Covid, i morti a Bergamo: indagati Conte e Speranza. Coinvolti anche Fontana e Gallera

A tre anni di distanza dallo scoppio della pandemia di Covid, la Procura ha chiuso l'inchiesta per epidemia colposa

Mercoledì 1 Marzo 2023 di Claudia Guasco
Covid, venti indagati per la gestione della prima ondata: ci sono Conte, Speranza, Fontana, Brusaferro, Locatelli e Borrelli

All’inizio di marzo del 2020 il Covid non era più solo un misterioso virus importato dalla Cina. Stava mietendo vittime nella Bergamasca, le proiezioni indicavano un’accelerazione del numero di contagi e delle vittime.

Ma la sua diffusione è stata sottovalutata: i mezzi dell’esercito erano pronti però la zona rossa non è stata mai istituita, l’ospedale di Alzano (un focolaio) chiuso e riaperto nel giro di poche ore, il piano pandemico non è mai stato aggiornato né applicato. A quasi tre anni di distanza la Procura di Bergamo chiude l’inchiesta: diciannove gli indagati per i reati di epidemia colposa aggravata, omicidio colposo plurimo, rifiuto di atti di ufficio. 

LE INDAGINI

Tra i nomi spiccano quelli dell’ex premier Giuseppe Conte e dell’allora ministro della Salute Roberto Speranza, indagati, le cui posizioni saranno trasmesse al Tribunale dei ministri che dovrà valutare gli atti a loro carico. Ci sono poi il rieletto governatore della Lombardia Attilio Fontana, il suo ex assessore al Welfare Giulio Gallera, il presidente del Consiglio superiore della sanità Franco Locatelli, il presidente dell’Istituto superiore di Sanità Silvio Brusaferro e il coordinatore del Comitato tecnico scientifico nella prima fase dell’emergenza Agostino Miozzo. E ancora, l’ex capo della protezione civile Angelo Borrelli, ex dirigenti del Comitato tecnico scientifico e Francesco Maraglino, ex direttore Prevenzione delle Malattie trasmissibili e Profilassi internazionale. Le indagini, spiega il procuratore capo Antonio Chiappani, «sono state articolate, complesse e consistite nell’analisi di una rilevante mole di documenti» informatici e cartacei «nonché di migliaia di mail e di chat telefoniche in uso ai soggetti interessati dall’attività investigativa, oltre che nell’audizione di centinaia di persone informate sui fatti». Un’analisi che ha consentito di ricostruire i fatti a partire dal 5 gennaio 2020, quando l’Oms ha lanciato l’allarme globale a tutti i Paesi per poi diffondere, cinque giorni dopo, «un pacchetto completo di linee guida su come rilevare, testare e gestire potenziali casi e proteggere gli operatori sanitari». Gli inquirenti si sono avvalsi della maxi consulenza firmata da Andrea Crisanti, microbiologo dell’Università di Padova e ora senatore del Pd: basata su un modello matematico, ha stabilito che se fosse stata istituita la zona rossa in Val Seriana, al 27 febbraio i morti sarebbero stati 4.148 in meno e al 3 marzo 2.659 in meno. E invece è stata una strage, con le terapie intensive al collasso e i medici costretti a scegliere tra chi intubare e chi lasciare morire, con le file di camion che trasportavano le bare nei crematori di altre regioni poiché nei cimiteri lombardi non c’era più posto. 

«GRAVI OMISSIONI»
Il procuratore Chiappani, a fine gennaio, aveva anticipato che le risultanze investigative «hanno accertato gravi omissioni nella valutazione dei rischi pandemici e nella gestione della prima fase della pandemia». Cioè a primavera di tre anni fa quanto, ricorda, il Covid «cagionò oltre tremila vittime nella Bergamasca». E si tratta solo dei numeri ufficiali, perché in base alle stime i morti a causa del virus non intercettati dalle statistiche sarebbero almeno il doppio. Per i parenti delle vittime la chiusura delle indagini è una vittoria, benché amara. «Da oggi si riscrive la storia delle nostre famiglie, delle responsabilità che hanno portato alle nostre perdite. La storia di un’Italia che ha dimenticato quanto accaduto nella primavera 2020, non a causa del Covid, ma per delle precise decisioni o mancate decisioni. Da sempre ci siamo battuti per la verità per i nostri cari, nonostante l’omertà che ha sempre contraddistinto questa storia. Siamo andati avanti senza mai scoraggiarci nel percorso di memoria e di giustizia». Intanto l’ex premier Conte, ora a capo del M5s, anticipa «la massima disponibilità e collaborazione con la magistratura. Sono tranquillo di fronte al Paese e ai cittadini italiani per aver operato con il massimo impegno e con pieno senso di responsabilità durante uno dei momenti più duri vissuti dalla nostra Repubblica». E l’ex ministro Speranza in una nota afferma di aver «sempre pensato che chiunque abbia avuto responsabilità nella gestione della pandemia debba essere pronto a renderne conto», aggiungendo di essere «molto sereno e sicuro di aver sempre agito con disciplina ed onore nell’esclusivo interesse del Paese». 

Ultimo aggiornamento: 2 Marzo, 13:46 © RIPRODUZIONE RISERVATA