«Se siamo noi i primi a sorridere alla vita, lei sicuramente ci ringrazierà e ci darà qualcosa in cambio». Nina Rima sorride alla sua vita «speciale», senza la gamba sinistra, alla protesi che non le ha tolto i sogni e nemmeno il tacco 10, sorride con Ella, la figlia di 8 mesi, sulle spalle o tra le braccia. Lei, la modella bionica (così la definì, con ammirazione, Chiara Ferragni) ora è una bionic mom, come si presenta su Instagram.
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Lei cosa voleva?
«Ho sempre sognato di diventare una modella ed entrare nel mondo dello spettacolo. Fin da piccola rubavo i tacchi a mia mamma e mia sorella per fare delle sfilate in giro per casa. Poco prima del mio incidente avevo iniziato a contattare qualche agenzia, a novembre avrei compiuto 18 anni e avrei voluto subito iniziare a lavorare».
A quale pensiero o sentimento si è aggrappata, nei momenti più difficili, per ricominciare?
«Il pensiero di essere ancora viva, che mi è stata data una seconda opportunità e che quindi non devo sprecarla ma anzi sfruttarla al meglio. Il sentimento a cui mi piace legarmi in attimi di rinuncia è quello dell'ansia/adrenalina che ho prima di fare una cosa importante. Questo sentimento mi rende viva».
Quando ha capito che i social potevano rappresentare una ripartenza?
«L'ho capito fin da subito, grazie a mia sorella che mi ha mostrato Paola Antonini, una modella brasiliana stupenda, anche lei amputata, che mostrava sui social la sua vita normalissima anche senza una gamba, una gran gioia di vivere, faceva tante esperienze bellissime e mi ha dato tanta forza. Mi sono detta che ci sarei riuscita anche io. Mi è piaciuto vedere i miei follower passare dal dirmi forza Nina non mollare, ce la farai.. a caspita Nina le tue storie mi trasmettono forza e positività».
Come è cambiato in questi anni il suo rapporto con gli altri e con sé stessa?
«È cambiato tantissimo ed è in continua evoluzione. Forse avere una protesi mi ha portata anche ad essere un po' più timorosa e scrupolosa nei confronti delle persone, spesso e volentieri mi ha aiutata ad evitare delle delusioni. Su me stessa ho fatto un bel lavoro per riuscire ad accettarmi di nuovo e continuare a vedermi bella. Ci sono alti e bassi ma come tutti direi. Stavo lavorando sull'accettazione già prima dell'incidente, aver perso la gamba ha forse reso questo processo un po' più difficile. Ad oggi cerco di far sì che la mia protesi possa essere quell'elemento che mi fa essere speciale».
Da qualche mese è diventata mamma, un altro cambiamento.
«Sono diventata più paziente, più responsabile, le mie priorità sono cambiate drasticamente. Tutta la mia vita ruota intorno ad Ella, non mi pesa fare dei sacrifici, mi basta un suo sguardo per farmi sorridere ed essere felice. Diventare mamma ti cambia in meglio, non c'è niente da fare».
Da ambassador della campagna Together We Can, che messaggio vuole trasmettere? Quali stereotipi sulla maternità sono ancora da demolire?
«Ci sono tantissimi stereotipi, la maternità è un momento della vita di una donna che andrebbe sostenuto maggiormente. Un aiuto fondamentale è quello dei papà, dovrebbero essere previsti più congedi parentali per i padri, per le mamme, anche per eventuali nonni lavoratori. Sarebbe utile avere delle figure specifiche che possano aiutare anche su questioni più burocratiche, come iscrivere i bambini a scuola o al nido, scegliere il pediatra. Noto che non c'è troppa solidarietà tra donne/mamme, questo è un altro tema che andrebbe sicuramente trattato, magari creando più comminity e incontri, condividere tanti momenti aiuta».