Crisi di governo, governo politico o voto: da oggi al Colle consultazioni lampo

Mercoledì 21 Agosto 2019 di Mario Ajello
Giuseppe Conte

Una cerimonia degli addii, che è una rissa. Se Salvini avesse avuto tra le mani il crocifisso di legno - quello con cui si è fatto immortalare prima di entrare nell’aula del Senato - e non il solito rosario che bacia più volte, lo avrebbe schiacciato sulla testa pettinata di Conte al suo fianco. Mentre quello in cravatta rossa (socialdemocratico è diventato di colpo?) sparava giudizi spettinati che neppure la pochette è riuscita ad avvolgere in quel bon ton borghese che è classico dell’«avvocato del popolo» diventato pm anti-Matteo. Che per lui ormai non è niente di più e niente di meno che un agit-prop con mojito in mano e pancia all’aria.

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Un tipico esponente dell’Italia alle vongole, mentre lui ha voluto esibirsi come l’incarnazione della decenza anti-barbarica. «Sei pericoloso» dice il premier uscente (e Salvini alza gli occhi al cielo), «sei totalitario» (e Salvini fa di no con il dito), «sei irresponsabile» (e Salvini fa di no con la testa), «non hai chiarito sulla vicenda dei russi» (e Salvini fa la faccia feroce ma si vede che è un leone stanco), «sei un irresponsabile» (e Salvini se la ride), «sei incosciente nell’uso dei simboli religiosi» (e Salvini estrae il rosario e lo accarezza come sempre). Il premier-pm fa la sua requisitoria e l’accusato bofonchia: «Come mai in questi mesi mi ha sempre allisciato e ora mi odia? Che ipocrisia...». Ma ad addolcire la scena c’è Di Maio seduto lì in mezzo che guarda Conte che s’avventa su Salvini e sbattendo le ciglia: «Giuseppe è una perla rara».

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GUARDIASPALLE
Se ci fossero davvero le perle, se le tirerebbero addosso leghisti e grillini. Questi ultimi, pur di non far sedere sui banchi del governo i neo-nemici, dimostrandogli che l’esecutivo ormai è cosa loro anche se non c’è più, arrivano per primi e occupano tutti i posti. Solo Salvini conquista il proprio, ma parlerà dai banchi della Lega diventati il primo pulpito di piazza da campagna elettorale già cominciata, sia pure in assenza di urne, e la Bongiorno, Centinaio e gli altri ministri e sottosegretari si piazzano in piedi dietro di lui. Per fargli da corazza e da guardiaspalle. Anche perché sembra accerchiato dai «nuovi inciucisti», così li chiamano i lumbard, il Capitano. Grillini e piddini - non più Pidioti e neppure Pduisti ma nuovi compagni di strada - alla buvette pasteggiano insieme, si appartano per conciliaboli sul futuro (Cencelli in giallo-rosé?) dopo essersi spellati le mani all’unisono per il Compagno Conte.

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E sotto l’immagine di Cavour, nella seconda anticamera davanti all’ingresso dell’aula, due sottosegretari del Mise uscenti (il grillino Cioffi e il leghista Geraci) celebrano così la cerimonia degli addii: «Adesso dobbiamo separarci, che dispiacere...». «Ma la spilletta di Alberto da Giussano su tuo bavero però non mi è mai piaciuta, te la potevi togliere», dice il pentastellato. E l’altro: «Ci rimpiangerete... E vi toccherà la Boschi». Cioffi: «Eh, no, se arriva la Boschi torno a fare l’ingegnere!». E poco più in là Giorgetti infierisce su Di Maio: «Luigi, buona fortuna con Renzi... ». 

 



L’aula intanto è una bolgia. «Sei preoccupante quando chiedi i pieni poteri e invochi le piazze», incalza il pm nella sua arringa. E ancora: «Su Moscopoli avresti dovuto chiarire in aula e mi avresti dovuto informare di cose che sai». Applausi da parte dei dem e Salvini li indica sarcasticamente e sembra sussurare al nemico che gli sta accanto e lo sta subissando di accuse: «Vi meritate di stare con quelli lì...». E giù smorfie sarcastiche di Matteo, sorrisetti beffardi, occhi al cielo, ciglia alzate polemicamente. Fa il sornione, l’ironico e l’affranto. Quando Conte finisce il j’accuse - oltre a dargli dell’anti-cristiano gli ha detto anche che è un anti-italiano: «Hai fatto scelte controproducenti per l’Italia» - tutti in piedi i ministri grillini ad abbracciarlo, Salvini gelido resta seduto, poi i due confabulano un attimo ma il gelo è assoluto anche se l’aula è infiammata.

I tecnici Tria e Moavero uno strapuntino sono riusciti faticosamente a conquistarlo al banco del governo, ma sembrano invisibili: cancellati e avviliti dalla guerra giallo-verde, anche di religione. Quando Salvini nel suo discorso cita «il cuore immacolato di Maria», un dem grida «facci vedere le stimmate!» e i leghisti ultra-cattolicissimi Fontana e Pillon sventolano a loro volta il rosario. Con la presidente Casellati - molto contestata perché doveva parlare 10 minuti Salvini e invece lei: «Mi correggo, sono 20 i minuti a sua disposizione» e il Pd insorge: «Arbitro venduto!» - che prova a dire: «Non è consentito in aula esporre simboli religiosi». «Io ce l’ho sempre in tasca il rosario, e non è reato», sta dicendo intanto a tutti Salvini. E si rammarica: «Però quando Conte è andato da Vespa a fare il tifoso di Padre Pio io non ho detto niente, non è giusto che lui mi attacchi sulla fede...». 

IL CORO
Sembra di essere finiti in una chiesa-stadio, in un confessionale dove si fa a botte, dentro un libro da messa dove sono nascoste le pistole. E questo in un Paese dove la laicità del dibattito pubblico pareva acquisita e invece no. Il cesaropapismo trionfa all’amatriciana, perché quello vero nessuno sa che cos’è. Ma occhio, c’è Renzi che contesta Salvini (che a fargli da scudo oltre al corpulento sottosegretario Durigon ha chiamato l’anima di San Giovanni Paolo II) si è fatto scudo oltre che con tramite il Vangelo secondo Matteo: «Avevo freddo e mi avete accolto, avevo fame e mi avete sfamato...». Una guerra di valori, anche: e Renzi, sempre più leader parlamentare, si propone come anti-Salvini davanti al Paese. Noi gli umanitari, loro gli inumani: questo il suo format. Io il popolo e voi il Palazzo, questo il contro-format di Salvini. 

«E anche oggi Salvini si dimette domani», recita uno dei cartelli alzati in aula dal dem Faraone. Che coindice perfettamente con quanto dice Conte nella replica: «Ho il coraggio che manca a Salvini e vado dimettermi». Io uomo, lui coniglio e non Capitano: ecco! Intanto suo discorso Salvini l’ha fatto dai banchi leghisti, piazzato tra Calderoli e Bagnai e parte un grido: «Guarda che quelli non sono due cubiste del Papeete!». E non c’è neppure in quest’aula l’Inno di Mameli versione tecno-spiaggia, ma solo il coro del Tutti Insieme Contro Salvini. Dirige il maestro Conte e steccano in tanti.

Ultimo aggiornamento: 11:58 © RIPRODUZIONE RISERVATA