Le crepe nel governo, ma è difficile immaginare un'altra maggioranza

Sabato 25 Maggio 2019 di Marco Conti
Le crepe nel governo, ma è difficile immaginare un'altra maggioranza
Al netto dell'annunciatissimo sorpasso della Lega sul M5S è probabile che il saldo per la maggioranza possa uscire positivo dal voto di domani. Il test elettorale arriva dopo solo un anno di governo, quando alcune promesse della campagna elettorale del 2018 non sono ancora svanite, anzi, se ne sono aggiunte altre.

LA VISTA
E' quindi possibile che lunedì potremmo avere a che fare con un risultato complessivamente positivo per la maggioranza non tanto per quanto fatto, ma per quanto ognuno dei due leader ha promesso di fare. Qualora dovessimo assistere ad un voto che certifica un travaso di consensi interno alla maggioranza, ad una percentuale che non stravolge il saldo del 2018, e ad uno schieramento di opposizione non in grado nei numeri di rappresentare un'alternativa, il più felice sarà ovviamente il presidente del Consiglio Giuseppe Conte il cui ruolo, in queste ultime e concitate settimane di campagna elettorale, è stato più volte messo in discussione. Essere però presidente del Consiglio non di una maggioranza politica, ma di una coalizione messa insieme da un contratto, non permetterà a Conte di festeggiare troppo.

Se lo scrutinio di domani notte confermerà la media delle previsioni dei sondaggisti, avremo infatti un vicepremier che esulterà per il grande balzo e un altro che dovrà forse spiegare la perdita di consensi. Oppure, un vicepremier al quale verrà imputato di non aver ripetuto l'exploit del Pd del 2014 e un altro che verrà ringraziato - soprattutto dai suoi - per aver invertito una tendenza che solo poche settimane sembrava inarrestabile. Conte, che Costituzione alla mano non svolge un ruolo di garanzia ma ha ricevuto la fiducia dal Parlamento, lunedì avrà il non facile compito di convincere i suoi due vice che la campagna elettorale è chiusa. Obiettivo molto complicato, specie se, per risolvere questioni delicate, la minaccia di andarsene con il pallone fosse ancora lo strumento preferito da uno per piegare l'altro.

La tentazione potrebbe essere forte nella Lega, visto che Salvini soffre la pressione del Nord e di molti suoi colonnelli che sostengono di non soffrire più l'alleato pentastellato. Ma far saltare il tavolo, e portare il Paese ad elezioni anticipate non è mai stato facile e indolore per chi le provoca. Soprattutto se alla base della maggioranza c'è un contratto messo nero su bianco, dove è quindi un po' più semplice individuare chi è venuto meno all'impegno. Arrivare ad una rottura, magari a ridosso della elaborazione della legge di Bilancio, rischia di essere politicamente ancor più impegnativo e di deludere buona parte di quell'elettorato che, pur nel travaso di consensi, hanno confermato i numeri della maggioranza.

Archiviare le ruggini della campagna elettorale e la voglia dei vincitori di far pesare il voto europeo sul piano nazionale, non sarà semplice. Il rimpasto non interessa a nessuno anche perchè in arrivo ci sono le poltrone europee e quelle nelle più importanti società partecipate del Paese. Le tensioni di questi ultimi giorni non sono destinate a sparire già lunedì, come vorrebbe il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e si augura Giancarlo Giorgetti che ieri, sempre a lunedì, ha rinviato la questione delle sue presunte dimissioni. I due vicepremier dovranno chiarirsi su molte questioni e riattivare la chat a tre con Conte, ma - salvo inaspettati cataclismi elettorali - è complicato, per Di Maio e Salvini, immaginare un'alternativa all'attuale assetto.

LE ALTERNATIVE
Il leader della Lega ha più volte spiegato che un risultato positivo alle Europee e il fatto di risultare magari il primo partito italiano, rafforza la voglia e la responsabilità del Carroccio nello stilare le priorità di governo che passano soprattutto dalla legge di Bilancio. Al tempo stesso ha sostenuto che non intende assumersi l'onere nè con FI e il vecchio centrodestra e tantomeno con il Pd. Non resta, quindi, che il M5S. Magari azzoppato. Magari preda di qualche convulsione interna, ma Salvini è convinto che alla fine potrà ottenere di più dalla prima fila di governo grillina - quasi tutta a termine di mandato - che dai vecchi partiti del centrodestra che continuano a corteggiarlo ricevendo una serie di no.
 
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