Draghi, il D-Day in Senato: vertice di maggioranza per trovare un'intesa sulla mozione

Lunedì 20 Giugno 2022 di Francesco Malfetano
Draghi, domani di D-Day in Senato: vertice di maggioranza per trovare un'intesa sulla mozione

E stato aggiornato a domani mattina, dopo 6 ore di riunione, il vertice di maggioranza per trovare un accordo sulla risoluzione da votare dopo le comunicazioni in Parlamento del presidente del Consiglio, Mario Draghi, in vista del Consiglio europeo, con particolare riferimento alla crisi ucraina.

Un accordo non sarebbe lontano, ma resta il nodo sulla formulazione per riconoscere la centralità del Parlamento nelle decisioni. Per domani è attesa la risposta del Governo, che vorrebbe che non sorgessero equivoci sul riferimento alla normativa vigente.

IL TENTATIVO
Al netto del pressing del ministro Luigi Di Maio scomunicato dal suo partito e delle dichiarazioni europeiste e atlantiste dei vertici del Movimento di questa notte e di stamattina (con Roberto Fico in testa), i grillini dovrebbero infatti fare almeno un tentativo per far passare la propria linea. Tant'è che i membri delle Commissioni Politica Ue ed Esteri si sono spaccati durante la riunione preliminare. In diversi vogliono che nel testo si scriva che il premier dovrà passare dal Parlamento alla vigilia di consessi internazionali decisivi sul conflitto ucraino e che, soprattutto, le Camere si esprimano con un nuovo voto qualora ci fosse la necessità di inviare nuove forniture militari a Kiev. Una posizione aspramente criticata da una fetta degli esponenti dello stesso M5S, consapevoli che una richiesta di questo tipo è inaccettabile, perché il premier Mario Draghi ne uscirebbe «commissariato» e il governo «depotenziato». Il tentativo però, a quanto si apprende, sarà fatto. Ma l'offerta sarà rispedita al mittente.

LE IPOTESI
A quel punto si entrerà nel campo inesplorato delle ipotesi. I grillini, davanti agli alleati di governo e al sottosegretario Enzo Amendola, proveranno almeno a ribadire la necessità di imporre un ritorno alla centralità del Parlamento. Un punto su cui però serve una riflessione aggiuntiva perché - come spiega una fonte dem - «non si può imbrigliare il governo in una situazione così delicata e fluida e a fronte di appuntamenti internazionali dall'esito ancora incerto». Per giunta, qualora il Movimento dovesse andare al muro contro muro si troverebbe completamente isolato. Dopo il caos sul viaggio a Mosca, anche Matteo Salvini sembra aver rinunciato a qualunque velleità filo-russa (quantomeno in questa fase). E sulla partita di oggi si è praticamente smarcato: «Non commento i "se" né i litigi dei 5Stelle», ha spiegato stamane. «Io per oggi ho delegato i capigruppo. Mi piace delegare la risoluzione dei problemi ad altri».
 

La mediazione finale, insomma, potrebbe essere più complessa del previsto e quindi avere conseguenze anche sull'asse giallorosso. Al Nazareno la principale preoccupazione è che non si metta in discussione il sostegno a Draghi, in particolare prima di un appuntamento importante come il Consiglio europeo del 23 e del 24 giugno a Bruxelles. Un eventuale strappo sull'Ucraina determinerebbe, in seguito, anche l'addio al campo largo - è il ragionamento. Per il resto nessun tifo e nessuna ingerenza nelle questioni interne ad un'altra forza politica. Anche se la riflessione più diffusa tra senatori e deputati Pd è che i grillini si stanno mostrando incontrollabili, sia per Giuseppe Conte che per Luigi Di Maio. 

Ultimo aggiornamento: 21 Giugno, 07:42 © RIPRODUZIONE RISERVATA