Abuso d'ufficio e omissione d'atti d'ufficio: che cosa sono e perché il governo Meloni vuole riformarli

I sindaci lamentano l'eccessiva facilità con cui vengono incriminati e questo porta alla paralisi la macchina amministrativa

Venerdì 25 Novembre 2022 di Fausto Caruso
Abuso d'ufficio e omissione d'atti d'ufficio: che cosa sono e perché il governo Meloni vuole riformarli

«Se qualcuno ha paura di fare il sindaco è meglio che cambi mestiere», ha detto ieri la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, intervenendo all’Assemblea Nazionale dell’Anci. Parole sacrosante, ma che la platea di sindaci ha accolto con qualche scetticismo. Loro paura di firmare gli atti ce l’hanno eccome visto che è molto facile essere incriminati per abuso d’ufficio. La premier ha promesso di «affrontare il tema della responsabilità degli amministratori locali, a cominciare proprio dall’abuso d’ufficio».

Ma di cosa stiamo parlando precisamente?

Che cos’è il reato di abuso d’ufficio

Il reato di abuso d’ufficio è descritto dall’articolo 323 del codice penale ed è volto a punire tutti i pubblici ufficiali, quindi compresi sindaci e altri amministratori, che, approfittando della loro posizioni di potere, rechino un vantaggio ingiusto a sé o ad altri, oppure un danno ad altre persone. L’obiettivo è quello di tutelare l’imparzialità della Pubblica amministrazione, il problema l’eccessiva interpretabilità della norma. Perché il reato si configuri l’illecito deve essere compiuto nell’esercizio delle proprie funzioni e deve avere due caratteristiche: da un lato si deve procurare a qualcuno un vantaggio oppure un danno ingiusti, ma si deve anche dimostrare che l’azione contestata fosse intenzionale. Per quanto riguarda il possibile vantaggio procurato a sé o ad altri il codice penale utilizza l’aggettivo “patrimoniale”. L’abuso deve quindi portare l’amministratore o la persona da lui favorita ad ottenere illecitamente un beneficio economico, come finanziamenti, appalti o posti di lavoro. Per quanto riguarda il danno invece esso può essere sia economico che di altro tipo, ad esempio fisico.

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Perché la norma preoccupa tanto i sindaci? La «paura della firma» deriva dal fatto che ogni anno centinaia di amministratori locali vengono incriminati per incidenti, nomine o presunti scandali che avvengono nei loro comuni e vengono ricondotti a presunte responsabilità dell’amministrazione pubblica, ad esempio se un sottopassaggio si allaga si può denunciare il comune che ne ha autorizzato la costruzione. Il reato è stato rivisto più volte nella storia della Repubblica: già nel 1990 la pena massima è stata ridotta da cinque a quattro anni, così che non fosse più consentito l’utilizzo delle intercettazioni nelle indagini. L’ultima modifica del 2020 ha circoscritto di molto il reato, specificando che nella fattispecie non rientravano più le violazioni di norme regolamentari, ma solo quelle che entravano in contrasto con norme di legge e si è specificato anche che la norma la cui violazione veniva contestata non doveva presentare margini di discrezionalità nella sua applicazione. Anche per questo i numerosi processi intentati ogni anno spesso finiscono con un nulla di fatto, ma rischiano comunque di paralizzare la macchina amministrativa perché i sindaci e i loro collaboratori temono di poter incappare in denunce e lunghi procedimenti giudiziari.

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Attenzione al rovescio della medaglia: rifiuto o omissione di atti d’ufficio

Dall’altro lato i primi cittadini devono stare attenti anche a non essere troppo passivi per non incorrere nel reato opposto, ovvero nel rifiuto o omissione di atti d’ufficio. Il rifiuto è così descritto nell’articolo 328 del Codice penale: «Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni». Viene dunque punito l’amministratore o il funzionario che senza un giustificato motivi si rifiuti espressamente di svolgere un compito urgente previsto dalla sua carica, come ad esempio un geologo che, sapendo di un’immobile pericolante, non prenda i dovuti provvedimenti. L’omissione invece si ha quando la pubblica amministrazione manchi di rispondere a una diffida formale mandata da un cittadino o qualche altro ente e prevede una multa di 1032 euro. In questo caso il pericolo sembra più contenuto, ma se autorizzando dei lavori o degli atti i sindaci rimangono troppo facilmente imputabili il rischio è quel del limbo decisionale. Proprio su questo il governo ha deciso di intervenire al più presto, non con uno scudo penale per gli amministratori, ma circoscrivendo meglio il reato ed eliminando tutte le possibili interpretazioni elastiche, per dare ai sindaci qualche certezza in più.

Ultimo aggiornamento: 12:52 © RIPRODUZIONE RISERVATA