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Crisi di governo, «Patto con tutti i partiti»: Grillo e la trasformazione di M5S

Politica
Giovedì 14 Gennaio 2021 di Mario Ajello
Crisi di governo, «Patto con tutti i partiti»: Grillo e la trasformazione di M5S
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E' la nemesi del grillismo. E racconta della trasformazione dei più irriducibili combattenti anti-casta nei più affezionati tutori della stabilità del Palazzo (non dovevano aprirlo come una scatoletta di tonno?), della governabilità, del ministerialismo e delle larghe intese. Loro, che per ordine di Casaleggio padre sono nati e cresciuti nel culto delle anti-alleanze, adesso applaudono Grillo che è tornato in campo come gli capita sempre nei momenti cruciali e ha dettato la nuova linea degna del più antico partitista pacato, responsabile e forse lungimirante. Di sicuro non travagliesco né sovversivo e diverso dai toni muscolari e di rottura usati l'altro giorno da Conte. Insomma: «Serve un patto tra tutti i partiti costruttori» (mattarelleggia l'ex capo comico) «per il bene comune dell'Italia». Caspita che svolta! E verrebbe da dire finalmente.

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IL MANZONIANO
Era Beppe quello che, agli albori della rivoluzione diventata ora il passato di un'illusione, gridava così sui palchi dei Vaffa-Day contro il Palazzo: «Arrendetevi, siete circondati!». Ed è neo-Beppe quello che, in nome del manzoniano «Sopire, troncare, padre reverendo: troncare, sopire...», polemizza non solo contro Renzi ma anche contro le escandescenze cattiviste di Conte e si trasforma nel parroco dell'ecumenismo che forse è quello che serve in una fase di combattimento tanto truce: «Nessuno cerchi scuse o pretesti, per sottrarsi a questa grande responsabilità di lavorare all'unisono e nessuno faccia in questo momento biechi calcoli elettorali sul proprio futuro». Né Renzi ma neppure Conte se è vero che ha depositato il logo del suo nuovo partito, Insieme, e che non sarebbe una scelta condivisa, tutt'altro, da Beppe. Il quale ci tiene comunque a precisare, dopo la sua uscita da padre della patria: «E' sottinteso che il governo da fare sarà quello di Conte».
Ma visti i toni, da grande abbraccio per mettere in salvo i destini nazionali, lo stesso discorso di Grillo potrebbe valere per un governo Draghi o chissà. E comunque Beppe sembra diventato una specie di Pier Ferdinando Casini, ed è meglio così che nella sua versione urlante. Siamo alla metafora dell'incendiario che si fa pompiere. Ma la nemesi sembra riguardare non solo lui. Basti pensare che ieri, in Senato, mentre molti grillini sbandieravano idealmente la nuova bandiera del movimento diventato iper-partitista e così ritoccata (al posto delle 5 stelle brillanti ci sono 5 volti di Mastella bene auguranti), le chiacchiere erano di questo tipo: «Ah, se ci desse una mano anche il buon Cesa con i suoi tre eletti a Palazzo Madama. E' un amante del Sud, e ha un gran senso così profondo della patria...». Il Beppe «costruttore», tondeggiante e rassicurante («L'Italia ha bisogno di tutti» e magari arrivassero anche le troppe mastellate da Ceppaloni a salvare il governo che c'è o a rafforzare quello che potrebbe esserci), è in linea con il bisogno dei suoi di placare le acque.


LE SOTTIGLIEZZE
E' subentrato lo stile felpato di cui da tempo Di Maio - che Grillo vuole di nuovo capo politico M5S - è esponente sperimentato. E la maniera sottile con cui Di Maio si è mosso in questa fase ne è una riprova. Lui di cui i colleghi di partito in queste ore dicono: «Con qualsiasi schema di governo che ci sarà, Luigi vince. Conte Ter con i Responsabili? Lui torna a fare il cartiere perché parla con tutti e fa gioco di sponda, via Letta, con Forza Italia. Stessa maggioranza rossogialla e con un altro premier? Lui sarebbe inamovibile alla Farnesina e in più senza più Conte fingerebbe da one man show nel teatro pentastellato. Governo tecnico con Draghi? Di Maio cavalcherà la ricostruzione dei partiti e da leader 34enne gestirà i due anni di campagna elettorale fino al voto del 2023». Chissà. Per ora il grillismo in modalità moderatona e con Beppe versione Jovanotti («Una sola grande chiesa con Che Guevara e Madre Teresa») è quello che sarebbe pronto ad abbracciare, insieme alla Binetti e a D'Alema, ai più antichi consiglieri di Zinga e a qualsiasi reincarnazione di Scilipoti, perfino Maria Elena Boschi: la detestatissima ex «Maria Etruria», se si dovesse arrivare a un nuovo accordo con Italia Viva.
La nemesi insomma si porta via la schizzinosità paleo-grillina. E il Dibba aveva avvertito: «Finiremo come l'Udeur».

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Ultimo aggiornamento: 15:24 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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