Bonus 110%, il viceministro Antonio Misiani: «Durerà tre anni»

Giovedì 27 Agosto 2020 di Andrea Bassi
Bonus 110%, il viceministro Antonio Misiani: «Durerà tre anni»

Viceministro all’Economia Antonio Misiani, il governo ha fatto da marzo ad oggi manovre per 100 miliardi di euro. A settembre cos’altro prevedete di fare con la legge di Bilancio?
«L’economia è in ripresa, anche se il recupero è molto differenziato settore per settore. Dovremo continuare a proteggere le imprese e le famiglie cambiando però, il mix di politica economica». 
 

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Significa meno aiuti a fondo perduto?
«La legge di Bilancio dovrà cambiare passo rispetto ai decreti anti-crisi di questi mesi, mettendo in campo una serie di riforme strutturali e una fortissima spinta per gli investimenti pubblici e privati». 

Tra le riforme strutturali, quella più attesa è la riforma fiscale. Il ministro Roberto Gualtieri ha parlato di “debonusizzazione” del sistema. Significa addio al bonus di 100 euro in busta paga?
«La riforma fiscale deve essere funzionale ad una serie di obiettivi».

Quali obiettivi?
«Alleggerire il carico sulle famiglie con figli a carico, sui redditi medi e bassi, e razionalizzare le tax expenditures. Servirà individuare un modello di organizzazione dell’Irpef che sia il più rispondente a questi criteri». 

Il modello tedesco con l’aliquota continua, di cui si parla tanto, lo è?
«Prima vorrei fare una precisazione».

Prego...
«Qualunque modello che preveda l’assorbimento del bonus 100 euro non dovrà comportare alcun aumento del carico fiscale sui contribuenti interessati, ma anzi inserirsi in un contesto di riduzione del prelievo sui redditi bassi e medi». 

Il modello tedesco ha queste caratteristiche?
«Sul tavolo ci sono diverse ipotesi. Il modello tedesco è sicuramente una delle più interessanti. Sulla riforma ci confronteremo all’interno della maggioranza e con le organizzazioni economiche e sociali, valutando il sistema che più si avvicina agli obiettivi che intendiamo raggiungere. Tenendo bene in mente che operiamo in quadro in cui non ci sono risorse infinite».

La riforma, è stato detto, non sarà fatta in deficit. E neppure potrà essere finanziata dai fondi europei. Quanti soldi metterete, e dove li prenderete?
«È una valutazione ancora prematura».
 
Mi permetta di insistere. Qualcuno sospetta che ci sarà solo una redistribuzione del peso tra contribuenti, senza nuove risorse?
«Sarà una riforma che avrà un impatto, l’ammontare delle risorse messe in campo sarà piuttosto consistente. Solo per l’assegno unico per i figli ci vorranno diversi miliardi».

Entrerà nella riforma?
«Certo».

Di quanto sarà l’assegno mensile per i figli?
«È una misura che va coordinata con la riforma Irpef. Quando avremo un quadro complessivo lo stabiliremo». 

Il 15 ottobre scade la moratoria sulle cartelle fiscali. Nel cassetto ce ne sono 9 milioni pronte a partire e ad arrivare ai contribuenti in un periodo di forte crisi. State pensando a una nuova pace fiscale?
«Credo sia necessario usare buon senso in una fase ancora difficile. Verificheremo in sede di conversione del decreto agosto la fattibilità di ulteriori interventi per quanto riguarda le cartelle esattoriali».

La rottamazione potrebbe arrivare già con la conversione del decreto agosto?
«Non credo sia quella la sede. Penso più che una questione del genere possa essere affrontata con la legge di Bilancio, ma per ora non è in discussione». 

Il debito pubblico viaggia verso il 160% del Pil. Il governo si è impegnato a presentare un piano decennale di rientro all’Europa. Cosa conterrà questo piano?
«La via maestra è rilanciare la crescita dell’economia. Non possiamo accontentarci di recuperare le gravi perdite del 2020. Dobbiamo mettere l’Italia su un sentiero di sviluppo sostenibile superando la stagnazione degli ultimi 25 anni. Accanto a questo nella prossima legge di bilancio bisognerà predisporre un percorso di recupero dell’evasione fiscale e di ricomposizione della spesa pubblica».

Una spending review?
«Terminata l’emergenza deve tornare nella politica di bilancio». 

Sul Recovery Fund il governo ha raccolto oltre 500 progetti dai ministeri, ma non sembra esserci ancora una linea precisa sull’uso dei 209 miliardi.
«Le linee guida del nostro progetto erano già indicate nel Piano nazionale di riforma approvato in Parlamento: una grande spinta alla digitalizzazione, investimenti nella transizione ecologica e nella riduzione delle diseguaglianze sociali e territoriali. Il Recovery Plan che presenteremo a metà ottobre dettaglierà gli obiettivi e selezionerà i progetti».

Ne dica uno sul quale il governo intende puntare.
«L’efficientamento energetico degli edifici. Se sarà possibile rendicontare nel Recovery Fund il bonus 110%, credo che questa misura vada prolungata per tutto l’orizzonte temporale di impegno delle risorse europee, ossia fino al 2023. Questa potrebbe essere una delle scelte strategiche da inserire nella prossima legge di bilancio». 

Tim e Cdp stanno per dare vita alla società della rete unica. Avrà la possibilità di usare i fondi del Recovery?
«Speriamo di sì. La società unica della fibra è un progetto strategico del Paese che ha senso ad alcune condizioni: che ci sia nella governance un ruolo centrale di Cdp, che il progetto sia aperto alla partecipazione di tutti gli operatori e dei fondi infrastrutturali, e che la società possa accedere ai fondi europei».
 

Ultimo aggiornamento: 15:18 © RIPRODUZIONE RISERVATA