L'ultima finestra del voto d'autunno

Venerdì 19 Luglio 2019 di Alberto Gentili
L'ultima finestra del voto d'autunno

Nelle ore in cui Matteo Salvini da Hensinki apriva di fatto la crisi di governo (salvo frenare in serata: «La riflessione è per la prima volta aperta, non c'è però ancora una decisione»), Giancarlo Giorgetti è andato in esplorazione da Sergio Mattarella. Ufficialmente per spiegare le ragioni della sua rinuncia all'incarico di commissario europeo. In realtà, anche per avere garanzie dal capo dello Stato. Con una richiesta semplice che è suonata più o meno così: Presidente, se cade il governo ci manderà a elezioni?. La risposta di Mattarella è stata altrettanto semplice ed è stata di questo tenore: Non dipende da me, se si creasse una maggioranza alternativa non potrei sciogliere il Parlamento. Di certo, non mi metterò a brigare, potete starne certi.

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Per avere ulteriori rassicurazioni anche Salvini, questa mattina, era dato in visita al Quirinale. Ma sia il Colle che l'entourage del leader leghista hanno smentito. Di certo, per mostrare plasticamente la distanza che ormai lo separa dal premier Giuseppe Conte e dal presunto alleato Luigi Di Maio («ormai manca anche la fiducia personale»), Salvini ha già annunciato che diserterà il vertice sull'autonomia differenziata (che tanto gli sta a cuore) e il Consiglio dei ministri.

Soprattutto il capo leghista ha avviato il pressing sul capo dello Stato: «Se cade questo governo ci sono solo le elezioni, sperando che non ci siano maggioranze raccolte sul marciapiedi perché qualcuno non vuole mollare la poltrona. Mattarella? C'è un presidente che è garante del fatto che questo rimanga un Paese democratico». Traduzione: un Paese dove governa chi ha vinto le elezioni e non chi arriva a palazzo Chigi attraverso trame di palazzo. E' seguita un'indicazione del timing: «Non è vero che la finestra elettorale si chiude domenica, la finestra è sempre aperta». Della serie: si può votare anche a ottobre, in piena sessione di bilancio.
Su quest'ultimo punto, il capo dello Stato ha parecchio da ridire: evitare l'esercizio provvisorio, e dunque non andare al voto durante la sessione di bilancio, è sempre stato il suo imperativo. E ritiene che sia interesse pure di M5S e Lega scongiurarlo, anche perché porterebbe a un aumento automatico dell'Iva che ricadrebbe sulle spalle dei due partiti.

MAGGIORANZE IMPOSSIBILI
Ma se Salvini dovesse aprire la crisi anche in pieno agosto e se, com'è praticamente scontato, il segretario dem Nicola Zingaretti rifiutasse di formare un governo con i 5Stelle («cambierebbe il gruppo parlamentare e manderebbe a casa i renziani...», tifano i leghisti), il Presidente non potrebbe impedire il precipitare verso le elezioni in piena sessione di bilancio, considerando il suo ruolo di arbitro. E il suo stile molto distante dall'interventismo di Giorgio Napolitano e Oscar Luigi Scalfaro.
Ciò detto, l'indicazione del Colle - dove le luci ieri sera sono rimaste accese fino a tardi - suona più o meno così: Se crisi deve essere, si apra allora subito. Entro il week end, per consentire di indire le elezioni nell'ultima domenica di settembre. Ed evitare il trascinarsi di una crisi strisciante che paralizza il Paese e potrebbe innescare nuove tempeste sui mercati finanziari.
Una posizione che rassicura Salvini. Strema e irrita Conte, stanco di restare a bagnomaria: «Se nelle prossime ventiqua ttr'ore non ci sarà un chiarimento tra Di Maio e il capo della Lega la crisi sarà inevitabile». E terrorizza il leader 5Stelle che, ascoltando il consiglio del premier, tramite un mediatore ha chiesto per oggi un incontro con Salvini: «Se i due si vedranno, vorrà dire che si andrà avanti. Se Matteo rifiutasse di vedere Luigi, non ci saranno più speranze».

I SEGNALI DI GUERRA
In realtà, le speranze del governo giallo-verde ormai sono al lumicino. Al di là delle dichiarazioni violente del capo leghista («M5S vuole fare il governo con il Pd», «sono stanco di stare al governo con chi mi insulta»), Salvini ha già avviato una campagna sui canali social della Lega in cui Di Maio è ritratto assieme ad Angela Merkel, Matteo Renzi ed Emmanuel Macron a riprova «del tradimento compiuto votando la von der Leyen per una poltrona».
Eppure, dopo aver innescato la guerra nucleare, in serata Salvini ha frenato. «Matteo non sta chiedendo la crisi e non lavora per rompere», hanno fatto sapere dal suo entourage, «aspetta di vedere se arriva qualche sì, ad esempio sull'autonomia, e se la smettono di attaccarci su Mosca».
Un alto esponente del Carroccio ha spiegato a spiegare così il sussulto di prudenza: «Premesso che il Russiagate è una balla, per Salvini è meglio tenersi lo scudo del Viminale piuttosto che andare nudo a elezioni.
Eppoi, sarebbe una campagna elettorale difficile, con i 5Stelle che cavalcherebbero la questione morale e ci accuserebbero di essere amici di Putin e non degli italiani». Discorso, quest'ultimo, che lascia il leader perplesso: «Io vedo i sondaggi che ci danno ancora in crescita, la gente è con me».

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