Calenda e Renzi ci credono: «Nel 2024 noi primo partito. Litighiamo, ma in segreto»

Chiusura della campagna al Gianicolo. «La nostra lista è la scelta intelligente»

Sabato 24 Settembre 2022 di Francesco Malfetano
Calenda e Renzi ci credono: «Nel 2024 noi primo partito. Litighiamo, ma in segreto»
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«Una larga parte di questo Paese è indecisa, confusa, dice che la politica è un magna magna. Ma la politica dipende da chi la vota». È un Carlo Calenda un po’ sotto tono quello che si presenta alla terrazza del Gianicolo, sul palco per la chiusura della campagna elettorale del Terzo polo. La voce è arrochita da giorni di comizi, l’emozione anche è visibile. Talvolta sembra filosofeggiare un po’ troppo parlando a lungo di bellezza e citando Norberto Bobbio. Eppure i poco più di mille presenti in una delimitata piazza Garibaldi, al Gianicolo, forse beneficiando di un invidiabile tramonto sul panorama romano, si scaldano eccome. Non solo quando lancia la sfida per ricostruire un Paese «fragile» che deve ricominciare da «due pilastri del welfare, la sanità e la scuola», ma specie quando il leader di Azione punta il dito contro il centrodestra: «Il 90% di quello che hanno detto sono balle». Quando cioè invita Berlusconi a fare altro e chiede agli italiani se davvero hanno di nuovo intenzione di votare uno, Salvini, che «quando era ministro passava il tempo a baciare le mucche invece di lavorare?».

E quando sfida apertamente Meloni: «Giorgia ti senti pronta? Per esempio io mi sento pronto a governare ma penso che qualcuno è migliore di me e quel qualcuno è Mario Draghi».

IL FIL ROUGE

L’attuale premier del resto è fil rouge che lega gli interventi di tutti i protagonisti e che, anche tra i tanti giovani presenti, riscuote ogni volta applausi. Soprattutto quando a prendere la parola sono le ministre di Italia viva e Azione. Elena Bonetti rivendica la battaglia condotta al dicastero per la Famiglia a favore della parità di genere. Terreno battuto anche da Mara Carfagna che invece attacca Meloni perché «antifemminista e retrograda come il suo alleato Vox». 

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Applausi anche per Mariastella Gelmini che punta invece sul posizionamento europeo («Con Orban non abbiamo nulla da spartire»), rinnegando ancora una volta Berlusconi: «Mi piange il cuore se risento quello che ha detto su Putin» spiega ai tanti presenti che - nonostante una tricolore con provocatoriamente scritto al centro “Dio e popolo” - è particolarmente entusiasta dell’anima europea che muove l’intero progetto. Tant’è che anche Stephane Soujourné, presidente di Renew europe, la casa a Bruxelles del Terzo polo, viene accolto con un calore che pare non aspettarsi quando si rivolge a «Carlò» e «Matteò» per tirargli la volata: «Anche in Francia ci dicevano che era impossibile creare un polo tra i due che vanno fino agli estremi. Eppure lo abbiamo fatto sconfiggendo le ideologie del passato» dice alludendo alla vittoria di Emmanuel Macron. 

 

IL PROGETTO

Che lo sguardo del Terzo polo sia puntato oltre domenica («Quando andremo oltre la doppia cifra» dice arrivando Calenda, «perché siamo l’unico voto intelligente») lo chiarisce bene non tanto la canzone “Born to run” sparata dalle casse in chiusura, quanto l’altro grande protagonista dell’evento, Matteo Renzi. «Oggi (ieri ndr) si chiude la campagna ma si apre un percorso che ci porterà ad essere il primo partito nel 2024» dice mettendo nel mirino le prossime elezioni europee e un governo, quello che vedrà probabilmente al comando il centrodestra, «in cui staremo come sappiamo fare». 

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Il leader di Iv è invece in grande forma. Strappa sorrisi non solo ai piedi del palco - dove siedono le mogli dei due leader Agnese e Viola (e pure un sorridente Matteo Richetti, il più ricercato dagli abbracci della platea) - ma all’intera platea che prima provoca dicendo «Roma è bella quasi quanto Firenze» e poi accontenta con un aneddoto «che ora posso raccontare». «Tutti scommettevano su quando avremmo litigato e quando litigheremo ancora - arringa sornione - lo abbiamo già fatto solo che non l’avete saputo. L’ultima discussione è stata sul luogo dove fare questo comizio». Renzi infatti giudicava il Gianicolo troppo «vicino alla repubblica romana, troppo anticattolico». Calenda invece, mazziniano convinto (tra le tante bandiere in effetti spunta anche qualche cartello con il volto di Giuseppe Mazzini) non ne ha voluto sapere. «Io ormai sono in versione “passo indietro”. Ma sappiate che prima o poi portiamo Carlo a fare il giro delle Sette chiese».

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