Conte costretto a negoziare, non esclude più il dietrofront: «Ma Draghi ci dia un segnale»

Contatti tra Grillo e Palazzo Chigi: per l'ex comico gli italiani non perdonerebbero la perdita del Pnrr

Mercoledì 20 Luglio 2022 di C. V.
Conte costretto a negoziare, non esclude più il dietrofront: «Ma Draghi ci dia un segnale»

Giuseppe Conte, mai come in questi giorni, deve fare attenzione a qualsiasi passo. Quella che all'inizio doveva essere la strada per riportare il Movimento 5 Stelle ai fasti elettorali del 2018 si sta rivelando sempre più una corsa coi sacchi in un campo minato. Secondo alcuni degli uomini più vicini all'ex premier pentastellato, anche lui si è reso conto che deve trovare una via d'uscita diversa da quella, inizialmente pensata, di scaricare tutte le colpe su Draghi e di lucrare voti facendo opposizione.

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È necessaria una trattativa e sarebbe folle non prendere in considerazione anche un dietro front, visto che si rischia di far naufragare il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

Il fallimento del Pnrr, l'esplosione dello spread e l'uscita di scena di Draghi dalla trattativa per ridisegnare le linee d'intervento della Banca Centrale Europea nel sostegno agli Stati più indebitati, fanno notare le stesse fonti pentastellate, avrebbero ripercussioni pesanti sia sull'economia italiana, sia sulle intenzioni di voto degli italiani, che sarebbero chiamati alle urne dopo l'estate per scegliere tra partiti che hanno fatto perdere all'Italia decine di miliardi di finanziamenti europei, per realizzare progetti utili ai cittadini, a causa di beghe politiche.

È in quest'ottica, che andrebbero inquadrati i recenti contatti tra Beppe Grillo e Mario Darghi, e si sa che nel Movimento 5 Stelle quando scende in campo l'ex comico anche i più barricaderi sono costretti a più miti consigli, dal momento che il peso specifico del fondatore del partito pentastellato non è trascurabile in nessuna campagna elettorale, specialmente se a essere ricandidati dovessero spuntare solo volti nuovi. E quando Grillo chiama, Conte risponde, a meno che non abbia deciso di farsi un proprio partito, e che peraltro, si presenti da subito in rotta di collisione con Confindustria, il Vaticano, l'Unione Europea e gli Stati Uniti. Questi ultimi, tutti autori di recentissimi appelli per mantenere Mario Draghi a Palazzo Chigi. Ma l'ex premier grillino è uomo di relazioni e sa che su qualcosa deve mollare. Soprattutto perché vede che sui margini del campo pentastellato ci sono già due big di popolarità e coerenza con la linea grillina (cosa che la base del Movimento 5 Stelle invece non riconosce a Conte) come Alessandro Di Battista, che proprio ieri ha ricordato come entrare nel governo Draghi sia stato un suicidio.

 

E come Virgina Raggi che potrebbero essere chiamati a sostituirlo nella partita di ricondurre i 5 stelle sulla strada delle origini. Adesso l'avvocato del popolo, che ha nelle sue mani il destino del presidente del Consiglio, si trova egli stesso nelle mani del suo successore. Draghi ha il potere di accogliere parte delle richieste pentastellate in modo di offrire a Conte una onorevole via di uscita per accordargli la fiducia, diversamente la nave Italia si andrà a schiantare sugli scogli. Prima che ciò avvenga, però, saranno molti i parlamentari del Movimento 5 Stelle pronti a cogliere al volo l'ultima possibilità di salvare la legislatura saltando sulla scialuppa offerta da Italia Futura di Di Maio o da altri partiti, lasciando il presidente del Movimento 5 Stelle a sbrigarsela con un partito in declino svuotato delle sue figure più riconoscibili.
 

Ultimo aggiornamento: 21 Luglio, 08:46 © RIPRODUZIONE RISERVATA