Bruno Astorre è morto stamane a palazzo Cenci, negli uffici del Senato.
Durante la lunga permanenza a via della Pisana, e in particolare quando a governare la Regione c'era Renata Polverini (tra il 2010 e il 2013), Astorre finisce tra gli indagati della cosiddetta indagine «spese pazze», per l'uso dei fondi regionali utilizzati per l'acquisto di servizi mai effettuati dalle società coinvolte. Risultando però assolto otto anni più tardi perché «il fatto non sussiste». Una sentenza di cui il segretario regionale dem si è sempre fatto vanto, sottolineando la «correttezza» del suo operato. Il messaggio che infatti ha guidato da sempre la sua azione politica, e di cui Astorre era altrettanto orgoglioso, era «unità, umiltà e umanità». Ovvero il motto con cui aveva conquistato la segreteria laziale, appoggiato dall'allora governatore e segretario nazionale Nicola Zingaretti. Proprio a Zingaretti, ma anche all'ex ministro Dario Franceschini e alla moglie Michela De Biase, il 59enne era molto legato. Conservando però un rapporto speciale con Luigi Zanda (ex tesoriere e senatore di lungo corso all'interno del Partito Democratico), che ne è stato anche testimone di nozze.
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