderemo più dell’8 per cento avremo avuto successo, perché l’unica strada sarà una maggioranza europeista con Draghi premier». 

Non c’è alcun campo largo col Pd, nell’orizzonte del leader di Azione, perché «coi grillini abbiamo visioni opposte su tutto e il M5s è garanzia di perdere». Ma non c’è nemmeno quella prospettiva di centrodestra vagheggiata da Silvio Berlusconi. Ieri il Cavaliere ha rivolto un «pressante appello» a elettori e protagonisti del terzo polo a «venire con noi, a rafforzare la componente centrista» della coalizione guidata da Lega e FdI. Perché, osserva il leader di FI, «le liste centriste fuori del centrodestra non sono influenti». Un invito che per Berlusconi ha un doppio scopo: garantirsi nuovi bacini di voti ai ballottaggi (e, in prospettiva, alle politiche) e rafforzare l’ala moderata della coalizione, evitando sbilanciamenti verso destra. 

LO STUDIO
Del resto, che il centro sia di nuovo attraente in modo trasversale lo dicono anche i flussi elettorali: secondo Swg, sia a Parma che a Palermo - dove il terzo polo correva in autonomia - si sono registrati spostamenti di voto dal partito di Giuseppe Conte ai riformisti Renzi e Calenda, che più anti-grillini non si può. A Parma il 16% di elettori M5s alle politiche 2019 ha scelto Dario Costi, a Palermo il 22% è andato su Fabrizio Ferrandelli. Un altro motivo per cui i due leader della costituenda area riformista possono gongolare. Nonostante tra i due, i rapporti, siano ancora tesi, e il progetto unitario appaia lontano. «Carlo? Lui fa così - scherzava ieri il leader di Italia Viva - Noi abbiamo qualche sindaco in più, lui qualche addetto stampa in più». «Renzi deve decidere se vuol fare un lavoro serio o tenersi le mani libere per poi fare accordi - lo rimbeccava Calenda - In questo caso, non ci troverà». 
 

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