Draghi, il piano: unire dal Pd alla Lega. Conte rifiuta ruoli nel nuovo governo

Giovedì 4 Febbraio 2021 di Marco Conti
Draghi, il piano: unire dal Pd alla Lega. Conte rifiuta ruoli nel nuovo governo

Le contorsioni dei partiti all'appello di Sergio Mattarella, raccolto ieri mattina da Mario Draghi, sono appena iniziate.

Il perimetro della maggioranza è il problema non risolto e che agita i sonni di Zingaretti che cerca in tutti i modi di tenere al proprio fianco i partiti che hanno sostenuto il governo Conte, grillini in testa. Obiettivo dei dem è quello di garantire a Draghi i numeri senza allargare troppo a destra, in modo da poter imporre anche un pacchetto, seppur ridotto, di ministri.

L'adesione di Forza Italia all'esecutivo-Draghi è auspicata dai dem per arrivare a quella maggioranza Ursula inseguita per il Conte-ter, ma l'arrivo della Lega di Matteo Salvini è ormai data per scontata e non solo perché l'ex governatore ha da anni un buon rapporto con Giancarlo Giorgetti, ma perché il Carroccio vuol dire la sua sul Recovery Plan.


I paletti

Ed è sull'arrivo della Lega in maggioranza, non con l'astensione promessa da Giorgia Meloni e FdI, che la voglia di dem e grillini di comporre un esecutivo politico potrebbe schiantarsi e aprire la strada a quell'esecutivo tutto tecnico che è un po' la speranza del premier incaricato. Draghi va a caccia di una maggioranza più ampia possibile e non sarà certo lui a porre paletti. Tantomeno a escludere la presenza di esponenti politici. Ma se il recinto della maggioranza include, oltre a Forza Italia anche la Lega, votare un governo con ministri del Carroccio potrebbe risultare indigeribile e convincere i dem a preferire i tecnici o quantomeno a scolorire il più possibile l'area di appartenenza.

Anche i 5S chiedono un esecutivo politico e quindi la presenza di ministri provenienti dal Movimento. L'obiettivo è quello di tener dentro Luigi Di Maio e Alfonso Bonafede, mentre sembra escluso un coinvolgimento di Giuseppe Conte. Il presidente del Consiglio continua a restare barricato a Palazzo Chigi intento, con il suo staff, a smentire illazioni e veline provenienti da ogni parte. 


Conte ha incontrato per quasi un'ora il suo possibile successore. Al termine del colloquio non è filtrato da palazzo Chigi neppure un saluto o un in bocca al lupo. Riservatezza o, piuttosto, la speranza di Conte che - come sostengono le malelingue - Draghi non riesca a presentarsi al Quirinale con una maggioranza certa e che quindi Mattarella venga costretto a convocare elezioni a breve lasciando l'avvocato a palazzo Chigi. Salvini ieri sera, parlando a La7, si è mostrato particolarmente morbido nei confronti del presidente del Consiglio incaricato definito «persona assolutamente di spessore» al quale «non andiamo a porre condizioni».

Video


D'altra parte i partiti, seppur usciti sconfitti perché incapaci di trovare un filo comune per assicurare al Paese un governo, sono convinti che Draghi resterà a Palazzo Chigi il tempo strettamente necessario per permettere al Paese di uscire dalla pandemia e di presentare a Bruxelles un Recovery Plan più dignitoso delle ultime due versioni. Terminato il compito, Draghi è pronto a farsi da parte. A meno che i partiti non decidano di indicarlo come successore di Mattarella al Quirinale.


In attesa degli incontri con Draghi, dai quali sarà comunque difficile capire subito in che direzione intende muoversi, i partiti alzano una cortina fumogena. Nel M5S alcuni big sostengono che per far virare verso il sì i grupponi a cinquestelle serve un esecutivo politico. Motivazione sufficiente se non fosse gestita dagli stessi che vorrebbero entrare o rimanere nel governo.

Analogo ragionamento si coglie al Nazareno dove si va a caccia della conferma per i ministri Franceschini, Guerini, Gualtieri e Boccia. Anche Leu insiste con Federico Fornaro a blindare la maggioranza del Conte2 che rischia invece di saltare se i grillini dovessero spaccarsi e lo stesso Conte - tradendo forse la sua storia personale - decidesse di infoltire la truppa dei dissenzienti alla Di Battista. In attesa di un possibile voto sulla piattaforma Rousseau, anche l'ala governativa del Movimento si divide e riappare l'antica dicotomia-politica tra Conte e Di Maio giocata, paradossalmente, in quel recinto europeista disegnato dal Pd. Anche se - comunque vada - per i dem sarà difficile dire no a Draghi giustificandolo con la voglia di non voler unire i propri voti a quelli di Salvini.

Ultimo aggiornamento: 13:43 © RIPRODUZIONE RISERVATA