Carlo Calenda: «Dalle banche alla Rai dico no alla spoliazione di Roma»

Venerdì 18 Giugno 2021 di Massimo Martinelli
Carlo Calenda: «Chi non pensa a Roma non ha senso dello Stato»

«Roma non è stata difesa in questi anni, un po’ anche per incapacità nostra, della politica». Carlo Calenda legge sui social le minacce di un facinoroso al quale non è piaciuta la sua presa di posizione sulla legalità da ripristinare per le occupazioni e riflette sullo stato della Capitale.


E la cosa peggiore è che spuntano sempre progetti nuovi per spogliare questa città dei suoi asset. Lei che ne pensa?
«Penso che questa è la Capitale e le cose devono restare qua.

Gli italiani devono decidere se vogliono una capitale o non la vogliono. Possono anche decidere che siamo l’unico paese al mondo che non vuole una capitale. Ma se la vogliono, la capitale non può essere spogliata di tutto, delle risorse, della finanza, non può succedere».

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Come è potuto accadere finora? 
«Errore nostro, non abbiamo saputo attrarre. Ma anche totale incuria da parte di altri player».


Si spieghi.
«Voglio fare un l’esempio di Unicredit che ha acquistato Capitalia, che era il quarto gruppo bancario del Paese con sede a Roma. L’ha acquistata e ha portato via tutto. Ebbene, quando invece Intesa ha acquistato il San Paolo di Torino, ha lasciato nel capoluogo piemontese tutta l’attività delle Sgr e ha costruito un palazzo bellissimo, un grattacielo da cinquanta piani per i lavoratori che sono rimasti lì. Quindi innanzitutto bisogna fare quello che ha fatto Torino, cioè pretendere che una parte del business di Unicredit rimanga a Roma. E che per quanto riguarda Bnl, che è stata comprata da Paribas, deve tornare ad esserci un “head quarter” importante da noi, perché non è pensabile essere l’unica capitale al mondo che non ha più un settore finanziario».


A proposito di finanza, avrà letto sui giornali che il sindaco di Milano, Sala, è preoccupato perché il progetto di integrazione di Borsa Italiana nel gruppo Euronext rischia di indebolire gli uffici milanesi a favore, sembra, di Parigi. Che ne pensa?
«Penso che è quello che è già successo a Roma con Milano».

Cioè?
«Diciamo innanzitutto che mi auguro che le cose restino sempre in Italia; detto questo ricordo solo che Roma aveva una Borsa in cui venivano negoziati i titoli, che fu spostata a Milano dicendo che veniva riunificata nella Borsa Italiana. E Roma fu spogliata di uffici che trattavano titoli emessi nella Capitale. Ora, io ho intenzione di chiamare le banche ma anche le aziende pubbliche e dire: cosa vi serve per investire a Roma? Ve lo facciamo, ma dovete tornare a investire nella Capitale. Non può essere che Unicredit si è comprata Capitalia e si è portata via tutto». 


Un altro asset che sembra fare gola a Milano è la Rai. E i tentativi di resistere a queste spinte centrifughe sono stati definiti “provinciali” dalla Moratti.
«A me sembrano provinciali le motivazioni della Moratti per rivendicare lo spostamento delle sedi Rai con i soldi pubblici a Milano. Magari ne vuole un pezzettino perché è una ex presidente della Rai. Ma suvvia, di che stiamo parlando?».


La Moratti ha parlato del mercato degli audiovisivi e dell’informazione da delocalizzare verso la Lombardia.
«Il mercato dell’audiovisivo a Milano è chiuso da anni, nonostante prima fosse fortissimo. Milano non l’ha saputo valorizzare e adesso è chiuso. Sono stato io, da ministro, a rilanciare il mercato dell’audiovisivo (il MIA) con un gran lavoro connesso al Festival del Cinema di Roma; e adesso abbiamo anche i soldi per rilanciare gli studios di Cinecittà. Ci manca solo che ora Milano chieda il nostro mercato dell’audiovisivo. Ma posso aggiungere una cosa?».


Prego.
«Io credo che questa frenesia di chiedere cose che sono a Roma sia connessa anche allo scarso senso di nazione che abbiamo. Perché se tu non hai un forte senso dello Stato non puoi avere un forte senso della tua Capitale. E viceversa. Significa che noi dobbiamo investire su Roma perché rappresenta la costruzione della nostra identità nazionale».


Pensa che investendo su Roma si riaccenderà lo spirito di patria in tutti gli italiani?
«Penso che abbiamo un senso di nazione fragile che va ricostruito. E l’ultima cosa che possiamo fare è spostare le cose a Milano; anzi c’è da fare un gran lavoro per svilupparne di nuove a Roma».


Andando nel concreto?
«Un Politecnico, un Centro di gestione dati nella sanità, l’accorpamento dei musei romani in un grande progetto culturale unico, la città dello Sport. E poi le banche devono tenere delle funzioni qua a Roma, le aziende pubbliche devono definire qual è il loro piano di investimento. E noi dobbiamo preparare quello che serve affinché tutto questo accada».


Andiamo con ordine, cos’è l’accorpamento dei musei romani?
«Va fatto un unico grande museo nazionale romano che metta insieme tutte le collezioni, come è stato fatto al Louvre. Io lo vedo tutto concentrato nel Campidoglio, spostando gli uffici comunali, l’Assemblea Capitolina e lo studio del sindaco, perché il Campidoglio è collegato ai Fori e deve stare insieme ai Fori. Ora i Musei Capitolini se li litigano lo Stato e il comune di Roma, e lo stesso succede per i Fori e i diversi musei. Per me può fare tutto anche lo Stato ma va creato un grande museo romano. I turisti di tutto il mondo devono venire a Roma sapendo che potranno vedere questo grande museo unificato con le collezioni di Palazzo Massimo, dei Musei Capitolini, di Palazzo Altemps, tutto al Campidoglio. E poi la Città dello Sport che avevamo previsto nel tavolo per Roma che prevedeva il recupero del Flaminio e del Palazzetto dello Sport. E la piattaforma per gestire i dati per la sanità, che saranno una grandissima miniera per il futuro, su cui noi avevamo fatto una proposta circostanziata approvata dal ministro Lorenzin nel tavolo per Roma, a cui non è stato dato alcun seguito».


Roma è attrezzata per questo grande salto che lei prefigura?
«Quello che abbiamo capito dopo la crisi pandemica è che abbiamo i fondi del Pnrr che avranno una gestione molto centralizzata. Bisogna dotare Roma di tutte le infrastrutture necessarie per generare un processo analogo a quello che è accaduto quando abbiamo rilanciato il Paese. È un’opportunità che Roma deve avere. Perché adesso la Capitale è l’unica tra tutte le altre nel mondo che genera un pil pro capite mediamente inferiore del Paese che rappresenta. E serve l’attenzione massima del governo centrale. Ora, possiamo dire che gli ultimi governi hanno avuto, anche per l’influenza della Lega, scarsissima attenzione alla Capitale d’Italia? Io credo che lo possiamo dire».

Ultimo aggiornamento: 20:15 © RIPRODUZIONE RISERVATA