Mihajlovic positivo al Covid, Beretta: «Chi è in chemio rischia di più, ma lui è guarito e può difendersi dal virus»

Martedì 25 Agosto 2020 di Graziella Melina
Mihajlovic positivo al Covid, Beretta: «Chi è in chemio rischia di più, ma lui è guarito e può difendersi dal virus»

Le persone immunodepresse, come l’allenatore del Bologna Sinisa Mihajlovic risultato positivo al Covid, «sicuramente sono più a rischio di contrarre un’infezione», spiega Giordano Beretta, presidente dell’Aiom (Associazione italiana di oncologia medica). Non è detto però che «l’infezione si sviluppi poi in modo più severo».


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Covid e immunodepressione


Quali sono le evidenze scientifiche sui rischi legati al Sars Cov 2 per le persone immunodepresse?
«In realtà, ci sono alcuni elementi che sono più impressioni che dati reali. Per avere maggiori conoscenze ci vorrà del tempo. Sicuramente sono più a rischio di contrarre un’infezione proprio perché hanno un sistema immunitario che funziona meno. Il fatto che poi l’infezione si sviluppi in modo più severo ancora non è sostanzialmente dimostrato. Dai dati cinesi, che sono i primi ad essere arrivati, emerge che i pazienti durante il trattamento chemioterapico avevano un’evoluzione della malattia peggiore. Ma nei pazienti non in trattamento l’evoluzione della malattia non necessariamente deve essere così severa».

Se contagiati, quali complicazioni possono avere?
«Quello che si è visto con il Covid è che molto spesso è proprio una iperattività del sistema immunitario che dà delle complicazioni; molto spesso, al di là dell’insufficienza respiratoria, ci sono poi complicazioni di tipo vascolare, cardiaco, neurologico, che sono scatenate proprio da una iperattività del sistema immunitario. Sicuramente, i soggetti immunodepressi sono però più a rischio di contrarre infezione. Ma è ancora da accertare - ripeto - se realmente ci sono rischi di avere un’infezione più severa, anche perché fra gli aspetti che contano di più ci sono la presenza di altre comorbidità e di un’età più avanzata. Due aspetti che nel caso di Mihajlovic tendenzialmente non ci sono. E poi lui il trattamento lo ha terminato, quindi non è un paziente in cura».

Quindi chi è ancora in cura in realtà è più fragile? 
«Probabilmente sì, anche se in realtà i dati italiani in questo momento non evidenziano ancora con certezza che il paziente oncologico che contrae l’infezione va sicuramente peggio degli altri pazienti. Ci sono ancora dati che necessitano di essere maturati, serve tempo per capire come stanno esattamente le cose».

Se capita che invece gli immunodepressi siano solo asintomatici, può dipendere dal fatto che la carica virale del Sars Cov 2 forse potrebbe essere più bassa?
«Se c’è stata una minore aggressività da parte del virus non lo sa nessuno, anche perché è una malattia che in parte non conosciamo. Pur avendo osservato numerosissimi casi nei mesi di febbraio, marzo e aprile, ancora non abbiamo capito bene tutti i meccanismi di questo virus. Adesso ci sono tanti casi positivi, per la maggior parte asintomatici, ma è motivato dal fatto che mentre prima facevamo i tamponi solo a quelli che arrivavano in ospedale e non respiravano, adesso viene fatto a quelli che passano per la strada. Quindi è più facile trovare gli infetti che non hanno sintomi».

Per i pazienti più fragili servono comunque maggiori precauzioni?
«Il paziente oncologico, e nel caso del paziente ematologico come Mihajlovic ancora di più, spesso è già abituato all’igiene, si lava le mani, usa le mascherine, e questo perché gli viene detto da quando inizia il trattamento. Mantenere il distanziamento, non frequentare luoghi affollati e usare dispositivi di protezione individuale, sono inoltre atteggiamenti più frequenti nel paziente che sta facendo un trattamento rispetto alle persone che non hanno avuto mai niente Quindi sicuramente queste misure di prevenzione lo possono aiutare».

 

Ultimo aggiornamento: 11:02 © RIPRODUZIONE RISERVATA