Autonomia, c'è un nuovo scoglio: il Parlamento è poco coinvolto. Calderoli vede i tecnici di palazzo Chigi

Continua il tavolo sul presidenzialismo. Prende quota l’opzione premierato forte

Mercoledì 25 Gennaio 2023 di Francesco Malfetano
Autonomia, c’è un nuovo scoglio il Parlamento è poco coinvolto: Calderoli vede i tecnici di palazzo Chigi

Ufficialmente la linea di palazzo Chigi è che sull’autonomia differenziata «non c’è stato un rallentamento». Anzi, se giovedì dovesse esserci un cdm (al momento non calendarizzato), la riforma leghista sarà uno dei punti all’ordine del giorno. Del consiglio o del pre-consiglio però, è presto per dirlo. Anche perché l’incontro potrebbe effettivamente slittare alla prossima settimana. «In ogni caso non abbiamo timori» spiega una fonte ai vertici del governo, che anzi garantisce: «Il testo di cui discuteremo è stato svuotato da tutte le possibili trappole della Lega». Non a caso la nuova bozza di Roberto Calderoli è ancora oggetto di mediazione. 

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LA MEDIAZIONE

Tant’è che, al netto di alcune notizie riportate dalla stampa ieri, informalmente un incontro tra Calderoli e i consulenti di palazzo Chigi c’è stato.

Un faccia a faccia durante il quale il leghista ha discusso con i tecnici la bozza del suo disegno di legge “potenziato” con le indicazioni recepite durante il vertice politico di giovedì scorso, senza però essere in grado di fugare tutte le rimostranze a lui sottoposte. In primis sulle modalità di finanziamento dei Livelli essenziali delle prestazioni (Lep) e soprattutto sul ruolo che si prevede per il Parlamento. Stando a chi segue il dossier per conto di Meloni il ddl leghista infatti «lascia volutamente non chiare le funzioni dell’Aula». Ovvero non definisce se i parlamentari saranno semplici “notai” delle intese raggiunte tra le singole Regioni, oppure potranno «approvare con modifica» per evitare squilibri come auspicato da FdI, FI e dalle opposizioni. Non solo, prevede anche che a decidere se le intese debbano passare per l’Aula o finire in Commissione sia il presidente della Camera, il leghista Lorenzo Fontana.

Un nodo, tra i tanti, difficile da aggirare in breve tempo come sottolineano non solo i sindacati («Rischia di diventare un intralcio serio alla coesione sociale e un amplificatore delle diseguaglianze» ha dichiarato ieri il segretario della Uil Pierpaolo Bomabrdieri) ma anche l’alleato Maurizio Lupi: «Le riforme non si fanno mai a colpi di maggioranza - ha spiegato - non c’è fretta. Abbiamo obiettivi da raggiungere in cinque anni di governo».
«C’è qualche scricchiolio - confermano ancora in maggioranza - bisognerà cercare un compromesso. Un testo in settimana non riuscirà ad essere portato in Consiglio dei ministri, probabilmente la prossima». In ogni caso, in tempo per garantire un «contentino» ai leghisti in vista del voto del 12 e 13 febbraio in Lombardia, purché non sia «al ribasso» per tutti gli altri partiti. Sullo sfondo quindi, ecco tornare non tanto la riforma dei poteri speciali per Roma, su cui da più parti confermano la disponibilità immediata di tutte le forze politiche, quanto la questione del presidenzialismo.

IL PRESIDENZIALISMO

La «madre di tutte le riforme» come definita a più riprese da Meloni, è il punto su cui FdI vuole accelerare, consapevole che una revisione costituzionale ha tempi piuttosto lunghi. Tant’è che mentre prosegue il primo round di confronti con i gruppi parlamentari tenuto dal ministro per le Riforme Elisabetta Casellati (oggi il faccia a faccia con il Pd), è emersa la volontà di arrivare ad una prima versione di un disegno di legge entro il prossimo giugno. Alternative invece, sarebbero un disegno di legge parlamentare condiviso oppure per la creazione di una commissione bicamerale redigente.

Prima però bisogna impostare un percorso di contenuto. L’ipotesi “forte” al momento è quella del premierato che, secondo il governo, è «una condizione più digeribile per le minoranze e comunque potrebbe assicurare stabilità all’esecutivo, realizzando l’obiettivo del presidente del Consiglio». Il tutto a patto che attraverso i colloqui di Casellati si arrivi all’appoggio almeno di una parte della minoranza. Un passaggio tutt’altro che irrealizzabile considerando, ad esempio, che il modello del Sindaco d’Italia sarebbe gradito a Matteo Renzi e Carlo Calenda.

Ultimo aggiornamento: 10:43 © RIPRODUZIONE RISERVATA