Embargo petrolio russo, Draghi ottiene garanzie. «Non ci saranno squilibri». E su Putin: non deve vincere

La deroga sul petrolio per alcuni Paesi è temporanea: assicurata equa concorrenza

Lunedì 30 Maggio 2022 di Alberto Gentili
Draghi: «Italia d'accordo su sanzioni Ue alla Russia, purché non ci sia squilibrio tra stati membri»

Non piaceva a Mario Draghi lo schema dell’embargo a tappe all’import del petrolio russo. Dal 2033 per quello che arriva in Europa via mare e poi, senza dire fino a quando durerà questa deroga, stop anche all’oleodotto Druzhba che serve Ungheria, Germania e Polonia e i Paesi dell’Europa centro-orientale. Così al Consiglio europeo, dopo un trilaterale con il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz, Draghi aveva scandito un altolà: «Le eccezioni devono essere temporanee, non si devono creare squilibri tra gli Stati europei».

E, a notte, il premier italiano ha ottenuto le garanzie richieste: le regole del «mercato unico Ue» e della «concorrenza equa» verranno fatte rispettare. In più, vengono garantite «solidarietà tra gli Stati membri» e «condizioni di parità».

L’altro messaggio forte lanciato da Draghi agli alleati: «La crisi alimentare va assolutamente sventata. Va bene l’impegno dell’Onu, ma dobbiamo accelerare. Se non lo facciamo, rischiamo di arrivare tardi», con la morte per fame di «milioni e milioni di persone» in Africa e nei Paesi più poveri.Proprio del blocco del grano ucraino, Draghi ha parlato nel vertice con Macron e Scholz. Il premier viene descritto «particolarmente allarmato» per la «gravità di questa emergenza». E ritiene, al pari del cancelliere tedesco e del presidente francese, che proprio questo tema potrebbe essere il terreno su cui provare ad avviare un confronto tra Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky. Tant’è che la scorsa settimana prima Draghi, poi Macron e Scholz, hanno telefonato al presidente russo per chiedergli di sbloccare le esportazioni di frumento che rischia di marcire nei silos ucraini. E di impegnarsi a non attaccare il porto di Odessa se dovesse essere sminato, per far partire le navi cariche di grano. Un tema sollevato, durante il videocollegamento con il vertice Ue anche da Zelensky: «È una questione urgente, fate presto».

Parole rilanciate da Draghi durante il Consiglio Ue: «Dobbiamo vincere la battaglia sulla sicurezza alimentare. È anche un modo per mostrare ai Paesi più poveri, ad esempio in Africa, che siamo dalla loro parte». E provare a strappare gli Stati africani dall’influenza di Russia e Cina. «L’Onu», ha aggiunto il premier, «può giocare un ruolo importante per risolvere la crisi alimentare, ma abbiamo il dovere di chiederci come possiamo aiutare. Dobbiamo accelerare, se non lo facciamo rischiamo di arrivare tardi». Parole che fanno intendere che l’impegno diplomatico di Draghi, in asse con Scholz e Macron, continuerà parallelamente all’iniziativa dell’Onu. Ma senza «trovate improbabili», dice una fonte diplomatica, «come la missione navale europea» nel Mar Nero e nel Mar d’Azov.

 

Draghi ha poi ribadito, collegando l’analisi alla crisi alimentare e alla necessità di portare avanti la “diplomazia del grano”, che è «essenziale che Putin non vinca questa guerra». Allo stesso tempo «dobbiamo chiederci se può essere utile parlargli. Sono scettico dell’utilità di queste telefonate, ma ci sono ragioni per farle: queste conversazioni dimostrano che è Putin a non volere la pace. Il confronto con Putin è necessario per risolvere il problema del grano, della sicurezza alimentare. Il rischio di una catastrofe alimentare è reale: e se non ci sarà una soluzione, dovrà essere chiaro che la colpa è di Putin».

Ma torniamo all’embargo del petrolio russo che rischiava di creare disparità all’interno dell’Unione europea e di far saltare il “level playing field” (la parità di condizioni, pilastro del mercato unico). Perché se è stato fissato l’inizio dello stop alle esportazioni via mare dal 2023 (l’Italia riceve solo in questo modo il petrolio russo), riguardo alla continuità di erogazione dell’oleodotto Druzhba c’è soltanto un vago riferimento alla temporaneità dell’eccezione. «Dobbiamo mantenere unità sulle sanzioni. L’Italia è d’accordo sul pacchetto, purché non ci siano squilibri tra gli Stati membri», aveva avvertito Draghi. Traduzione: possiamo accettare che Ungheria, Polonia, Germania etc, continuino a importare petrolio russo, ma andrà fissato un termine. Non si devono creare vantaggi per alcuni e svantaggi per altri. Cosa che nell’accordo finale l’Italia, insieme a Francia, Belgio, Lussemburgo, hanno ottenuto.

LE CONDIZIONI PER LA PACE

Draghi ha inoltre avvertito i partner europei che «deve essere l’Ucraina a decidere che pace vuole. Se l’Ucraina non è d’accordo sui termini, la pace non può essere sostenibile». Concetto ripreso da quanto detto l’11 maggio a Joe Biden durante l’incontro con il presidente americano alla Casa Bianca. E ciò significa che non si potrà forzare Zelensky ad accettare una pace che veda la rinuncia a gran parte del Donbass e dei territori occupati dai russi. Infine, forte del fatto che l’Italia è considerata in Europa un esempio sul fronte della diversificazione degli approvvigionamenti energetici grazie agli accordi stretti con Algeria, Qatar, Mozambico, Angola, Azerbaijan, etc. Draghi ha rilanciato la necessità che tutti i Paesi Ue seguano l’esempio italiano: «Non possiamo immaginare che dopo il conflitto la nostra politica energetica tornerà come prima. Quello che è successo è troppo brutale. Dobbiamo muoverci ora per cambiare i nostri fornitori di energia nel lungo periodo». Nella notte, la battaglia per difendere il “tetto al prezzo” del gas, l’ormai famoso price cap.

Ultimo aggiornamento: 31 Maggio, 01:25 © RIPRODUZIONE RISERVATA