Sharon Stone e quel film in Italia: «Umiliata dal regista per una scena di sesso»

Lunedì 22 Marzo 2021 di Gloria Satta
Sharon Stone e quel film in Italia: «Umiliata dal regista per una scena di sesso»

«Anni fa girai un film in Italia, il regista mi chiese di fare una certa cosa e io risposi che le donne non si comportavano più in quel modo. Lui volle sapere perché e io replicai: perché rispettiamo noi stesse. L'unica sua reazione fu: la prossima volta trovati una madre che ti ami». Dopo la denuncia delle «pressioni» e degli «inganni» subiti sul set di Basic Instinct, delle «pretese» dei produttori che volevano mandarla a letto con i partner, nell'autobiografia Il bello di vivere due volte (uscirà in Italia il 30 marzo da Rizoli), Sharon Stone sgancia un'altra bomba, anche questa trapelata prima che il libro arrivi nei negozi: la diva racconta uno scontro che si sarebbe verificato mentre anni fa girava un film in Italia.

Di quale film si tratta, chi è il regista sotto accusa e soprattutto cosa avrebbe voluto imporle? Di primo acchitto si potrebbe pensare a Pupi Avati che nel 2014 diresse a Roma Sharon in Un ragazzo d'oro, affidando all'attrice il ruolo di una fascinosa editrice che seduce Riccardo Scamarcio. Oppure a Paolo Sorrentino che l'ha voluta nella serie The ner Pope. Ma il maestro bolognese e il premio Oscar napoletano escono dalla lista dei sospettati: l'episodio raccontato nel libro sarebbe avvenuto sul set di L'anno del terrore girato nella Capitale con la regia di John Frankenheimer nel 1990, prima che Sharon, in quel momento poco più che una sconosciuta, accavallasse le gambe in Basic Instinct diventando così il nuovo simbolo del sex appeal, una superstar, un'icona mondiale.

Sharon Stone: «Ingannata dal regista per la scena senza slip di Basic Instinct»


IL TESTIMONE
Il regista americano è scomparso nel 2002 ma oggi parla un testimone oculare di quella vicenda: «Io c'ero», dice Blasco Giurato, il grande direttore della fotografia che 30 anni fa era dietro l'obiettivo di L'anno del terrore, un thriller incentrato sugli anni di piombo tra intrighi, amori, romanzi, Brigate Rosse, sequesto Moro e chi più ne ha più ne metta. «Ricordo la tensione che si manifestò al momento di girare la scena di sesso tra Sharon, nella parte di una fotoreporter americana, e il protagonista maschile Andrew McCarthy che interpretava un giornalista-scrittore: il regista voleva che lui, divorato dal desiderio, le saltasse addosso e le praticasse un cunnilingus prima di sbatterla sul letto, ma l'attrice si opponeva sostenendo che nella sceneggiatura quella sequenza era molto più blanda...si trattò di una divergenza come tante altre che ogni tanto nascono sui set». E com'è andata a finire? «Il regista e Sharon si chiusero a discutere in una stanza, poi uscirono e ricordo che lei accettò di girare quella scena proprio come voleva Frankenheimer. Ma il risultato, sullo schermo, non ha niente di morboso o di inutilmente esplicito, tutto è più suggerito che mostrato. Direi che è un momento piuttosto elegante del film». Giurato, che anni dopo avrebbe illuminato Stone anche in Un ragazzo d'oro, conferma l'estraneità di Avati alle accuse della diva: «Impossibile che Sharon ce l'avesse con lui. Durante le riprese del film, Sharon fu molto coccolata e protetta, non ho mai assistito a scontri...alla fine della lavorazione il regista le regalò addirittura un quadro di scena che le piaceva molto». L'anno del terrore fu tutt'altro che un successo anche se permise alla protagonista di partecipare ai provini di Basic Instinct e vincere il ruolo della serial killer Catherine Tramell che le avrebbe cambiato la carriera e la vita.

 


UN FIASCO ASSOLUTO
Ma nel suo libro, ancora a proposito dello scontro sul set italiano, Sharon racconta di aver smesso di lavorare con «quel regista» (che non viene mai chiamato per nome). «Non me ne sono andata. Ho finito le riprese ma mi sono assicurata che il film fosse un fiasco assoluto», scrive, «nessuno deve permettersi di umiliarmi, tantomeno di offendere mia madre... lui aveva oltrepassato il limite». All'epoca, spiega, pensava davvero che sua madre (una signora onnipresente sui social della figlia che proprio a lei ha dedicato l'autobiografia) non la amasse ma, da donna ormai adulta e abituata ad affrontare anche le difficoltà più dure, aveva capito «quello che la vita aveva fatto a mia madre. Lui invece (il regista, ndr), era un uomo di quella generazione che ce l'aveva fatta».

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