Piacenza, Verona, Alessandria: il giorno dopo i ballottaggi, la lista delle lezioni da imparare è lunga per il centrodestra. Chi però si aspetta che da subito cominci il tempo delle riflessione, dell’analisi e del cambio di passo, resta deluso. La prima mossa di Matteo Salvini, dopo uno scambio di opinioni al telefono con Silvio Berlusconi, è correre alla sede della Regione Lombardia per riunirsi con il governatore Attilio Fontana, il ministro Giancarlo Giorgetti e il leader lombardo Fabrizio Cecchetti. Il vertice serve a confermare che il candidato alla presidenza, il prossimo anno, resta proprio Fontana. L’anomalo passo avanti di Letizia Moratti, assessore nella giunta lombarda, che ha detto «mi candido io», non è stato gradito. Si teme che la regista dell’operazione di disturbo sia Giorgia Meloni.
Riflessione
Non ha vinto nessuno. Fratelli d’Italia al Nord ha ormai superato ovunque la Lega, ma al contempo c’è lo spettro di Michetti che insegue inesorabile la Meloni, perché la scelta del candidato a sindaco di Roma non è stata vincente. E anche da altre parti ha dimostrato - secondo i detrattori - poca lungimiranza nel casting, vedi Sboarina a Verona che non è andato neppure vicino a battere Tommasi, in una città che per la destra dovrebbe essere una formalità. Ecco allora che Berlusconi si ritaglia un nuovo ruolo centrale, provando a dimenticare l’ingloriosa sconfitta di Monza. Il Cavaliere parla con un videomessaggio sui social. Anche lui ricorre alla logora giustificazione dell’astensione (vero, ma a Verona, ad esempio, grazie a un candidato centrato come Tommasi per il centrosinistra sono andati a votare molte più persone di cinque anni prima). «Il doppio turno non funziona» osserva Berlusconi. E avverte: «Il centrodestra dopo questa tornata elettorale governa due comuni in più, fra quelli superiori ai 15.000 abitanti e sono stati confermati ottimi sindaci di Forza Italia. In tutta Italia, il centrodestra vince quando presenta candidati esperti dal profilo moderato, preparati, capaci, di Forza Italia o comunque dell’area di centro. Naturalmente la coalizione del centrodestra vince solo quando è unita. Le divisioni degli ultimi mesi hanno allontanato molti elettori».
I leader del centrodestra ieri mattina erano tutti impegnati a ripetere «basta litigi». Giorgia Meloni osserva che se si continua con gli scontri si perde anche alle politiche del 2023 e chiede un vertice tra gli alleati. Salvini: «Per me l’incontro si può fare anche domani, non è possibile perdere città importanti perché il centrodestra si divide e sceglie di non allargarsi e di includere altre forze ed energie, per paura, per calcolo o per interesse di parte. Vediamoci e prepariamo la prossima squadra e il prossimo progetto di governo, subito, insieme». Ma la sensazione è che l’operazione - a partire dal rilancio immediato su Fontana e dalle critiche sull’operazione Sboarina che ha rifiutato l’apparentamento con Tosi - punti ad accerchiare la Meloni, a dimostrare che non può essere la leader della coalizione. Proprio Tosi, da poco approdato a Forza Italia, lo dice tra virgolette: «Ne esce ridimensionata Giorgia Meloni: non ha saputo far ragionare un suo sindaco a Verona, come può essere a capo dell’intero centro destra?». E questo balletto, paradossalmente, ritarda anche la resa dei conti nella Lega, nonostante la costante emorragia di consensi che Salvini non sta riuscendo a fermare. «Paghiamo il fatto di essere al governo - racconta un esponente del partito - ma paradossalmente oggi sarebbe deleterio anche uscire, perché la classe imprenditoriale che ci sostiene non ci capirebbe se aggravassimo la fase di instabilità del Paese».