Berlusconi-Meloni, a Forza Italia 5 ministeri e resta il nodo Giustizia: ballottaggio tra Nordio e Casellati

Braccio di ferro sul Guardasigilli. Giorgia chiude la lite: tutto superato, adesso dobbiamo pensare al governo

Martedì 18 Ottobre 2022 di Alberto Gentili
A Forza Italia 5 ministeri e resta il nodo Giustizia

Una richiesta di Silvio Berlusconi esaudita, almeno sotto il profilo numerico: «Pari dignità con la Lega». Un impegno preso da Giorgia Meloni con la mano sul cuore: Forza Italia avrà cinque dicasteri, più un vicepremier.

Un nodo ancora da sciogliere: il Cavaliere vuole avere la Giustizia, ma Giorgia resiste e con ogni probabilità non mollerà. Una promessa ribadita: sarà la presidente del Consiglio in pectore, visto che ci metterà la faccia, a dire l'ultima parola. Sono queste le basi dell'accordo tra Meloni e il Cavaliere, dopo il Vietnam che ha scosso il centrodestra.

La partita

Che la partita fosse seria, decisamente seria, e che per siglare la pace - dopo la feroce zuffa sull'elezione di Ignazio La Russa a presidente del Senato - ci volesse un passaggio di testimone non rituale, è stato chiaro con la scelta della location: niente Arcore, né Villa Grande, ma via della Scrofa 39, lo storico palazzo che fu sede del Msi e ora è il quartier generale di Fratelli d'Italia. Format nuovo anche per i protagonisti del «chiarimento»: solo Meloni e Berlusconi. Un faccia a faccia vero. Nessun accompagnatore. Per novanta minuti, il tempo di una partita di calcio. Al termine dell'incontro, in base a un comunicato congiunto, la pace è siglata. Soprattutto Berlusconi ha fatto cadere la minaccia, caldeggiata dall'ala dura di Forza Italia, di presentarsi da solo al Quirinale. Il centrodestra andrà da Sergio Mattarella «unito». Traduzione: l'indicazione per Meloni a premier ora è scolpita sulla pietra. Le eventuali subordinate forziste, del resto del tutto improbabili, sono evaporate.
Dopo il faccia a faccia, Berlusconi ai suoi ha raccontato di aver «chiarito» con Meloni la questione del biglietto con i quattro aggettivi («supponente, arrogante, prepotente, offensiva») che aveva mandato su tutte le furie la promessa premier: «Le ho spiegato che erano appunti del dibattito nella nostra assemblea». E Meloni è stata conciliante: «Quello che è accaduto consideriamolo come passato, una cosa superata. Non torniamoci più, ora pensiamo a dare un governo al Paese».

Soprattutto, il Cavaliere è tornato a rivendicare «pari dignità» con la Lega. Facendo un discorso che è suonato più o meno così: «Forza Italia chiede rispetto, vuole essere considerata, per il numero dei suoi elettori, alla pari con la Lega. Che, come sai, ha già la presidenza della Camera, l'Economia, le Infrastrutture, l'Agricoltura...».
Meloni, che ha detto di non voler fare il governo con il manuale Cencelli, non l'ha presa granché bene. Ma siccome deve chiudere la formazione dell'esecutivo entro venerdì o sabato mattina quando dovrebbe ricevere l'incarico, si è mostrata «generosa» (definizione dei suoi). Così ha concesso a Berlusconi un vicepremier: Antonio Tajani, che farà anche il ministro degli Esteri. Ha resistito sulla Giustizia che intende dare a Carlo Nordio (FdI) anche per evitare di scivolare nel terreno minato dei problemi giudiziari dell'alleato. «Ma c'è un impegno a favore di Casellati, vedremo...», insiste uno stretto collaboratore di Berlusconi. E Matteo Salvini non si schiera, segno che il braccio di ferro non è del tutto chiuso: «Stimo sia Nordio che Casellati».
Come ha alzato un muro, Meloni, in difesa dello Sviluppo economico: altro settore dove, a causa delle tv di Mediaset, c'è il rischio di un mega conflitto d'interessi. Così, se il Cavaliere com'è probabile non la spunterà sulla Giustizia, Elisabetta Casellati dovrebbe essere dirottata alle Riforme. Lo Sviluppo andrà a Guido Crosetto (FdI) e Forza Italia dovrà consolarsi con la Transizione ecologica, la Pubblica amministrazione e l'Università. Cinque poltrone, appunto, «ma di minor peso rispetto a quelle incassate da Salvini, che avrà Economia, Agricoltura, Infrastrutture, etc», gongola un alto esponente leghista.

Il metodo di Giorgia

Inoltre resta il fatto che Meloni non intende cambiare metodo. E l'ha spiegato a Berlusconi. Tant'è, che ambienti di FdI fanno sapere: «Giorgia non è vendicativa e l'ha dimostrato». Però ora «vuole mantenere, a tutti i costi, alto il profilo del governo». «Il criterio della qualità», spiega Francesco Lollobrigida, «l'ha chiesto anche a noi di FdI». Ciò vale a maggior ragione per la Giustizia dove l'ex magistrato Carlo Nordio «è garanzia di imparzialità e di qualità». Traduzione: Berlusconi potrà pure provare a resistere, ma il Guardasigilli sarà di FdI.

Ultimo aggiornamento: 14:42 © RIPRODUZIONE RISERVATA