I Pooh: «Noi, di nuovo insieme ricordando Stefano D'Orazio. Sanremo al posto di Amadeus, perché no?»

Dopo l’annuncio della reunion parlano per la prima volta i quattro grandi artisti. «Per Milano e Roma stiamo preparando il concerto più lungo della nostra vita»

Domenica 26 Marzo 2023 di Andrea Scarpa
I Pooh: «Noi, di nuovo insieme ricordando Stefano D'Orazio. Sanremo al posto di Amadeus, perché no?»

Niente. Alla fine non ce l’hanno fatta. I giardinetti, dove portare a spasso i cani e godersi la meritata pensione, non fanno per loro. I Pooh - Roby Facchinetti, Dodi Battaglia, Red Canzian (220 anni in tre), più l’ex Riccardo Fogli (75 anni), dal 2016 ospite di lusso della band, sono di nuovo in pista.

Come annunciato il 7 febbraio a Sanremo, il 6 luglio terranno un concertone allo stadio San Siro di Milano e il 15 un altro all’Olimpico di Roma. Stakanovisti come sono, a sette anni di distanza dal tour del 2016 che festeggiava i cinquant’anni del gruppo - il primo singolo Vieni fuori è del 1966 - e l’addio alle scene (con loro c’era ancora Stefano D’Orazio, morto nel 2020), non poteva che finire così. Collegati via zoom, i tre Pooh (più uno) ne parlano per la prima volta dopo aver dato la notizia.

Chi ve lo fa fare? Avevate chiuso così in bellezza.
Roby Facchinetti - «La colpa è di Amadeus. Quando ha saputo che saremmo andati al Festival a presentare Un attimo ancora, il docu-film su di noi (trasmesso su Rai1 il 15 febbraio, ora è online su RaiPlay, ndr), ci ha detto lapidario: se venite dovete assolutamente suonare insieme, non potete solo parlare: siete i Pooh. Così ci siamo ritrovati a fare le prove, ci sono arrivate le prime proposte per San Siro e ci siamo ritrovati a valutare la questione: “Allora, che dite? Che si fa?”».

Va bene, ma non avevate detto che era finita per sempre?
Roby - «È vero. Chi più, chi meno, eravamo sicuri che fosse così. Soprattutto dopo la morte di Stefano. Io, personalmente, ne ero convintissimo. Basta Pooh».

Le famiglie hanno provato a fermarvi?
Roby - «Per niente. I nostri figli sono stati i più convinti. Un anno come questo, hanno detto quasi in coro, con queste coincidenze, non ricapiterà mai più. Nel 2023 sono cinquant’anni dalla pubblicazione dell’album Parsifal e dieci dalla morte di Valerio Negrini, il fondatore dei Pooh, senza il quale nessuno di noi oggi sarebbe qui. E così ci siamo lanciati. Vedere quanto amore ancora c’è per i Pooh è incredibile: abbiamo fatto sold out a Milano cinque giorni dopo l’annuncio».

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Chi ha resistito di più all’idea di tornare?
Dodi Battaglia - «Nessuno. È stato tutto naturale. Forse senza ammetterlo ognuno di noi in cuor suo sperava che qualcuno ci chiedesse in maniera energica di tornare. L’hanno fatto i nostri figli, che sono molto più svegli di noi e anche più bravi a fare business con la musica. Noi alla fine siamo sempre i soliti vecchi romanticoni».

C’entrano i soldi, quindi?
Dodi - «No, figuriamoci. Il 25 settembre a Roma c’è stata una bella serata in onore di Stefano, a cui purtroppo non ho potuto partecipare, così quando ci siamo ritrovati insieme sul palco, è stato bellissimo. Ognuno di noi in questi anni ha risuonato i Pooh singolarmente, ma rifare i Pooh con i Pooh è un’altra cosa».

Cosa vi spaventa di più?
Red - «Dopo il tour d’addio del 2016, con mezzo milione di biglietti venduti, il timore era di non riuscire a ripetersi. Ora, vista la risposta, siamo tranquilli: l’importante è scegliere le canzoni giuste. Con Parsifal, per esempio, abbiamo scritto pagine di grande musica, molto al di là delle canzonette, forse paragonabili a quelle del ‘700 o dell‘800 di Giuseppe Verdi».

Addirittura?
Red - «Non voglio fare paragoni di valore artistico, ma soltanto di complessità espressiva. E poi noi abbiamo spesso affrontato temi sociali molto delicati: omosessualità e solitudine, ambiente e razzismo, parità...».

Sta dicendo che non siete stati considerati “impegnati”? Vi sentite in credito?
Red - «Diciamo che spesso non siamo stati capiti. Nessun senso di rivalsa, ma abbiamo fatto cose con i testi di Valerio, in termini di sintesi e poeticità, che si dovrebbero studiare a scuola». 

 

A scuola?
Red - «Sì. Perché no?».

Con questi due concerti sosterrete una causa?
Red - «No. Sarà solo una festa: abbracceremo il nostro pubblico e lo ringrazieremo ancora una volta».

E sui temi che animano la politica che ne pensate? Tipo utero in affitto, matrimonio egualitario, ritorno al nucleare...
Dodi - «Sono questioni delicate. Il divorzio era semplice: si o no? L’aborto idem. Oggi è più complesso, e non vogliamo schierarci. Siamo per il rispetto di tutti».

Fogli, lei dal 2016 a oggi ha mai chiesto ai suoi colleghi di rimettere in piedi la banda, un po’ alla Blues Brothers?
Riccardo Fogli - «A me piace cazzeggiare: a loro ho sempre detto di tenermi allegramente in considerazione per ogni evenienza. Sono un Pooh nel cuore».

Sul palco farete qualcosa di speciale per ricordare Stefano D’Orazio e Valerio Negrini? Tecnologicamente tutto è possibile, ormai, e in passato non vi siete mai risparmiati.
Roby - «Vorremmo fare qualcosa di stupefacente per sottolineare l’importanza dei nostri due amici. È grazie anche a loro se abbiamo fan che sono dei fondamentalisti radicali poohici». 

Cosa?
Roby - «Sì, quello. Per loro la musica l’abbiamo inventata noi. Ascoltano solo i Pooh».

Cosa vi è mancato di più in questi anni?
Dodi - «Qualcosa dall’alto. Da quando non ci sono più Valerio e Stefano spesso mi chiedo: come si sarebbero comportati? è bello che sia così. È un nuovo modo di stare ancora insieme. Sono sicuro che da lassù vogliano questa reunion».

Quindi dopo questi due concerti tutto è possibile?
Red - «Nessuno di noi lo sa. Lo spirito con cui sono nati questi concerti è di non pensare a niente di più. Vedremo».

Ci saranno ospiti delle nuove generazioni?
Red - «No. Siamo già a quattro ore e mezza di scaletta...».

Il periodo della vostra storia a cui siete più legati qual è?
Roby - «Gli Anni Settanta e Ottanta, il picco di creatività».

Ormai ci siete voi e i Rolling Stones ad avere una storia così lunga, giusto?
Red - «Ognuno ha la sua, dai».
Dodi - «La cosa incredibile, lo vedo con mia figlia che ha 17 anni, è chei giovanissimi ascoltano noi e giganti come Beatles, Queen, Michael Jackson...».
Roby - «Le nostre canzoni i ragazzini le usano per limonare alle feste...».

Ascoltate i nuovi artisti?
Red - «Sì, ma non mi affeziono mai a nessuno. Mi piace Tananai, che non è rap e non è trap, ma fa melodie alla Pooh».

Prendereste il posto di Amadeus al Festival? Baglioni l’ha già fatto...
Dodi e Roby - «Non sarebbe una brutta idea». 
Red - «Con quello che abbiamo fatto, direi di sì».
Dodi - «Perché no?».

Se pensate a Stefano la prima cosa che vi viene in mente qual è?
Red - «La sua risata fragorosa. Mi manca tantissimo».
Roby - «Le sue telefonate».
Dodi - «Tutto. Era il collante dei nostri caratteri».

In questi sette anni da ex Pooh che cosa vi ha stupito?
Red - «L’amore della gente».
Roby - «Come cazzo abbiamo fatto tutto questo? 3000 concerti, 42 album, 400 canzoni...».
Dodi - «Ho scoperto, da timido e riservato, di saper fare anche lo showman a tutto tondo».

Non vi ritirerete mai, vero?
Roby - «Finché c’è fantasia e creatività non smetto». 
Red - «Non siamo mai stati più attivi di così».
Dodi - «Quando nessuno verrà più a vederci. Solo allora mi comprerò una canna da pesca».
 

Ultimo aggiornamento: 6 Aprile, 12:49 © RIPRODUZIONE RISERVATA