Fontana, soldi all'estero, indagine su 2,5 milioni: «Falsa firma della madre»

Venerdì 2 Aprile 2021 di Michela Allegri
Fontana, soldi all'estero, indagine su 2,5 milioni: «Falsa firma della madre»

Transazioni e investimenti in valute estere, dubbi sulla provenienza di 2,5 milioni di euro accreditati su un conto bancario svizzero e, soprattutto, una firma considerata falsa in calce ai documenti utilizzati per aprire quel rapporto finanziario. Ad aggravare la posizione del presidente della Lombardia, Attilio Fontana, indagato dalla procura di Milano per false dichiarazioni e autoriciclaggio, c'è una consulenza grafologica disposta dagli inquirenti su uno dei documenti bancari depositati dal governatore durante la voluntary disclosure, cioè lo strumento che il fisco mette a disposizione dei contribuenti per regolarizzare la propria posizione fiscale. Nel mirino dei magistrati e del Nucleo di polizia valutaria della Finanza c'è in particolare una firma: quella che riporta il nome della madre di Fontana - deceduta nel 2015 - e che è stata utilizzata nel 2005 per aprire il conto Ubs a Lugano sul quale potrebbero essere state depositate - è la tesi degli investigatori - somme frutto di evasione fiscale.

Secondo la consulenza, quella firma sarebbe falsa: è stata comparata con quelle messe dalla signora su denunce e altri atti. Ora gli inquirenti puntano a capire chi potrebbe averla apposta: verrà fatto un confronto con la grafia del governatore che, alla morte della madre, ha ereditato il conto svizzero e i 5,3 milioni che conteneva, che sono stati scudati.

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Ma non è tutto. I magistrati hanno anche fatto partire una rogatoria verso la Svizzera per avere altre informazioni: vogliono consultare gli estratti conto e gli originali dei documenti bancari. E anche capire alcuni movimenti che sono stati effettuati dopo il decesso della madre di Fontana. Si tratta di transazioni in valute estere: yen, dollari, sterline e franchi svizzeri. Operazioni su cui gli investigatori hanno poche informazioni e sulle quali vogliono fare accertamenti, visto il ruolo politico ricoperto dal presidente leghista. A Fontana viene contestato l'autoriciclaggio per investimenti in strumenti finanziari, ma anche immobiliari, che avrebbe fatto dal 2015, secondo l'accusa dopo aver scudato il denaro in modo irregolare: dichiarando che i 5,3 milioni di euro presenti sul conto estero erano un'eredità. Oltre a risparmiare 170mila euro di sanzioni tramite la procedura di voluntary, il governatore lombardo avrebbe anche reimpiegato denaro ottenuto - secondo i pm - in modo illecito: su 2,5 milioni depositati sul conto avviato 16 anni fa, gestito da un trust alle Bahamas, non sarebbero state pagate le tasse.


I DUBBI
Per gli inquirenti sarebbe dubbia anche l'origine dei 2,5 milioni utilizzati per l'apertura del conto: la madre di Fontana, dentista, all'epoca percepiva circa 25mila euro all'anno di pensione e non sarebbe stata in grado di versare una cifra simile. Il sospetto è che siano anche stati portati in Svizzera molti contanti, ma per il momento si tratta solo di un'ipotesi: per chiarire è necessario ottenere gli estratti conto e verificare se ci siano stati bonifici o depositi di denaro liquido. Dubbi che potrebbero venire chiariti dalla rogatoria, anche se non è scontato che le autorità svizzere accolgano le richieste della magistratura italiana.


LA DIFESA
Intanto Fontana, che non è mai stato interrogato, tramite i suoi legali, gli avvocati Jacopo Pensa e Federico Papa, ha detto di voler fornire chiarimenti e ha sempre sostenuto che quei soldi erano i risparmi di una vita di lavoro della madre dentista. Il governatore ha raccontato di avere saputo l'entità della somma nel 2015, dopo la morte della donna, e di avere aderito allo scudo fiscale. La madre del presidente, ha spiegato l'avvocato Pensa, «curò il suo patrimonio anche da anziana, recandosi con una certa periodicità autonomamente in Svizzera, dove aveva il suo conto in banca fin dagli anni 90». La difesa, inoltre, esclude «nel modo più assoluto» che per l'apertura del conto sia stata utilizzata una firma falsa. L'inchiesta sul conto svizzero è scaturita da quella sulla fornitura di camici e dispositivi di protezione destinati al personale sanitario della Lombardia. La commessa era stata affidata - senza gara - alla Dama srl, società del cognato di Fontana, Andrea Dini, e della quale la moglie del presidente detiene il 10 per cento. Quando era venuto a galla il conflitto di interessi, l'acquisto era stato trasformato in una donazione e il governatore aveva cercato di risarcire il cognato con un bonifico da 250mila euro, partito da Lugano, ma bloccato dopo una segnalazione Uif. In questo caso Fontana è indagato per frode nelle pubbliche forniture.

Ultimo aggiornamento: 18 Febbraio, 18:04 © RIPRODUZIONE RISERVATA