Conte e le elezioni, quella suggestione di potersi candidare: una sua lista potrebbe valere il 10%

Venerdì 9 Agosto 2019 di Alberto Gentili
Conte e le elezioni, quella suggestione di potersi candidare: una sua lista potrebbe valere il 10%

A metà pomeriggio quando ha lasciato palazzo Chigi «per impegni personali», Giuseppe Conte non era né triste, né arrabbiato. Era «amaramente e profondamente deluso», racconta chi ci ha parlato.
Matteo Salvini, in novanta minuti di colloquio aveva appena trasformato la festa di compleanno del premier, nel giorno dello sfratto da palazzo Chigi. E soprattutto il giorno dell'annuncio di morte, «ingiusta e insensata del governo del cambiamento. Un colpo alle spalle».

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Conte si sente tradito da Salvini. Prima di tutto perché considera la mossa del leader leghista dopo il voto sulla Tav pretestuosa: «L'avevo detto e ripetuto, quella votazione non coinvolgeva in alcun modo il governo e non rappresentava un sindacato sul mio operato», ha confidato, «tanto più che qualche giorno prima ero stato io a riconoscere la necessità di andare avanti con quell'importante infrastruttura». E poi perché il premier, ormai sfiduciato, non vede «alcuna ragione logica» nella decisione del capo leghista di far saltare il governo giallo-verde: «Stavamo lavorando con impegno. Già avevamo portato avanti il lavoro sulla legge di bilancio, esattamente come aveva chiesto Salvini. E anche sull'autonomia differenziata, a dispetto dell'impazienza dei governatori leghisti, le cose stavano procedendo bene».

LE ACCUSE
Il sospetto di Conte è che Salvini «se ne infischi di tutte le cose buone che stavamo facendo». E che dietro all'accelerazione del leader del Carroccio ci sia esclusivamente la volontà di andare il prima possibile all'incasso elettorale, «non i no, i litigi e i rifiuti di cui parla». «La verità», ha confidato, «è che Salvini ha capito che se fosse passata in settembre la riforma costituzionale con il taglio dei parlamentari, tra referendum e adeguamento dei nuovi collegi non si sarebbe potuto votare prima dell'autunno del prossimo anno. E ha avuto paura di non riuscire più a surfare l'onda del consenso. Ed è per questo consenso ha sacrificato un'esperienza di governo unica in Europa».
 


Ma qualche sassolino dalle scarpe Conte se l'è tolto. Con la sponda del Quirinale ha ottenuto che Salvini «ci mettesse la faccia». L'ha spinto a sfiduciarlo ufficialmente. Ha costretto il leader leghista «ad andare in Parlamento per aprire la crisi». Un proposito del resto manifestato pubblicamente il 24 luglio quando, in Senato, il presidente del Consiglio by-passò il silenzio del capo del Carroccio sui presunti fondi russi: «Qui ho ricevuto la fiducia e se maturassero le condizioni per una cessazione anticipata dal mio incarico, qui tornerò». «E' una questione di trasparenza», ha ribadito ieri sera.

IL FUTURO
Chi ha parlato con Conte garantisce che «il premier non andrà comunque alla ricerca di maggioranze alternative» per restare a palazzo Chigi.
Mentre si fa più forte la tentazione, soprattutto se Di Maio non potrà candidarsi, di presentarsi alle elezioni. Rocco Casalino, che ha provveduto a pesare qualche tempo fa il premier, parlava di una lista «attorno al 10». Utile, con il sistema proporzionale, da affiancare a quella dei 5Stelle.

Ultimo aggiornamento: 15:42 © RIPRODUZIONE RISERVATA