Berlusconi: «Io al Quirinale? Non mi tiro indietro». E Giorgetti blinda Draghi

Il leghista: per il Carroccio questo governo investimento a lungo termine. Il Cav: «Il centro non è equidistante, sta col centrodestra». Ed esclude il voto

Lunedì 25 Ottobre 2021 di Mario Ajello
Berlusconi: «Io al Quirinale? Non mi tiro indietro». E Giorgetti blinda Draghi

Silvio Berlusconi crede alla sua possibile salita al Quirinale.

Non è mai stato così esplicito, in proposito, come lo è sembrato ieri intervenendo telefonicamente al convegno dei democristiani di Rotondi a Saint Vincent. Ha detto: «Io sul Colle? Penso che Silvio Berlusconi può essere ancora utile al Paese, vista la stima che ancora mi circonda in Europa. Vedremo che cosa potrò fare, non mi tirerò indietro, e farò quello che potrà essere utile per l’Italia». Insomma il Cavaliere è pronto alla gara per la presidenza della Repubblica. Fa ogni giorno i conti dei possibili consensi (dovrebbe partire da circa 400 voti «sicuri», conta di averne una sessantina da sinistra e grillini, ma non c’è proprio niente di sicuro nella lotteria del Colle) ed è arciconvinto che Salvini e Meloni credano all’operazione Silvio for president. Se non altro perché «con me», dice ai suoi, «l’Italia avrebbe il primo presidente della Repubblica non di sinistra» e il centrodestra unito si metterebbe sul petto una medaglia che gli darebbe slancio per vincere le successive elezioni politiche.


Quella quirinalizia, come ha detto ieri, è la partitissima («Non mi tirerò indietro», appunto) che il leader forzista si gioca sopra ogni altra. Ma per condurla bene ha bisogno che non esploda Forza Italia e che lui riesca a tenere insieme non solo l’ala governista e quella filo-salvinista degli azzurri ma in generale la coalizione. Sta facendo ogni sforzo per conciliare gli opposti. E così, rivolto ai centristi di Saint Vincent, osserva che «solo con un centrodestra di cui sia chiara la connotazione cristiana, liberale, garantista, europeista, sarà possibile governare l’Italia a partire dal 2023, con un premier autorevole in grado di continuare l’ottimo lavoro del governo che stiamo sostenendo». Ciò che il Cavaliere esclude del tutto sono le lezioni politiche anticipate dopo la scelta del nuovo presidente della Repubblica: «Sarebbe da irresponsabili andare a votare prima della scadenza naturale della legislatura». Il che è una rassicurazione per tutti gli azzurri e anche per quelli degli altri partiti che vedono come la peste lo scioglimento del Parlamento nel 2022 e insieme è una promessa nel caso a finire sul Colle dovesse essere lui: se mi votate, potete stare tranquilli che io non vi mando a casa una volta che sarò al Quirinale. 

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EQUILIBRI

Berlusconi fa molto il sostenitore di Draghi come premier e non dà troppe chance di governo a Salvini e a Meloni e in questo proprio ieri ha trovato una sponda importante in Giorgetti. Il quale in tivvù spiega che per la Lega «il governo Draghi è un investimento sicuro e a lungo termine». Ma allo stesso tempo il Cavaliere salvineggia e meloneggia dicendo ai due alleati «garantisco io per voi in Europa». Però anche democristianeggia (i 149 centristi dei vari partiti in Parlamento sono un tesoretto per l’elezione sul Colle e Rotondi assicura citando Aldo Moro: «Al Colle non ci si candida, si viene candidati e il nostro candidato è Berlusconi») e lo fa così: «La tradizione cattolico-liberale, che fu espressa dalla Dc, è parte fondamentale dell’identità di FI. Questo ci colloca al centro dello scenario politico, un centro che non è equidistanza e che è alternativo alla sinistra e che è anche distinto dalla destra». Un centro che deve essere l’elemento trainante di un centro-destra di governo». Sono parole che devono valere come carezza ai ministri azzurri anti-salvinisti, di cui Brunetta è avanguardia, verso la battaglia dei quali Berlusconi usa la minimizzazione: «Vedo solo incomprensioni personali tra alcuni di noi». Una formula che i centristi azzurri anti-Lega e FdI commentano così: «Se di questioni personali si deve parlare, allora la questione è questa: al governo invece di Brunetta, Carfagna, Gelmini dovevano andare Tajani, Bernini e Ronzulli. Non è andata così e quella scelta voluta da Draghi ancora non viene digerita». Quanto al primo degli incontri settimanali dei ministri azzurri con Salvini e con Berlusconi, la loro linea in vista dell’appuntamento è questa: non mirano a una maggioranza Ursula senza la Lega, ma continueranno a battersi per una guida moderata del centrodestra e non sovranista e per far cambiare rotta a Forza Italia, fuori da ogni sudditanza verso Salvini.

Ultimo aggiornamento: 09:41 © RIPRODUZIONE RISERVATA