Il Covid assedia il Nord e si sposta in provincia. Milano e Napoli meglio di Como e Caserta

Lunedì 23 Novembre 2020 di Francesco Malfetano
Il Covid assedia il Nord e si sposta in provincia. Milano e Napoli meglio di Como e Caserta

Cuneo e Verbano-Cusio-Ossola peggio di Torino. Varese, Sondrio e Como molto peggio di Milano. E comunque, il Nord decisamente più travolto dal virus rispetto al Sud. La fotografia dei nuovi contagi registrati in Italia nell’ultima settimana, tra lievi miglioramenti e cambi di colore in vista, mostra due dati fondamentali. Il primo è che, salvo pochissime eccezioni come mostra il bollettino di ieri, le nuove positività si concentrano decisamente nella porzione settentrionale del Paese (con in testa Lombardia, Piemonte, l’eccezione Campania, Veneto ed Emilia Romagna).

Il secondo e meno ricorrente rispetto al recente passato e anche alla prima ondata, è che ora a rischiare di implodere sono le province medio-piccole più che i capoluoghi della loro Regione. In pratica sono maggiormente frequenti i focolai extra-urbani.

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Il caso Firenze

E così, numeri alla mano, se ad esempio Firenze registra 55 nuovi casi per centomila abitanti, la provincia di Massa Carrara ne conta più del doppio (117). Lo stesso vale per Milano (85), superata in ordine sparso da Varese (136), Como (111), Monza e Brianza (99) e Sondrio (102). Ma lo schema è applicabile più o meno all’intero territorio nazionale (la provincia di Caserta registra 92 nuovi casi e Napoli 74; quella di Belluno 93 contro i 53 di Venezia), anche dove il contagio sta colpendo meno duramente: non solo tra Roma e Rieti è la seconda a fare peggio con 68 nuove positività ogni centomila residenti contro le 45 della Capitale, ma anche in Sardegna, dove Nuoro (73) triplica i casi registrati nel cagliaritano (24).

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Iceberg

«Lo spostamento verso aree meno densamente popolate è sicuramente uno dei fattori emersi in questa seconda ondata» spiega Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università degli Studi di Milano e componente del Cts lombardo, appellandosi ad una metafora per raccontare il fenomeno: «Bisogna infatti immaginare questa malattia come un iceberg, con una parte minore visibile e una porzione più grande di invisibile che sono gli asintomatici e i sintomatici. Se come avvenuto in estate e in parte più avanti lasciamo che sciogliendosi l’iceberg schizza un po’ ovunque, va a finire che si diffonde in modo omogeneo». In pratica «a causa del pendolarismo», limitato ma impossibile da bloccare tenendo gli uffici aperti, «si sono accesi nuovi focolai che hanno diluito sul territorio l’impatto del virus» continua Pregliasco. «Basta un pendolare che inneschi una catena di contagi familiari, responsabile del 70% dei casi, che la situazione vada fuori controllo». E se davvero lo fa, diventa anche più difficile combattere la diffusione del virus. La sanità territoriale infatti, per sua natura maggiormente frammentata, può riscontrare difficoltà differenti per tenere sotto controllo i focolai o curare tutti i pazienti.

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Sanità territoriale

«Questi numeri - spiega invece Agostino Miozzo, coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico - oltre che legandoli agli spostamenti e al pendolarismo, non sempre controllabili, vanno letti anche in relazione al fatto che le grandi città, più colpite in precedenza, hanno attivato dei meccanismi di governo e di gestione della malattia più imponenti rispetto a certi territori». In pratica le aziende locali presenti in aree meno densamente popolate hanno meccanismi meno oliati in termini di collaborazione tra loro rispetto alle diverse anime sanitarie che si possono trovare nelle città più grandi. «Città che poi spesso - conclude Miozzo - dopo uno spaesamento iniziale hanno fatto miracoli davvero enormi per abbattere i problemi a cui anche loro sono andate in contro». 

Ultimo aggiornamento: 08:55 © RIPRODUZIONE RISERVATA