Messina Denaro, l'ex capo del Ros Mori: «È senza eredi. Dal 2010 non faceva il boss, non contava più nulla»

«Nell’ultima fase della latitanza pensava solo a nascondersi. Il suo tesoro? Non credo sia così grande...»

Mercoledì 27 Settembre 2023 di Marco Ventura
Mori, ex capo del Ros: «Messina Denaro senza eredi. Dal 2010 non faceva il boss, non contava più nulla»

«Matteo Messina Denaro era l’ultimo boss, ma non è mai stato il capo della mafia. E non ha eredi, perché lui stesso era soltanto l’erede del padre, don Ciccio di Castelvetrano. La mafia come la conosciamo noi, con vertici e famiglie, è morta, come è morto il terrorismo degli “Anni di piombo”. Ma non è morta la mafia come cultura mafiosa, ed è peggio». L’ex capo del Ros e poi direttore del Sisde, generale Mario Mori, è convinto che Messina Denaro non abbia «rappresentato di per sé nulla nella fase evolutiva della mafia, ma ha solo contrassegnato il declino e la fine della mafia militare.

Le manifestazioni concrete e documentate della sua operatività mafiosa non vanno oltre il 2010. Da quando ha capito di avere un tumore si è ritirato e ha cercato di gestire la malattia sparendo dal raggio delle investigazioni».

Chi gli è subentrato?
«Nessuno. Leggo molte sciocchezze. Ricordo un pizzino del 2006 in cui chiede l’autorizzazione a Provenzano per parlare col professor Vaccarino, l’ex sindaco di Castelvetrano. Ma dopo non ha più fatto nulla. Adesso leggo di questa ricerca spasmodica sui media di un nuovo capo di Cosa Nostra che potrebbe essere Giovanni Motisi, ‘u Pacchiuni, che però è scomparso nel 1999 e neanche sappiamo se sia vivo o morto. O Stefano Fidanzati, che nel nostro gergo era un “droghiere”, cioè banalmente trafficava di droga. La mafia militare con tanto di commissione, famiglie, strutture verticistiche e di sostegno, non c’è più. Penso al “Deserto dei tartari” di Buzzati e alla fortezza Bastiani in cui per anni il tenente Drogo aspetta l’arrivo dei tartari che non arriveranno più. Come la mafia, che è morta ed è diventata una cultura e un modo per stravolgere l’economia».

È proprio sicuro che quella mafia non esiste più?
«Mi indichino le strutture, le famiglie, le correlazioni tra famiglie, Catania rispetto a Palermo. Per chi fa le indagini è peggio. La mafia si è inserita come un tumore nella società. È un comportamento mafioso quello dell’imprenditore che vuole intimidire il collega. La gestione mafiosa del sistema economico degli appalti è in piedi, ma questa gente che viene messa in galera non ha più le stimmate e le basi sub-culturali della mafia di una volta».

E le altre organizzazioni criminali?
«La ‘ndrangheta è in piedi. La camorra, che mai è stata un’organizzazione strutturata ma pulviscolare, è sparsa sul territorio senza vertici riconosciuti, ma anche quella è una forma di cultura. Giovanni Falcone diceva che la mafia è umana: nasce, cresce e finisce. La mafia muore perché non ha più le basi sub-culturali del piccolo centro, e più che dai carabinieri, dalla polizia e dai magistrati, è stata travolta dai media, dalla tv, dal cinema. Quella mafia è stata cancellata, è venuta fuori invece una nuova mafia dalle dimensioni ancora da capire, più difficile da combattere perché è come la nebbia, quella di Totò che non si vede ma c’è».

Come ha fatto Messina Denaro a nascondersi per trent’anni?
«Da molto tempo non faceva più il mafioso. Si nascondeva dove aveva appoggi diretti e indiretti, per quel residuo di cultura mafiosa per cui non dava noia a nessuno, tentava solo di mascherare il suo declino fisico, e chi non lo conosceva intuiva chi fosse ma si guardava bene dal denunciarlo».

Il suo tesoro che fine ha fatto?
«Non so se sia un grande tesoro. Gli ultimi arrestati raccattavano un po’ di soldi per sostenere la sua latitanza. Questa comunque è la parte che resta da investigare. Polizia e carabinieri hanno gli strumenti per farlo».

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Il tumore di Messina Denaro è un simbolo?
«Io ho vissuto il periodo della mafia e del terrorismo. Ricordo le facce di quanti tra carabinieri, polizia e magistrati anche di grande nome dicevano che il terrorismo era ancora attivo, vivo e pericolosissimo e invece era già morto. Sia col terrorismo che con la mafia c’è chi ha tirato quattro paghe per il lesso, come diceva Carducci: si son fatte carriere. La mafia è morta, ma si è diffusa. Forse proprio la malattia di Messina Denaro è il simbolo della mafia che si è trasformata in un cancro che ti lima dentro e permea tutto».

Ultimo aggiornamento: 13:58 © RIPRODUZIONE RISERVATA