Calenda, cosa succede ora? Ripartire dal Terzo Polo e dialogo con Renzi: l’obiettivo è arrivare al 15%

I messaggi lanciati al leader di Italia Viva. La replica: «Disponibile ad un confronto»

Lunedì 8 Agosto 2022 di Alberto Gentili
Calenda, cosa succede ora? Dialogo con Renzi per una coalizione di centro: l’obiettivo è quello di arrivare al 15%

A dispetto dei toni tormentati e di quel dire «questa è la decisione più sofferta della mia vita», una volta fuori dagli studi Rai, Carlo Calenda confessa: «Sono sollevato, ho fatto la cosa giusta. Non potevo fare altrimenti». Certo, c’è l’amarezza di aver rotto con Enrico Letta, «una persona che stimo e di cui apprezzo l’idealità». Ma c’è anche la consapevolezza che con «quello schema scelto dal segretario del Pd non si andava da nessuna parte. Con una coalizione contraddittoria si sarebbe perso sicuro. E adesso non mi vengano a dire che la colpa è mia se non si riusciranno a battere le destre». E c’è, certo, anche il rammarico perché +Europa di Emma Bonino non intende seguirlo nello strappo e resterà alleata del Pd. In più c’è l’enorme problema che ora, se non si alleerà con Matteo Renzi, Azione dovrà raccogliere le firme per presentare le liste. «Impresa tutt’altro che facile, ma ci dobbiamo riuscire.

Se non ci riusciremo, se il Paese non mi seguirà, vorrà dire che ho sbagliato lavoro e ne trarrò le conseguenze...».

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Ma Calenda è convinto che l’alleanza larga costruita da Letta «fosse assurda, sbagliata, inaccettabile». «Venerdì a Enrico gliel’ho detto chiaro», racconta il leader di Azione, «gli ho spiegato che per me non era sostenibile una coalizione a tre punte, passando da Calenda-Letta a Calenda-Letta-Fratoianni. E l’avevo avvisato: se firmi un’intesa con chi ha votato 54 volte contro Draghi, è contro la Nato e i rigassificatori, io mi chiamo fuori. Ma Letta non mi ha ascoltato, non è riuscito a scegliere tra riformismo e massimalismo. Non ha avuto il coraggio di essere lui la sinistra in questo Paese e si è affidato a Fratoianni e Bonelli».
Per il leader di Azione «adesso è arrivato il momento di guardare al domani», chiuso «una volta per tutte il capitolo con il Pd». E il domani, per Calenda, è il Terzo polo centrista. Obiettivo: il pareggio. «Visto che non si può vincere, la nostra partita adesso diventa non far vincere nessuno», ragiona con i suoi. «Possiamo strappare un pareggio se blocchiamo il Senato, se lì nessuno avrà una maggioranza certa...». Epilogo non nuovo: al Senato la maggioranza è sempre appesa a un pugno di voti a causa della distribuzione su base regionale dei resti.

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L’ottimismo di Calenda si basa sul sondaggio che ha commissionato nei giorni scorsi, dove il suo partito era dato al 10,7% (ma con +Europa) in caso di corsa in solitaria senza il Pd (all’8,5% con i dem). «E se ora imbarco Renzi, assieme possiamo fare il 15%. Una percentuale che davvero potrebbe permetterci di impedire la vittoria della destra».

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Già, Renzi. Calenda dice che ci parlerà. Fa filtrare che è pronto a trattare con il senatore di Rignano, «ma con molta prudenza». E il leader di Italia Viva, nonostante le bordate che gli ha lanciato contro dopo il patto con il Pd, parlando con i suoi spalanca le porte ad Azione: «Abbiamo un’opportunità straordinaria. Stiamo realizzando il Terzo polo, chi vuole darci una mano è benvenuto. Se sono disponibile a un confronto con Calenda? Non c’è ombra di dubbio». E nell’entourage di Renzi aggiungono: «C’è massima disponibilità al confronto, nessuna pregiudiziale e nessuna condizione. Abbiamo tutto l’interesse a fare l’accordo. Assieme a Calenda possiamo prendere il 15%».

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Un 15% che è il numero magico dei nuovi promessi sposi al centro cui, proprio in queste ore, si è aggiunta la Lista civica nazionale dell’ex sindaco di Parma (eretico grillino della prima ora) Federico Pizzarotti. «Senza la palla al piede dell’intesa a sinistra quel traguardo possiamo raggiungerlo», azzarda Calenda, «e ci possiamo riuscire svuotando Forza Italia e raccogliendo i voti dei moderati delusi da Salvini. Ecco, se spingo Berlusconi sotto il 3% (ora è al 5% a dispetto dei sondaggi che lo danno più alto) e il pareggio è cosa fatta. Queste elezioni non le vince nessuno. A palazzo Chigi ci torna Draghi, se vorrà».

 

IL RUOLO DI MARA E GELMINI

Nell’operazione-svuota Forza Italia un ruolo importante l’avranno le ministre Maria Stella Gelmini e Mara Carfagna. Non a caso sono le prime ad esultare dopo la rottura di Calenda con il Pd: «Finalmente! Ora si costruire un polo liberale e moderato che non sia schiavo di populisti e sovranisti».

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Gelmini e Carfagna nelle ultime ore sono state quelle che più hanno spinto affinché Calenda scegliesse la strada del Terzo polo. Hanno spiegato e rispiegato al leader di Azione che andando al voto assieme «alla sinistra massimalista, la proposta politica di Azione non sarebbe stata comprensibile». «Come fai a credere che chi vota Forza Italia possa scegliere noi, se al nostro fianco c’è uno come Fratoianni che è contro Draghi, la Nato e dice no alle armi all’Ucraina. Più che un alleato è una spina nel fianco».

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Non solo, dietro la decisione di strappare un patto «in cui Letta ci aveva concesso tutto, dal 30% dei collegi allo stop alle candidature degli ex grillini e dei leader della sinistra nei collegi uninominali», c’era anche il timore di Calenda che la corsa in solitaria di Renzi «ci può far male». Spiegazione: «Con Azione stretta nell’alleanza contro natura con la sinistra radicale, Renzi avrebbe rastrellato voti moderati e avrebbe potuto intaccare pericolosamente il nostro bacino elettorale». Ecco, ora questo pericolo non c’è più.
Amen.

Ultimo aggiornamento: 09:48 © RIPRODUZIONE RISERVATA