Commissione banche, il M5s insiste per Paragone ma Giorgetti teme gli eccessi

Sabato 30 Marzo 2019 di Alberto Gentili
Commissione banche, il M5s insiste per Paragone ma Giorgetti teme gli eccessi
Sul Colle non si aspettano miracoli. Sergio Mattarella teme, nonostante i paletti piantati e le ferree regole d'ingaggio fissate con la lettera ai presidenti di Camera e Senato, che la nuova commissione d'inchiesta sulle banche si trasformi in una sorta di tribunale del popolo. Un processo sommario a Bankitalia, Consob, Banca centrale europea con presunzione di...colpevolezza: un mega show-gogna contro l'establishment e il sistema bancario italiano. Eppure, dando fondo all'ottimismo, il capo dello Stato ha confidato: «Speriamo prevalga il buonsenso e si comprenda che screditare il sistema creditizio, ledere la sua reputazione, è un danno per l'intero Paese e prima di tutto per i risparmiatori».

Banche nel mirino, scudo del Colle: dura lettera del Presidente

Al momento i segnali che arrivano da 5Stelle e Lega sono contraddittori. Da una parte rassicurano il Quirinale, dall'altra Luigi Di Maio (che è stato in contatto con il Colle) e Matteo Salvini - portabandiera dei truffati delle banche - non sembrano poter resistere alla tentazione di cavalcare la commissione nella loro campagna elettorale no-stop. Lo dimostra il capo leghista quando torna ad attaccare Bankitalia che «doveva vigilare e non ha vigilato» sulle crisi bancarie. Lo conferma il sottosegretario pentastellato Stefano Buffagni, voce del Movimento sui temi economici: «Vogliamo andare fino in fondo per fare ordine e pulizia».
Soprattutto, è indicativo che i 5Stelle - cui spetta in base a un accordo con la Lega la presidenza della Commissione - insistano su Gianluigi Paragone. Mattarella non poteva e non può intervenire sulla scelta del presidente, questione squisitamente parlamentare. Ma, sempre in base al buonsenso, per il Colle sarebbe preferibile un mediatore pescato tra le fila dell'opposizione, non un front man che solo un mese fa si definitiva un gilet giallo all'assalto di Bankitalia. Invece i grillini tirano dritto. Di Maio fa dire al diretto interessato che non cerca «scalpi o vendette» e allo stesso tempo fa sapere: «Diamo sempre ascolto al capo dello Stato, però dopo il veto su Minenna alla Consob i nostri sono parecchio nervosi e non possono accettare anche un veto su Paragone, tanto più che questa è una scelta del Parlamento». Come dire: non rientra, appunto, tra le prerogative del Quirinale.

PERPLESSITÀ LEGHISTE
La partita però non si può definire chiusa. Perché se è vero che Salvini ha concesso la guida della Commissione ai 5Stelle, è anche vero che nella Lega molti frenano su Paragone. In primis Giancarlo Giorgetti, il potente sottosegretario interfaccia per il Carroccio con il mondo della finanza e dell'economia. «E Giorgetti, come del resto la Lega», osserva una fonte che ha parlato con Mattarella, «non dovrebbero avere interesse a screditare il sistema bancario, spingendo i risparmiatori a prelevare i soldi dalle banche infangate dalla propaganda populista». Per la scelta c'è tempo: entro aprile dovranno essere indicati i commissari e a maggio verrà eletto il presidente. Spazio per la mediazione, pur se in piena campagna elettorale, dunque c'è.
Mattarella, con la sua lettera con cui nomina Casellati e Fico gendarmi, chiamandoli a vigilare sul rispetto delle cinque regole con cui scongiurare un potenziale conflitto tra poteri («no al controllo del credito», «condizionare le banche sarebbe fuori dalla Carta», «Bankitalia e Bce sono indipendenti dai governi», la «Commissione non si sovrapponga alla Consob e non interferisca con il sistema giudiziario»), ha provato in ogni caso a limitare i danni. Quando ha valutato se non promulgare la legge istitutiva della Commissione, dopo un sondaggio riservato, ha capito che avrebbe rischiato un clamoroso scontro istituzionale. «Quelli avrebbero riapprovato la legge tale e quale», osserva una fonte autorevole, «e il Presidente non avrebbe potuto far altro che promulgarla. Dunque...». Dunque meglio fissare i paletti. I più duri della storia recente della Repubblica.
 
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