Michael Jordan: Wall Street, affari e scommesse. Il mito del basket imbarazza l'Nba

Giovedì 3 Settembre 2020 di Flavio Pompetti
Michael Jordan: Wall Street, affari e scommesse. Il mito del basket imbarazza l'Nba

L'ex stella del basket Michael Jordan ancora una volta va a canestro. La leggendaria ala dei Chicago Bulls è entrato ieri a far parte del consiglio di amministrazione della DraftKings, una società che opera sul web, e che propone scommesse sulle partite sportive. Jordan sarà al tempo stesso consigliere e consulente per la società, in cambio di una porzione della proprietà della quale non è ancora stata comunicata l'entità. L'ingresso di Air Jordan nell'affare delle scommesse è un passaggio naturale, dato l'affetto che lo stesso ex atleta ha sempre dimostrato per le sale da gioco, inclusa una fuga notturna durante le finali dei playoff nell'estate del 1993 per una seduta nei casinò di Las Vegas. Meno naturale è che il nuovo consigliere della DraftKings sia al tempo stesso il proprietario degli Charlotte Hornets, la squadra che all'interno della Nba è considerata il simbolo dell'orgoglio afro-americano.

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IL COLPO
La Nba non ha potuto che accusare il colpo, visto il peso specifico che Jordan vanta all'interno del mondo dello sport: «Il coinvolgimento è legittimo si legge nella nota di commento - regolato da misure di sicurezza che garantiscono l'esclusione di conflitti di interesse, reali o percepiti che siano». La DraftKinGs opera da anni ai margini del mondo dello sport e ha ingaggiato una lunga battaglia contro la lega universitaria Ncaa per piazzare scommesse legali sulle partite dei vari sport amministrati dalla lega. La Ncaa ha tenuto duro contro una pratica che riteneva l'anticamera del gioco d'azzardo, e DraftKings alla fine ha dovuto rinunciare all'assalto. Il salto di qualità si è avuto tutto negli ultimi due anni, e riguarda invece lo sport professionistico. A maggio del 2018 la Corte suprema ha annullato una legge federale che era in vigore dal 1992, e che vietava l'incrocio tra gioco d'azzardo e sport. La legge, scherzo del caso, era stata promossa la tempo dall'ex giocatore dei New York Knicks, poi divenuto senatore, Bill Bradley, con la precisa intenzione di distaccare una volta per tutte la Nba dall'immagine di un'associazione corrotta, prona agli scandali di partite truccate, e imbottita di atleti dediti all'uso della droga: l'immagine che il commissioner David Stern aveva ereditato al momento di prendere il timone della Nba, e che anche con l'aiuto di Bradley è riuscito a ribaltare, trasformando il moderno basket statunitense nel miglior prodotto di esportazione sportiva globale degli Usa.

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La corte suprema ha argomentato che la legge federale interveniva, contro il dettato costituzionale, in una materia di competenza statale, e l'ha quindi invalidata. Da allora i singoli stati sono tornati a legiferare, e la DraftKings ha firmato un contratto con la stessa Nba. Venticinque stati al momento hanno legalizzato le scommesse, ventidue non l'hanno ancora fatto, e tre si ostinano a bandirle.
L'appetito delle amministrazioni locali per il ricco bottino fiscale scavalca ogni giudizio di opportunità morale. Dietro l'iter legislativo c'è infatti un giro di affari di scommesse clandestine che vale tra i 150 e i 200 miliardi di dollari l'anno. Il 31 dicembre scorso la società ha esordito in borsa con una quotazione di circa 20 dollari per azione, e in soli nove mesi il valore è praticamente raddoppiato, inclusa l'impennata del 6% che ha fatto seguito all'annuncio di ieri.
 

 

 

Ultimo aggiornamento: 16 Febbraio, 00:34 © RIPRODUZIONE RISERVATA