Calogero Mannino: «Trent'anni di processo sono già una condanna»

Domenica 13 Dicembre 2020 di Mario Ajello
Calogero Mannino: «Trent'anni di processo sono già una condanna»

Onorevole Mannino, 30 anni di accuse e processi per mafia, 12 assoluzioni e ora la Cassazione ha eliminato ogni ombra sul suo conto. Che cosa prova oltre alla gioia?

«Salvatore Satta, grande giurista e grande scrittore, diceva che il processo di per sé è una condanna.

Proprio per questo, per me, questi 30 anni sono stati durissimi. La sofferenza è ancora più grande quando sai che l'accusa è infondata ed è strumento di un'altra ragione».


La mafia voleva farla fuori politicamente perché ha sempre combattuto la mafia?
«Il discorso è complesso e riguarda le vicende politiche italiane della fine degli anni 80 e dentro di queste la storia del maxi-processo contro la mafia del quale è stato autore Giovanni Falcone. Nel mio caso, rispetto a Cosa Nostra, era possibile solo un rapporto di contrasto e di lotta molto decisa. Nel 79, da vicepresidente del gruppo Dc alla Camera, avevo assunto l'iniziativa della presentazione al Parlamento di una mozione che approvasse le conclusioni della Commissione Anti-mafia presieduta da Cattani. La Commissione Anti-mafia per due legislature non aveva visto le sue conclusioni in aula. Ma gli anni 70 erano stati caratterizzati dalla priorità della lotta al terrorismo».


Poi finalmente anche la mafia diventa una grave emergenza?
«A marzo '80, la Camera ha affrontato questo tema e le conclusioni della Commissione. Erano state compendiate da un documento approvato dal direttivo del gruppo Dc e elaborato da me. In quel documento vengono avanzati dei punti programmatici per l'azione di contrasto a Cosa Nostra. L'introduzione del reato associativo, il 416 bis; l'introduzione delle misure patrimoniali contro la criminalità mafiosa; la creazione di una struttura di coordinamento delle forze di polizia, praticamente quella che in seguito sarebbe stata la Dia».


Gliel'hanno fatta pagare per questo?
«Lì si apre il conto della mafia contro di me. Perché i mafiosi sono più attenti di altri che non lo sono. Nell'82, vengono assassinati l'onorevole Pio La Torre e il generale Dalla Chiesa. La Torre aveva presentato un disegno di legge sul 416 bis. Il governo Spadolini, con Rognoni al Viminale, aveva presentato un disegno di legge di riordino delle misure di prevenzione contro la mafia. Non era stato introdotto il 416 bis. Avvenuti gli omicidi di La Torre e di Dalla Chiesa, il consiglio dei ministri dà incarico a Rognoni, per accelerare l'introduzione del 416 bis, di assumere il disegno di legge di La Torre. Tra parentesi: Cosa Nostra sapeva ciò che altri non sapevano. Ma continuo: nell'82, c'è il congresso nazionale della Dc. E vi partecipa anche la corrente siciliana di Ciancimino».


Sta dicendo che la mafia e Ciancimino hanno deciso di farla fuori accusandola di mafiosità?
«Aspetti. Nell'83, si svolge il congresso regionale della Dc. Al quale partecipano i delegati della potente corrente di Ciancimino. In quella sede chiedo l'estromissione dalla Dc del gruppo di Ciancimino. E per il fatto che in quel tempo la mia era la posizione più autorevole nel partito, passa quella linea».


Ciancimino escluso dalla Dc organizzò la tremenda vendetta tramite mafiosi pentiti amici suoi?
«Ci sono dichiarazioni in documenti giudiziari da cui risulta che Riina e Provenzano seguivano il congresso Dc».


In tutto ciò il fatto più rilevante non fu il maxiprocesso?
«Fu quello. E determinò l'apertura di una crisi nella Dc. De Mita, segretario nazionale, nominò Sergio Mattarella commissario provinciale della Dc a Palermo, e fino a quel momento Ciancimino era stato segretario comunale del partito. Mentre io vengo nominato da De Mitra segretario regionale della Dc. Inizia una nuova fase, che permetterà al nostro partito un recupero di immagine e anche di voti a livello nazionale».


Ma lei viene fatto fuori usando l'arma giudiziaria?
«La mafia, quando deve colpire una persona, o riesce per tempo ad ucciderla oppure riesce - e qui si apre un interrogativo assai inquietante - a mascariarla».


Nota espressione siciliana che significa?
«Colpirlo con paradossali iniziative giudiziarie a carattere giudiziario».


Ce l'ha con il giudice Caselli che la mise nel mirino?
«Un gruppetto di magistrati attorno a Caselli mi ha messo in croce mi ha tenuto su quella croce per 30 anni, nonostante 12 assoluzioni e 3 sentenze della Cassazione».


E ora qualcuno pagherà?
«Tra i miei errori, c'è quello di aver sostenuto con altri deputati Dc una soluzione del problema sollevato dall'esito di un referendum sulla responsabilità civile dei giudici, nei termini di un'attribuzione di un debito a carico dello Stato. E quindi, il magistrato che ha fatto un errore grave, quando lo ha fatto deliberatamente, non è responsabile. Ecco, questo è stato il mio grande sbaglio».

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