Caso Amara, indagato il procuratore Greco Storari: colleghi con me

Sabato 31 Luglio 2021 di Valentina Errante e Claudia Guasco
Caso Amara, indagato il procuratore Greco Storari: colleghi con me

La crisi della Procura di Milano è arrivata al punto di non ritorno. Tra lettere di sostegno dei colleghi al pm Paolo Storari, che ha denunciato «l'inerzia investigativa» sul caso Amara, e il contrattacco del procuratore capo Francesco Greco, il quale ha definito le accuse «menzogne, calunnie e diffamazioni», interviene la procura di Brescia, che sulla vicenda ha aperto un fascicolo. E dopo Storari e Piercamillo Davigo, l'ex consigliere del Csm che ha ricevuto dal pm i verbali dell'ex legale esterno dell'Eni Piero Amara, anche Greco è iscritto nel registro degli indagati.

Omissione di atti d'ufficio il reato contestato. La notizia arriva proprio durante l'audizione, davanti alla settima commissione del Csm, di Storari, per evitare il trasferimento cautelare d'urgenza per incompatibilità ambientale, chiesto dal procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi.

IMMOBILISMO PROCEDURALE

Il procuratore capo avrebbe ritardato l'apertura dell'indagine nata dalle dichiarazioni fornite da Amara sulla presunta loggia Ungheria, un'associazione segreta che avrebbe influito sulle nomine pubbliche. Greco avrebbe omesso la tempestiva iscrizione delle notizie di reato derivanti dalle dichiarazioni rese nel dicembre del 2019 dall'avvocato Amara al procuratore aggiunto Laura Pedio e al pm Storari, titolari del fascicolo sul cosiddetto falso complotto Eni. A seguito di tali dichiarazioni, Storari aveva chiesto a Greco e Pedio di avviare subito un'indagine sulla loggia Ungheria, ma ciò avvenne solo il 12 maggio 2020.

Due giorni fa il procuratore capo ha inviato una mail a tutti i pubblici ministeri attaccando apertamente Storari. «Altro è difendersi scrive altro è lanciare gravi e infondate accuse, dopo essere venuti meno ai più elementari principi di lealtà nei confronti di chi ha la responsabilità di dirigere un ufficio, non astenendosi, tra l'altro, da una indagine su un fatto in cui si è personalmente coinvolti». Ma ieri, a rimarcare la frattura tra Greco e i suoi magistrati, sono arrivati altri messaggi di solidarietà per Storari, poco prima dell'inizio dell'udienza davanti alla sezione disciplinare del Csm che dovrà decidere sulla richiesta di trasferimento cautelare e di cambio di funzioni avanzata dal pg della Cassazione Giovanni Salvi.

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«Per avere magistrati più liberi e meno schiavi delle logiche di appartenenza, coraggio Paolo!», esorta un pm. E un'altra toga milanese afferma di essere «orgogliosa, come tanti, di quello che hai fatto. Milano, e non solo, è dalla tua parte». Sostegno anche da parte di alcuni magistrati ordinari in tirocinio, mentre c'è chi si augura che questa vicenda, comunque «vada a finire», segni un «punto di svolta non solo» per Storari e «la Procura di Milano, ma per la magistratura intera».

INCOMPATIBILITÀ

Il sostituto milanese, ascoltato ieri pomeriggio, tornerà a Palazzo dei Marescialli per continuare a difendersi e a rispondere alle domande dei consiglieri laici e togati il prossimo 3 agosto. Poi la commissione chiuderà l'istruttoria e si riserverà, per depositare la decisione nei giorni successivi. Ieri Storari, per evitare una sospensione cautelare, prima di entrare nel merito della vicenda ha sottolineato che la sua permanenza negli uffici milanesi non turberebbe i colleghi, dal momento che una lettera di solidarietà, alla quale hanno aderito la maggior parte dei pm (ma anche i giudici milanesi) e magistrati di altri distretti - le firme sono in tutto 220 - smentisce l'ipotesi di Salvi.

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Poi è entrato nel merito, ripercorrendo le tappe del processo Eni-Nigeria, con le prove fornite contro il grande accusatore Vincenzo Armanna, del tutto ignorate dagli aggiunti. Sulla decisione di consegnare a Davigo i verbali di Amara, violando il segreto d'ufficio, Storari ha mostrato la documentazione con la quale aveva sollecitato il colleghi a esercitare l'azione penale sulla base delle dichiarazioni dell'avvocato siciliano, che faceva riferimento a una loggia massonica della quale avrebbero fatto parte i vertici delle istituzioni.

Dalla documentazione presentata dal pm a sua difesa, emergerebbe che le sue sollecitazioni fossero cadute nel vuoto, proprio perché anche Amara era, per l'accusa, un teste centrale nel processo Eni-Nigeria al quale l'aggiunto Fabio De Pasquale ha dedicato otto anni di indagini. Un'inchiesta che squalificasse Armanna, con l'adesione a una loggia, avrebbe dunque condizionato il dibattimento che, a dicembre 2019, era alle battute conclusive. Per il sostituto la consegna dei verbali a Davigo avrebbe avviato all'apertura di una pratica a sua tutela. Non aveva previsto la diffusione degli atti, mandati a giornalisti in forma anonima dall'ex segretaria del consigliere ora in pensione.

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