Decreto migranti, il Colle blocca l'automatismo denuncia-espulsione

Giovedì 4 Ottobre 2018 di Marco Conti e Sara Menafra
Decreto migranti, il Colle blocca l'automatismo denuncia-espulsione
Annunciato più volte come varato, il decreto sicurezza, che tanto a cuore sta al ministro dell'Interno Matteo Salvini, è ancora fermo al Quirinale e non è stato emanato ieri, come invece aveva annunciato alla Camera il responsabile del Viminale. «Conto di avere buone notizie entro oggi e chiudere il percorso e che tutti abbiano firmato quello che devono firmare, quindi che anche il Quirinale abbia dato il suo ok», sosteneva ieri mattina Salvini.

L'ARTICOLO 10
Secondo quanto sostengono alcuni parlamentari del Carroccio e del M5s, i punti ancora da risolvere sarebbero sostanzialmente un paio e legati all'automatismo tra l'eventuale reato commesso dal migrante e la sospensione del procedimento per il riconoscimento della protezione internazionale. La formula, contenuta nell'articolo 10 della bozza, era già stata oggetti di una prima revisione subito prima dell'invio al Colle. Già in quel passaggio, la scorsa settimana, il meccanismo è stato affievolito: nel testo arrivato al Quirinale l'indagato viene ascoltato dalla commissione che valuta i permessi di soggiorno, prima della decisione definitiva. Resta però in piedi l'idea che possa essere espulso, previo parere della commissione, sulla base di una semplice denuncia e senza ulteriori accertamenti. Stando alle indiscrezioni di ieri, questa parte ora dovrebbe essere ulteriormente rivista e ammorbidita.
Salvini rivendica che il meccanismo dell'automatismo resterà. Ieri l'ha ribadito in occasione dell'arresto di alcuni migranti sorpresi a Savona a spacciare droga: «Con le nuove regole del mio decreto sicurezza questi maledetti spacciatori verranno rispediti al loro Paese! La pacchia è finita». Finirà sicuramente così, ma non è chiaro ancora quale potrà essere la formula che unisca la sua ipotesi e la presunzione di innocenza, in particolare per i semplici denunciati.
LE TENSIONI
Problemi il testo del decreto sicurezza ne ha avuti molti, tanto da essere oggetto di un costante lavorio da parte degli uffici legislativi del Viminale su suggerimento dei colleghi del ministero di Giustizia, di Palazzo Chigi e del Quirinale. «È il testo più condiviso, più modificato della storia di questo Governo», ha ammesso Salvini. Qualcosa deve però essere sfuggito, come sembra evidente dall'analisi in corso in queste ore. Difficile dire come finirà perché se i nodi vengono considerati importanti sotto il profilo della tenuta costituzionale del decreto, il testo potrebbe essere rinviato al governo allegando i motivi che ne sanciscono la criticità. Tanto più che in realtà, come chiariscono dal Colle, c'è un ulteriore punto dolente a proposito dell'eliminazione del permesso umanitario dalle forme di protezione previste per i rifugiati.
LE STRADE
Le formule per correggere il testo sono anche loro tema di grande attenzione politica. La strada più semplice, che più piace al Quirinale perché eviterebbe tensioni esplicite, prevede che gli aggiustamenti vengano scritti di fatto dagli uffici del Quirinale. Il presidente Mattarella firmerebbe il testo, ovvimente concordato con il Viminale, evitando uno scontro esplicito. L'altra strada, più formale, segnereble la contrapposizione tra le due istituzioni. Un no alla firma che obbligherebbe il ministro Salvini a correggere il testo per poi riproporlo al consiglio dei ministri e di nuovo all'attenzione del presidente della Repubblica. Questo secondo percorso, di scontro palese, potrebbe anche portare ad un voto del parlamento. Difficile, però, che con la nota di aggiornamento al Def ancora in discussione, il governo voglia arrivare allo scontro. Dunque, la trattativa continua.

 
Ultimo aggiornamento: 13:01 © RIPRODUZIONE RISERVATA