M5S, Fioramonti frena sulle dimissioni: Paragone rischia l’espulsione, asse con Dibba

Giovedì 19 Dicembre 2019 di Simone Canettieri
M5S, Fioramonti frena sulle dimissioni: Paragone rischia l’espulsione, asse con Dibba

Una dimissione e un’espulsione. Nel M5S la noia sembra non esistere: nemmeno il tempo di far partire Beppe Grillo da Roma, che subito si aprono due fronti. Quello più importante riguarda la permanenza nel governo del ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti pronto a lasciare, come annunciato dal giorno del giuramento in Quirinale, perché in manovra non ci sono 3 miliardi per le sue materie, ma solo 1. Ieri mattina sembrava decisissimo a mollare, tanto che ne avrebbe già parlato da giorni con il premier Conte e con Luigi Di Maio. Ma poi in serata, dopo una moral suasion ai massimi livelli, Fioramonti «si è preso un po’ di tempo per decidere», come ha detto a un parlamentare grillino. 

Per tutta la giornata di ieri è andata in onda una scena surreale: un ministro (Francesco Boccia del Pd) e tanti parlamentari giallorossi hanno chiesto pubblicamente al titolare del Miur «di non mollare». Con il diretto interessato che pubblicamente smentiva qualsiasi passo indietro: «Io dimettermi? Sono qui e sto lavorando».

Da Palazzo Chigi e dai vertici del M5S sempre la stessa versione ufficiale: «Se Lorenzo lascia? Dovete chiederlo a lui». Ma dietro le quinte continua un lavoro certosino per convincere il ministro a non farsi da parte. Anche perché una rottura sui fondi per l’istruzione sarebbe un pessimo ritorno d’immagine per Conte e una grana per Di Maio, costretto a indicarne il successore. 

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A questo proposito era circolata l’ipotesi Morra, ma il presidente della commissione Antimafia non sembra interessato al ruolo («Preferisco portare avanti il mio ruolo»). Ma Fioramonti non si è convinto del tutto, ieri in mattinata indicavano la data di lunedì, giorno del voto alle Camera sulla manovra, come la data dell’addio. In serata questo scenario sembrava però non decollare. Il caso rimane, anche perché Fioramonti, racconta chi lo conosce, ha «un approccio anglosassone: se non riesce a centrare un obiettivo, si fa parte», racconta sempre un parlamento. Tra oggi (in Senato c’è il decreto scuola) e lunedì (il voto sulla manovra) il quadro è destinato a essere più chiaro.

Così come il destino del senatore dissidente Gianluigi Paragone, a rischio espulsione dal Movimento. D’altronde le regole interne dei grillini parlano chiaro: in caso di voto contrario alla fiducia non ci sono appigli. Si viene accompagnati fuori dal Movimento. Il giornalista si difende («Io sono stato coerente») e provoca: «Se mi cacciano? Gli farò così», dice a un Giorno da pecore mostrando il dito medio. I probiviri gli hanno notificato l’apertura del procedimento a suo carico. Dai vertici del Movimento trapela l’intenzione del «pugno duro». Ma pronto a difendere Paragone c’è Alessandro Di Battista. Durante l’assemblea di Grillo con i parlamentari Dibba e il senatore sono stati avvistati a cena con un gruppo di attivisti. Non solo, a prendere le parti di Paragone ci sono anche gli europarlamentari Ignazio Corrao e Barbara Lezzi. Entrambi dicono che non deve essere espulso «perché promuove i temi che sono nel dna del Movimento». Ora il senatore entro 10 giorni dovrà rispondere ai rilievi dei probiviri. «Faremo rispettare le nostre regole», assicurano dai vertici del Movimento.
 

Ultimo aggiornamento: 08:53 © RIPRODUZIONE RISERVATA