Un anno di Draghi, la fase 2 del premier: mediazione su Kiev per difendere la ripresa

Dopo la lotta alla pandemia e il Pnrr, ora la sfida è non compromettere la crescita

Domenica 13 Febbraio 2022 di Marco Conti
Un anno di Draghi, la fase 2 del premier: mediazione su Kiev per difendere la ripresa

Per capire se gli anni a Palazzo Chigi valgono più degli otto a Francoforte, e se tutti i partiti della maggioranza sono forti quanto Jens Weidmann, occorrerà attendere ancora qualche mese.

Ovvero il tempo necessario per constatare se l'agenda-Draghi saprà imporsi così come a suo tempo si impose sul banchiere centrale tedesco.

Un anno di Draghi, la fase 2 del premier

Dovrà farsi valere non solo sulla bislacca maggioranza che lo sostiene - e che sente già odore di urne - ma anche su una serie di eventi straordinari che rischiano di compromettere il cammino del programma di governo che solo un anno fa venne salutato dal Parlamento con una valanga di applausi oltre che di voti.

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LA SERRA


Un anno dopo gli obiettivi di rimettere in carreggiata la campagna vaccinale e di dare un senso al piano di riforme del Next Generation Ue sono stati raggiunti. La lotta alla pandemia è stata serrata, ma senza gli isterismi e le chiusure generalizzate del precedente governo. Il varo del Super Green pass ha permesso di raggiungere livelli record di vaccinazioni. Il Next Generation Ue è stato rimesso in sesto e approvato con soddisfazione dell'Europa. Non solo, tutte le missioni previste dal Pnrr per il 2021 sono state centrate. Ma sino al 2026 c'è ancora molto da lavorare e, solo per quest'anno, sono un centinaio gli obiettivi da raggiungere.
Le incognite che rischiano ora di complicare la strada, il premier le ha elencate nella conferenza stampa nella quale ha anche escluso qualsiasi futuro impegno diretto in politica. «L'inflazione, che sta aggredendo il potere acquisto dei lavoratori ed erodendo la competitività delle imprese». Il caro bollette sul quale ha promesso di intervenire di nuovo con «sostegni per contenere l'emergenza». In aggiunta, l'imprevedibilità di una guerra alle porte dell'Europa. La crisi in Ucraina sta complicando la strada, perché ha già causato un rialzo del costo dell'energia e ora rischia di produrre nuove sanzioni nei confronti di Mosca che, unite a quelle già in corso, penalizzerebbero le nostre esportazioni.

Al tavolo delle complicate trattative con la Russia siede la Francia di Emmanuel Macron che, da presidente di turno dell'Unione, spinge per una soluzione diplomatica. Mentre da Mosca e Washington è un continuo risuonare di tamburi, in Europa tutti, tranne Orban, sperano in una soluzione negoziale, senza però concessioni alla voglia di Putin di dimostrare ai suoi concittadini che è ancora Mosca che decide con Washington gli assetti dell'Occidente.

In questa vicenda, che potrebbe trascinare tutti verso l'irreparabile, un ruolo negoziale all'Italia di Draghi viene riconosciuto soprattutto in virtù dell'autorevolezza dell'ex presidente della Bce al quale non difetta europeismo e atlantismo. Anche se l'Italia non rientra nel formato Normandia - sulla base del quale sono stati siglati anche gli accordi di Minsk - il premier ha avuto colloqui sia con il presidente russo Putin che con il presidente ucraino Zelenskyy e con i maggiori leader europei. Lo scorso venerdì ha preso parte alla videconferenza organizzata dagli Usa con il presidente Biden e i più importanti leader europei. In quella occasione Draghi ha sostenuto l'esigenza delle sanzioni, qualora Mosca dovesse procedere con l'invasione, ma ha anche spinto sull'esigenza di trovare un «utile dialogo».

LO SFORZO

Il nostro Paese è in perfetta linea con le più importanti cancellerie europee. Ieri lo si è di nuovo constatato con la decisione del ministro degli Esteri Luigi Di Maio di far rientrare parte del personale che opera nell'ambasciata a Kiev. Ma per l'Italia le sanzioni devono scattare solo se fallirà lo sforzo diplomatico e non possono essere imposte a prescindere dal comportamento di Mosca. Il prolungarsi della tensione ha già prodotto effetti, ma la guerra rappresenterebbe un disastro che, unito a quello provocato dalla pandemia, congelerebbe ogni sforzo.
I lusinghieri dati sul calo del debito pubblico, illustrati ieri dal governatore di Bankitalia Ignazio Visco, sono infatti frutto della crescita dell'Italia che lo scorso anno ha toccato percentuali da anni 60. La sfida che Draghi ha davanti è quella di mantenere alti i livelli di crescita e, soprattutto, di credibilità del Paese che ha smesso di fare debiti e scostamenti di bilancio e ha imboccato un percorso virtuoso. L'accelerazione che Draghi ha imposto al governo, dopo la partita del Quirinale, ha sorpreso forse i partiti ma risponde all'esigenza di tenere alti gli obiettivi senza essere risucchiato nei tormenti dei partiti. In settimana arriverà in Cdm l'atteso decreto per arginare il caro-bollette, con tanto di interventi strutturali sulla produzione. Così come il ministero dell'Economia presenterà in Senato gli emendamenti che dovrebbero rimettere in carreggiata il Superbonus. A seguire la riforma delle concessioni balneari. Una questione non ancora risolta, che sarà nuovamente oggetto di scontro nelle aule parlamentari, ma che se non risolta rischia di rendere molto meno credibile il ddl concorrenza.
Un mix di riforme da attuare rispettando rigorosamente i tempi, e di fiducia. A Genova Draghi ha iniziato il suo viaggio per l'Italia che dà seguito e valorizza il lavoro fatto con il Pnrr e per mercoledì è fissata la visita ai laboratori del Gran Sasso. «Il miracolo» avvenuto con il varo della riforma del Csm, come lo ha definito la ministra Maria Stella Gelmini, è quindi destinato a ripetersi. Un po' come quello di San Gennaro. Sempre che i partiti decidano di restare nell'ampolla.

Ultimo aggiornamento: 16:29 © RIPRODUZIONE RISERVATA