Covid, il ministro Boccia: «Sempre pronti a chiudere a zone, il Paese non sottovaluti il virus»

Domenica 12 Luglio 2020 di Simone Canettieri
Covid, il ministro Boccia: «Sempre pronti a chiudere a zone, il Paese non sottovaluti il virus»

Ministro Boccia, vuole lanciare un appello affinché il centrodestra voti a favore del prolungamento dello stato d’emergenza?
«Non serve alcun appello».
E perché
«Tanti elettori di centrodestra sanno che è un atto dovuto proposto dal Governo che ha messo in sicurezza sanitaria il Paese. Così come ci sono tanti amministratori e governatori di centrodestra che comprendono benissimo i meccanismi di governo della cosa pubblica. Lo stato di emergenza è la nostra Arca di Noè».
Addirittura?
«L’Arca fu costruita prima del diluvio e non dopo. L’Italia è oggi un modello nel mondo sulla protezione della salute e della vita. Fino a quando il Covid19 sarà in circolazione potranno sempre servire misure eccezionali per lavoratori, imprese, sanità, scuola e per ogni comparto su cui governo, regioni ed enti locali sono chiamati a dare risposte quotidiane. Ho fiducia nel senso di responsabilità dell’opposizione».

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Ma la Lega dice: è un modo per il governo per rimanere attaccato alla poltrona e parla di Stato di polizia.
«Salvini ha difeso, dal suo punto di vista legittimamente, l’azione di alcuni governi europei diciamo così sovranisti che non si sono limitati come l’Italia a tenersi pronti, ma hanno abolito alcune libertà fondamentali».
E’ auspicabile però che l’uso dei Dpcm sia ridotto in futuro.
«Dalla riapertura delle regioni del 3 giugno scorso l’uso è stato ridotto quasi a zero. Il numero dei Dpcm è stato intenso solo nelle settimane più drammatiche del lockdown quando era necessario assumere decisioni immediate e per tutelare la vita. Quelle esigenze non ci sono più. Vogliamo per un attimo considerare che l’Italia è riuscita tutto sommato a uscire dall’emergenza in cento giorni grazie anche a quei Dpcm?».
In caso di ritorno del Covid, come sostiene Luca Ricolfi sul Messaggero, si dovrà iniziare a chiudere solo le regioni colpite e non tutta Italia. Guardandosi indietro non pensa che il Centro-Sud, a fronte di pochi casi, sia stato penalizzato dal lockdown visto che il 70% era al Nord?
«Sono morti italiani anche al Sud, anche se i numeri sono stati diversi. Parlare con quelle famiglie dà il senso di quanto sia stato giusto chiudere tempestivamente tutto il Paese. Ci siamo basati sulle valutazioni del comitato tecnico-scientifico, sui rischi potenziali e ci siamo assunti le responsabilità».
Ma per il futuro? 
«Oggi è diverso, ci sono strumenti e conoscenze e lo prevede già la legge in vigore che sarà possibile circoscrivere i territori in caso di crisi improvvise. Ma vogliamo uscire un secondo dall’Italia?».
Per andare?
«C’è una grande nazione dall’altra parte del mondo, dove le decisioni adottate dal presidente sono state spesso in contrasto con quelle del suo staff tecnico-scientifico. Quello che è successo è sotto gli occhi di tutti. Chi ha sottovalutato i rischi, ha fatto pagare un prezzo alto al proprio popolo. Dagli Usa al Brasile, dal Regno Unito a gran parte del Sud America».
Gli italiani stanno sottovalutando il virus nelle abitudini quotidiane?
«Sì. Hanno fatto male alcune esternazioni che per quanto fondate e non ho alcun dubbio a considerarle tale, hanno potuto influenzare la gente e far credere che sia tutto finito. A questo proposito farei parlare ogni giorno un infermiere o un medico di un reparto Covid. Vediamo se ci dice che è tutto finito».
Ha paura di una seconda ondata, da padre prima che da ministro? 
«Se l’epidemia torna a dilagare rischiamo di non poterci rialzare più. Chi non usa la mascherina nei luoghi in cui è obbligatoria o partecipa ad assembramenti è un irresponsabile. E chi lo giustifica è peggio di lui».
Cinque regioni hanno già superato il livello di guardia.
«Non ho mai smesso di essere preoccupato. Da 4 mesi mi sveglio guardando sempre gli stessi dati: terapie intensive, tasso di saturazione, contagiati, guariti e purtroppo deceduti. Il ministro Speranza sta facendo un’attentissima opera di monitoraggio, ma il calo del livello d’attenzione nei comportamenti deve preoccupare tutti. E’ come se per un attimo avessimo voluto cancellare le immagini di quei giorni. Io purtroppo non le dimenticherò mai».
A proposito di autonomia lei ha detto: terremo conto dell’esperienza del Covid. Come cambierà dunque?
«Un anno fa su quel tavolo c’erano solo 3 Regioni, ora ci sono tutte le Regioni e ci sono anche i sindaci che chiedono giustamente rispetto. Il ddl quadro si ispira alla lezione del presidente Mattarella su quanto autonomia e sussidiarietà rafforzino l’unità nazionale. Si chiede al Parlamento, a differenza del passato, di dire l’ultima parola, così come è necessario separare le materie Lep dalle altre. Il Covid ha dimostrato che solo un’alleanza fortissima tra Stato e Regioni rende grande una nazione».
Sarà un settembre complicato per il governo, tra regionali e ripercussioni economiche: le voci sulla fine dell’esecutivo sono quotidiane. Se cade Conte vede solo le urne?
«Assolutamente sì. Questa maggioranza ha un orizzonte sociale ed europeo chiaro. Questo è un Governo che ha riportato l’Italia al centro delle decisioni in Europa. L’alternativa non esiste».
Regionali, confida in un appello di Grillo per sbloccare le intese con il M5S?
«Io sostengo sin dal primo giorno che l’alleanza con il M5S è un progetto di governo sul lungo termine sulla base di molti programmi comuni. Perché non riproporre questa condivisione anche a livello locale soprattutto lì dove, come in Puglia, il mancato accordo avvantaggia la destra?».
In questa fase 3 il governo appare bloccato sui principali dossier, non può negarlo.
«Finora abbiamo affrontato la più grande emergenza della storia della Repubblica italiana. E’ chiaro che adesso ci sono anche tutti gli altri dossier, ma siamo pronti: da Alitalia, a Ilva, da Autostrade alla rete unica. Intanto il Pnr è andato a Bruxelles e il risultato degli Stati generali lo vedrete nel Recovery plan dell’autunno. Si può e si deve accelerare come chiede Zingaretti».
Intanto Di Maio ha incontrato Draghi: è inverosimile un esecutivo guidato dall’ex Bce?
«In Italia riusciamo a trovare dietrologie su tutto. Se in Germania il ministro degli Esteri incontrasse l’ex capo della Bce nessuno se ne stupirebbe. E comunque una chiacchierata con Draghi fa sempre bene».
Sala propone il ritorno delle gabbie salariali.
«La proposta non l’ho letta, ma nel 2020 e con il mondo interconnesso ormai dalla rete 5G, riproporre uno schema di riequilibrio economico sulla base dei redditi e non degli investimenti, magari in alta tecnologia, mi sembra francamente una proposta vecchia. Già oggi i salari del Sud sono già più bassi di quelli del Nord. Magari ci vediamo e ne parliamo in amicizia».
 

Ultimo aggiornamento: 13:17 © RIPRODUZIONE RISERVATA